Capitolo 5

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Oggi è lunedì, il giorno più brutto della settimana.
Non solo perché è il primo giorno e quindi mi attendono altri quattro lunghissime giornate di scuola.

Da sempre il lunedì per me è un giorno sfortunato, succede sempre qualcosa di spiacevole.

Oggi però prevedo un lunedì migliore in quanto Noah Carter non è venuto a scuola, non ho visto la sua auto parcheggiata.

Non l'ho più visto né sentito dopo la cena alquanto strana dell'altra sera.
Ma devo dire che questo mi fa solo piacere.

In prima ora ho biologia con Victoria mentre Sarah ha inglese.

Dopo aver salutato la nostra amica, io e Vic ci dirigiamo nell'aula mentre chiacchieriamo sulla cena dell'altra sera.

"Secondo me non dovresti pensarci più di tanto, in fondo ti ha solo fatto un favore" afferma guardandosi intorno e toccandosi i capelli.

"O forse ne parli tanto perché ti importa?".

A me non importa affatto. Trovo solo strano che lui sia in grado di essere gentile. Il Noah che conosco io mi avrebbe presa in giro e poi se ne sarebbe andato.

Non ho mai capito perché è così antipatico, da sempre. È da quando siamo piccoli che non lo sopporto perché lui mi ha sempre dato motivo di farsi odiare.

Victoria però ha ragione, non ci devo pensare perché non me ne frega nulla.

"Neanche morta" rispondo mentre il mio viso si comprime in un'espressione che esprime puro disgusto.

Nonostante questo però, non riesco a togliermi dalla testa quella serata.

Entriamo nella classe e subito dopo arriva anche la professoressa di biologia.
"Buongiorno, sedetevi" dice e si siede sulla sedia dietro la cattedra, lasciando cadere la sua borsa colma di libri a terra.

L'insegnante di biologia è una donna piuttosto strana: ha sempre l'aria stanca, come se si sentisse costretta a fare questo lavoro.

Ha i capelli rossi perennemente legati in una crocchia disordinata, gli occhiali le scivolano sempre sul naso e uno strato di nostalgia e tristezza ricopre i suoi occhi castani.

Nel complesso è una brava insegnante, svolge bene il suo lavoro, ma lo percepisco che non è ciò che le piace fare.

"Tirate fuori i libri, oggi interrogo".
Il borbottio che si era creato si dissolve e il panico si insinua in ognuno di noi.

Oggi interrogo.

Perché queste due semplici parole sono così spaventose?

"Ci sono volontari?" chiede la prof, tenendo gli occhi castani puntati sul computer che ha davanti a lei, mentre segna le assenze.

Nessuno alza la mano.
Prendo coraggio e lo faccio io.
"Io".

Tutti si voltano verso di me, visibilmente sorpresi e sollevati e mi sussurrano che sono la loro salvatrice e che costruiranno una statua in mio onore per questo mio gesto eroico.

D'altronde ieri ho studiato abbastanza, mi sento abbastanza pronta per affrontare un'interrogazione.

E poi nessuno sarebbe andato volontario, così ho salvato tutti.

La professoressa alza lo sguardo su di me e annuisce.
"Comincia a parlare dell'ultimo argomento, poi ti faccio io delle domande"

Sorrido per mostrare sicurezza, non voglio far trasparire la preoccupazione che in realtà mi sta mangiando viva.

Inizio a parlare e la professoressa non mi interrompe mai, si limita ad annuire di tanto in tanto e guardarmi senza dire niente.
Sono riuscita a rispondere correttamente anche alle domande che mi ha posto.

Sono molto fiera di me, sono andata bene.
Alla fine lo sforzo è stato ripagato.

Al suono della campanella sento qualcuno che mi tocca la spalla, così mi giro sorridente.

Ma quando vedo che la persona che mi ha chiamato è Rachel, smetto di sorridere.

Rachel è una ragazza davvero bella e intelligente, se non fosse la migliore amica di Joanne potrebbe anche essere simpatica.

Si lascia manipolare, fa tutto ciò che le dice quella pazza di Joanne senza mai obiettare.
Non si rende nemmeno conto che la sta solamente sfruttando per i suoi scopi personali.

"Che cosa vuoi?" chiedo scocciata, roteando gli occhi.

Rachel continua a passarsi la mano tra i suoi capelli ricci, accennando un sorriso che non promette niente di buono.

"Solo farti i miei complimenti, Collins. Davvero straordinaria. E poi quel tuo modo di salvarci tutti! Oh, davvero ammirevole" commenta.

"Che cosa vuoi davvero?".

Lei resta in silenzio per qualche secondo, col sorriso maligno ancora sulle labbra.

"Sabato è il mio compleanno, volevo invitarti alla mia festa" dice con naturalezza, come se fosse una cosa normale.

Io e Rachel ci parliamo raramente e quando accade le nostre conversazioni non durano più di trenta secondi. E, inoltre, non sono nemmeno così amichevoli.

"Alla tua festa? Credo di aver appena dimenticato il momento in cui siamo diventate amiche al punto da invitarci ai nostri compleanni".

Lei scoppia a ridere ma non dice niente.
Così decido di evitare la questione per il momento e di parlarne con Sarah per vedere se lei ne sa qualcosa.

Non sono ancora riuscita a chiederle perché venerdì sera si è comportata in quel modo, ma so che non risponderebbe mai alle mie domande.

Sto cercando di non pensarci, ma la curiosità prende sempre la meglio su di me ed è difficile soffocarla.

Rachel raggiunge Joanne, ma non ottiene nessuna attenzione da parte sua. La rossa continua a parlare indisturbata con le ragazze che ha di fronte a sé, senza voltarsi nemmeno un secondo.

Mi avvicino a loro, ma solo perché sono davanti alla porta e io devo uscire dalla classe.
Le ignoro, ma loro non ignorano me.

"Allison, sei stata invitata anche tu alla festa?" domanda Joanne, allontanandosi improvvisamente da quelle ragazze.

"Perché, non lo sai? Non vi dite tutto?" domando con fare ovvio.

Mi rendo conto che l'espressione sicura e sfrontata di Rachel cambia leggermente, ma per un tempo così breve che temo di essermelo solo immaginato.

Ricevo un'occhiata di sufficienza da parte di Joanne, che poi torna a farsi i fatti suoi e non mi guarda più.

Le sorpasso mentre scuoto la testa, stufa di essere qui con loro. Voglio raggiungere Sarah e stare un po' con lei.

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