"Sono a casa!" grido chiudendo il portone d'ingresso alle mie spalle.
Nessuno risponde: probabilmente Louisa è in giro con Kevin e mia madre al supermercato, come mi aveva detto questa mattina prima di andare a scuola.
Velocemente mi preparo un piatto di pasta e rimango piacevolmente colpita quando mi rendo conto di non aver causato nessun danno, il che è davvero strano perché io sono davvero una frana in cucina, sono in grado di far esplodere perfino un pentolino di latte.
Apparecchio la tavola e consumo silenziosamente il mio pasto. Mi sto annoiando troppo a mangiare da sola, sono quel tipo di persona che ama stare in compagnia in ogni occasione e detesto non avere nessuno attorno.
Anche quando sto male infatti ho sempre bisogno di sfogarmi con qualcuno, di parlargli del mio stato d'animo e non tenermi niente dentro, al contrario della maggior parte dei ragazzi della mia età.
Lavo i piatti sporchi e decido di accendere la TV, magari su Netflix trovo qualche film carino che non ho ancora visto.
Dopo quindici minuti alla ricerca di qualcosa da guardare, finalmente trovo un film che mi ispira: parla della storia di una ragazza che sognava di fare la ballerina ma le era stato proibito da suo padre perché desiderava che lei facesse altro nella vita.
Per tutti e i 113 minuti del film ho pensato di essere davvero fortunata di avere dei genitori che mi supportano in tutto ciò che faccio e che lasciano che sia io a decidere cosa fare del mio futuro.
Non nego che la fine mi ha fatto piangere, è stata piuttosto emozionante la scena in cui il padre ha dimostrato a sua figlia di essere profondamente pentito delle sue azioni.
Mi arriva un messaggio quando sullo schermo della televisione sono proiettati i titoli di coda, per cui mi affretto a spegnerla.
Il messaggio è da parte di Lou.All, puoi dire alla mamma di venirmi a prendere a casa di Kevin verso le 17? L'ho chiamata ma non risponde.
È molto strano il fatto che non risponda al telefono dal momento che, essendo molto ansiosa, lo tiene sempre vicino in caso succeda qualcosa.
Cerco tra i contatti il suo numero e la chiamo, dopo aver digitato un sì a mia sorella. Non voglio farla preoccupare e so che lo farebbe se le dicessi che in realtà nostra madre non è in casa come credeva.
A dire il vero anche io sono in ansia: non ci mette mai così tanto tempo per fare la spesa ed è molto strano il fatto che non sia ancora tornata a casa.Dopo qualche squillo, parte la sua segreteria telefonica e adesso posso dire di essere preoccupata sul serio, perché lei non lo farebbe mai.
Non sapendo cosa fare decido di telefonare mio padre, nonostante si trovi a lavoro e non gli è consentito stare al telefono per troppo tempo.
Per fortuna lui mi risponde dopo poco e, dopo avermi detto di non avere molto tempo per parlare, mi chiede il motivo della mia telefonata improvvisa. Allora gli dico della mamma e delle mie preoccupazioni.
Mio padre è sempre stato un tipo tranquillo e pacato, difficilmente si fa prendere dal panico. Però quando gli racconto della mamma avverto che anche lui non è del tutto sereno e questo non fa che preoccuparmi ancora di più. Se papà non è tranquillo c'è per forza qualcosa che non va, sa bene che la mamma non spegnerebbe mai il telefono e non sparirebbe nel nulla per ore.
"Sarò lì tra poco, aspettatemi lì, ok?" .
Annuisco anche se non può vedermi, attacco la chiamata e mi affretto a chiamare Sarah per dirle se sua madre può riaccompagnare subito Lou a casa.
Sentendomi agitata, la mia migliore amica mi ha chiesto se andasse tutto bene, così le ho spiegato la situazione molto brevemente.Dopo appena quindici minuti mia sorella è a casa e ci sono anche Sarah con sua madre, forse perché non vogliono lasciarci sole, o perché anche loro non sono tranquille. Credo che sia per entrambe le cose in realtà, fatto sta che sono felice che siano qui, non voglio essere sola.
