Capitolo 13

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Un lampo squarciò il cielo e per un attimo la luce illuminò la stanza buia. Dalla sua posizione, Kenjirou poté vedere chiaramente l'elaborato lampadario troneggiare su di lui. Per un attimo si domandò cosa sarebbe successo se fosse caduto: forse sarebbe morto, forse no. Che differenza avrebbe fatto? Spostò lo sguardo verso la finestra e osservò silenziosamente le gocce di pioggia scivolare lungo il vetro e inzuppare il davanzale. Ci fu un secondo lampo e le tende vennero illuminate, mostrando il loro complicato motivo geometrico.

Il castano tornò a chiudere gli occhi e tirò un lento respiro, ascoltando il suono rilassante della tempesta di fuori. La sua mente proiettò automaticamente davanti ai suoi occhi l'immagine della figura spaventata di Fuyuki che si rannicchiava tra le sue braccia durante le notti temporalesche e si ritrovò a stringere le labbra.

Negli ultimi quattro mesi aveva contattato la polizia innumerevoli volte, ma nessuna di queste aveva portato a risultati positivi. Ogni volta la risposta era la stessa: "stiamo ancora indagando, ma tutte le piste che abbiamo sembrano essere dei buchi nell'acqua", solitamente seguito da un fastidioso mi dispiace. Shirabu odiava quella sensazione d'impotenza che provava ogni volta che se lo sentiva ripetere.

Non poteva far altro che chiedersi cosa sarebbe successo se quel giorno non fosse andato al lavoro per gli straordinari ma fosse rimasto a casa come ogni domenica sera. Avrebbero preso anche lui? Lo avrebbero ucciso? Non si sarebbero presentati?

Si morse un labbro, sforzandosi di focalizzare i propri pensieri su un qualcosa di positivo che non fossero le immagini dei suoi figli – ormai gli addetti di polizia, i suoi compagni d'università e i suoi colleghi di lavoro non potevano far altro che guardarlo con compassione ogni volta, ma lui era assolutamente certo del fatto che i suoi figli fossero ancora vivi; dispersi, ma vivi – ma non gli venne in mente nulla, quindi cercò semplicemente di non pensare a nulla.

Per parecchi minuti rimase immobile, poi il suo tentativo di mantenere sgombra la mente fallì e tutta la sua attenzione fu convogliata al pezzo di carta che pochi giorni prima aveva ricevuto. Si alzò e si sedette alla scrivania dell'ufficio di Eita, accendendo l'abat-jour e tastando delicatamente sotto ad uno dei cassetti. Staccò la missiva che vi aveva affisso pochi giorni prima perché nessuno la trovasse e tirò fuori la lettera. Aveva trovato la busta sotto al suo banco all'università e dal momento in cui aveva posato lo sguardo sulla prima lettera scritta in eleganti kanji aveva capito che non poteva assolutamente consegnarla alla polizia.

Il testo conteneva un solo, singolo numero di telefono. Non vi era firma né intestazione, tranne che per una piccola scritta sul retro della busta che riportava il suo nome. Non poteva esserne certo, ma da quando aveva letto per la prima volta quel numero aveva capito che non poteva che aver a che fare con la pazza che aveva rapito i suoi figli.

Il castano chiuse gli occhi e cercò di riordinare le idee. Se quello era davvero ciò che pensava, allora forse avrebbe dovuto mandare il numero alla polizia. Se invece era una trappola, non avrebbe probabilmente più rivisto i suoi figli. Lanciò un'occhiata al suo telefono e strinse le labbra. Da quando gli agenti avevano incominciato le indagini il suo numero era controllato 24 ore su 24 – pensavano che non lo sapesse – e 7 giorni su 7, quindi a meno che non volesse far sapere all'intero dipartimento di polizia della contea ciò che stava facendo non avrebbe potuto usarlo.

Si alzò di scatto e infilò la carta nella tasca, lasciando l'ufficio. Salì in punta di piedi le scale ed entrò in camera. Semi dormiva profondamente e non si accorse di nulla quando Kenjirou aprì l'armadio e s'infilò la giacca. Il castano s'inginocchiò di fianco al suo borsello e deglutì esitante prima di aprirlo. Vi frugò dentro fino a quando non trovò quello che cercava ed indugiò qualche secondo prima di infilare nella tasca del giubbotto il portafoglio. Lanciò un'occhiata ad Eita e infine scosse la testa, alzandosi.

Macchia Bianca||SemiShiraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora