Capitolo 5

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Mi sveglio di soprassalto accorgendomi che mi sono addormentata sul letto con il computer in mano. Cosa ho fatto. Leggo la mail che ho inviato, da poche ore...perché sono così ridicola. Ho rovinato il progetto, doveva essere una conversazione insulsa e banalmente convenzionale, poi mi sarei dovuta inventare tutto nella relazione per prendere un bel voto. Ora si è complicato tutto e probabilmente non mi risponderà mai, o implorerà la sua professoressa di cambiare "partner".

La mattina mi alzo più stanca che mai, e a forza esco dalla stanza, ma appena arrivo sulla soglia la curiosità mi vince e apro il computer. Nessuna nuova mail. C'era da aspettarselo. Questo però non mi cambia l'umore, che tanto è già sotto terra. In questi casi dovrei dire "vorrei qualcuno con cui parlare" ma non è così. Come possiamo parlare di noi ad una persona senza che quella parli di se stessa? Se c'è dialogo c'è un botta e risposta, ma si rischia che la risposta possa ferire, e allora è meglio giocare in difesa e non dialogare proprio. Scendo, già pronta, in cucina e mamma mi offre la colazione:

"Non ho fame, grazie lo stesso."

"Almeno portati una merenda."

"Neanche dopo avrò fame.

"Come fai a saperlo, dai prendi questo."

"Tranquilla prevedo il futuro, io vado ciao."

E, stranamente dopo aver salutato, vado alla fermata dell'autobus. Esattamente li, dove il sole tocca l'asfalto ormai bollente, passa il gruppo di Riccardo...insieme ad Ambra e le sue amiche. Cerco di coprirmi appoggiandomi al palo giallo della fermata, aspettando che loro passino dietro, ma non è abbastanza.

"Luce attenta che ti accechi." Grida lei toccandomi una spalla, la sua voce sparata nell'orecchio mi irrita ma allo stesso tempo mi sblocca dei ricordi.

"Lascia perdere che sta arrivando mio padre." Dice Riccardo prendendola per i fianchi. Vanno nella direzione di una macchina nera, tutti tranne Nicole e il ragazzo dai capelli color bronzo. L'autobus arriva e purtroppo saliamo tutti e tre, il caso vuole che io e Nicol troviamo posto vicine, mentre quel ragazzo, dopo aver fatto sedere lei, aiuta a far scendere una donna anziana.

"Ma sei scemo, vieni qua che ti fregano il posto no."

Lui la raggiunge, si siede e inizia a guardare fuori, con la luce che gli entra negli occhi rendendoli da castano chiaro a quasi gialli . Indossa una camicia a quadri aperta, che gli valorizza le braccia non troppo grandi, e sotto ha una maglietta bianca aderente. Indossa i jeans, ma non gli stanno male, di solito a me non piacciono ma a lui donano. Nicole mi spintona e inizia a ridere, forse lo stavo fissando troppo, mi perdo nello studiare le persone, ma odio quando qualcuno mi guarda, mi scruta, anche per un'istante. Lei ha una maglietta appariscente viola e leggins di pelle che risaltano i suoi capelli neri, lunghi e liscissimi. Arrivati alla fermata aspetto prima che scendano loro, ma per poco non rimango dentro l'autobus.

La giornata procede lineare senza intoppi ne sorprese, e torno a casa tranquilla con un 8 in storia. Dopo aver sistemato la mia stanza mi siedo alla scrivania e senza nessuna aspettativa apro il pc: una nuova mail, questa si che è una sorpresa.

A: darknessinside@lost.com

OGGETTO: ecco la risposta

Cara Darkness (suppongo tu sia una ragazza),

Grazie mille dell'interessamento e no, non le capisco le persone, ma provo a comprenderle. Beh esistono tanti tipi diversi di "noi" che, se fossimo tutti "io", non esisterebbero: la famiglia, la scuola, le aziende, il paese, lo Stato o perfino la Nazione. Riguardo al sentirsi superiori, non vale per tutti, l'essere umano è una macchina straordinaria e ne esistono miliardi di tipi tutti diversi, mai uguali, quindi che senso ha metterli in una stessa categoria. E se tu vuoi chiamare pollo una mucca puoi farlo, se vuoi chiamare verde il rosso vai chiamalo, non c'è nessuno che te lo vieta. Le cose diventano ciò che tu vuoi che esse siano. Ad esempio ti sei chiamata darkness ma ovviamente non è il tuo vero nome. Devo ammettere che ti sta bene, ma questo non vuol dire che quello reale sia da meno. Mi piace il tuo modo di pensare, ma è sbagliato. Rispondimi.

Tizio

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