La mia migliore amica mi ripete di stare calma, che è tutto ok e che mia madre sta bene. Vorrei tanto crederle, ma in questo momento non riesco a stare tranquilla, ho troppa paura che le sia successo qualcosa.
Quando arriva mio padre a casa, Lou gli salta in braccio e lo abbraccia come se non lo vedesse da mesi. Anche lei ha bisogno di rassicurazioni come me, ma non vuole ammetterlo: vuole mostrare di essere forte e di riuscire a mantenere il controllo.
"Ciao papà" lo saluto forzando un sorriso.
Gli voglio tanto bene ma al momento non riesco nemmeno a sostenermi in piedi, talmente sono agitata, per cui mi risulta difficile rivolgergli un vero e proprio saluto. Decido di sedermi sul divano per evitare di cadere a terra e Julie mi porta un bicchiere d'acqua, visto che ha notato il mio stato d'animo.
La ringrazio distrattamente e bevo un sorso d'acqua.
Mio padre sta parlando al telefono da circa cinque minuti e io sto provando ad origliare la conversazione ma non riesco a sentire nemmeno una parola.Dopo poco si gira verso di noi e ci comunica che stava parlando con Walter Carter, il padre di Noah, che lavora nell'ospedale della nostra città. Gli ha detto che nostra madre ha fatto un incidente con la macchina mentre stava tornando dal supermercato.
Si è scontrata con uomo che ha chiamato l'ambulanza quando si è reso conto che mia madre aveva perso i sensi ed era svenuta. Durante l'incidente mamma ha perso il telefono ed è per questo che nessuno rispondeva alle telefonate.
Tiro un sospiro di sollievo quando papà dice che alla mamma non è successo nulla di grave: si è rotta una gamba, ma per il resto sta bene.
Ci dice anche che possiamo andare a trovarla adesso, così corro a prendere la prima giacca che trovo e la indosso alla velocità della luce.Quando varco l'entrata dell'ospedale un brivido mi percorre la schiena: questo luogo ha sempre la capacità di incutermi timore.
Dopo aver chiesto informazioni ad un'infermiera, ci dirigiamo nella stanza dove mia madre sta riposando.La guardo dal vetro e sorrido vedendo che sta davvero bene.
Quanto mi sono preoccupata!Mentre aspettiamo che si svegli, mia sorella va un attimo in bagno, mio padre va fuori a fumare una sigaretta e io resto attaccata al vetro a guardare mia madre che sta beatamente dormendo, inconsapevole di tutta la preoccupazione che ha causato in me.
"Ehi" dice una voce familiare, così mi volto verso la direzione da cui essa proviene e quando vedo Noah devo trattenermi dall'alzare gli occhi al cielo.
"Che ci fai qui?" dico, mascherando il fastidio che mi arreca la sua presenza.
"Mio padre ci lavora, tesoro" mi fa notare con questo commento sarcastico, accennando un sorriso.
Siamo distanti circa un metro e non osiamo guardarci in faccia, entrambi abbiamo gli occhi rivolti verso la figura di mia madre.
"E venire a trovarlo in ospedale è diventato il tuo passatempo preferito?".
"A dire il vero ero qui per altri motivi" ridacchia.
Vorrei tanto sapere perché è qui, ma nonostante io sia curiosa, decido di non fare domande e limitarmi ad annuire facendo in modo che tra di noi cali il silenzio, ma non uno di quelli imbarazzanti, in cui nessuno dei due sa cosa dire.
Non so neanche perché non stiamo litigando, probabilmente l'ospedale è l'unico luogo in cui ci comportiamo civilmente, in quanto abbiamo altre preoccupazioni per la testa e poca voglia di discutere.
Non so quanto tempo trascorriamo senza dire niente ma devo ammettere che, al contrario di qualche attimo fa, stare in sua compagnia non mi dà fastidio.
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Tutto cambia
Teen FictionAllison ha un'unica certezza: l'odio profondo che nutre nei confronti di Noah Carter, il ragazzo che conosce da quando erano dei bambini e condividevano i giocattoli. Lui le aveva gettato il peluche dalla finestra e da quel giorno è iniziata la guer...