Capitolo 17:

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"No you don't know what its like
When nothing feels alright
You don't know what its like to be like me"

                                 Simple Plan, "Welcome to my life"

...

La giornata passò veloce.

Mia madre ci aveva raggiunto e insieme avevamo fatto l'albero di Natale.

In tutto quella confusione mi ero dimenticato di comprare qualunque cosa, ma non era il primo anno che succedeva perciò non si erano stupiti.

Avevo aperto il loro regalo e i piccoli pensierini dei miei amici che poi avevo ringraziato.

Andare a dormire risultò la parte più difficile.

Mi giravo e rigiravo nel letto, appena chiudevo gli occhi, rivivevo ciò che era successo con Harry e mi piaceva.

Lo avevamo fatto solo perché eravamo ubriachi. Non lo avrei mai permesso da sobrio.

Mi alzai e inizia a girare nervosamente per la stanza, avevo bisogno della nicotina per riuscire a rilassarmi.

Staccai l'iPhone dal caricabatterie convinto di andare da qualche amico per procurarmela, i tabaccai erano chiusi e nel paese non esisteva un distributore automatico.

Uscii lentamente di casa cercando di non far rumore e, in pigiama, andai da Zayn.

Inizia a fare respiri profondi appena sentii l'aria fresca invadermi i polmoni.

Era meglio chiamare Stan?

E se poi mi avesse fatto domande sul motivo? Molto meglio Zayn.

Venti minuti dopo arrivai da lui, bussai alla porta e mi guardai intorno preoccupato che qualcuno mi scambiasse per un maniaco.

Mi aprii un ragazzo addormentato che faceva fatica anche a stare in piedi, «Louis? Ma che ore sono?», sussurrò stropicciandosi gli occhi. «Sì scusami lo so che è tardi, ho solo bisogno di un paio di sigarette perché le ho finite», spiegai, lui mi guardò male e rientrò in casa per prenderle.

«Tieni». Mi diede un pacchetto intero sospirando, «Ma sei in pigiama?», aggiunse guardandomi dall'alto in basso.

«Sì non avevo voglia di cambiarmi», ammisi.

Aprii il pacchetto e ne presi una mettendola tra le labbra.

«Dentro c'è pure un accendino, buonanotte Louis», terminò alzando la mano per salutarmi mentre mi allontanai, «E pigiama bellissimo». Fece l'occhiolino chiudendo la porta.

Assaporai ogni singola folata di vento che mi spettinava i capelli come se fosse l'ultima della mia vita.

Grazie a quella sigaretta ero più rilassato, riuscivo quasi a respirare. Da sottolineare il quasi.

Arrivato davanti a casa mi sedetti sul marciapiede, ne accesi un'altra e sbuffai.

Il fumo si disperdeva nell'aria portando con sé ogni mio respiro, trattenendo una piccolissima parte di me. Se solo avessi potuto volare via anche io con lui.

«Me ne dai una?», chiese una voce femminile alle mie spalle che mi fece venire la tachicardia.

«Ma sei pazza?». Mi tappai la bocca per non urlare guardando mia sorella in piedi accanto a me.

«Ma se ho fatto casino», ammise togliendomi la sigaretta di mano e facendo un lungo tiro.

«Tu non devi fumare Char», l'ammonii togliendogliela subito di bocca.

La mia metà oscuraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora