II

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Mentre guardavo quella creatura distesa accanto a me, ricacciai indietro tutte le emozioni e mi concentrai sulle mie azioni.

Non appena riacquistò i sensi, le feci bere un infuso per calmarla e farla addormentare.

Probabilmente non si accorse nemmeno della mia presenza e si addormentò subito, ma temendo di spaventarla quando si sarebbe ripresa, chiamai al suo cospetto Zahîrah, una delle schiave della mia tribù.

Era una fortuna che fosse con noi: le donne non prendevano parte alle carovane, ma lei stava ritornando al nostro villaggio nel deserto, dopo essere stata per qualche tempo ai servigi di Mylène.

Mylène... chissà dov'era in quel momento...

Non avevo più notizie di lei da quando l'avevo aiutata a fuggire da un rituale di esorcismo. La nostra gente era molto superstiziosa e molto spesso i capiclan si facevano influenzare molto facilmente dagli inaden, gli "innominabili" o stregoni.

Erano questi ultimi che forgiavano con il fuoco le nostre croci e i nostri talismani che servivano a proteggerci dai malefici.

Quando mio padre morì dopo una lenta agonia, avevano creduto che fosse stata lei a lanciargli una potente fattura, così feci credere a tutti che l'avevo abbandonata nel deserto al suo destino, il che equivaleva a una condanna a morte spietata.

Zahîrah era l'unica che conosceva la verità e forse avrebbe notato la somiglianza non appena avrebbe visto la ragazza, ma ero sicuro che non avrebbe fatto domande e non ne avrebbe fatto parola con nessuno, come aveva sempre fatto con Mylène.

Avevo così tanti segreti da custodire sulla mia famiglia, che a volte la solitudine del deserto era il mio unico conforto e rifugio.

Ma infondo, nonostante tutto, volevo bene a Mylène: era stata costretta ad abbandonare i suoi figli e avevo percepito la sofferenza che provava per non averli visti crescere.

Quando era fuggita da mio padre, aveva poco più di vent'anni: il suo era stato solo un colpo di testa di cui aveva pagato le conseguenze a caro prezzo.

Voleva ritrovare la sua famiglia d'origine, ritornare ai vezzi e alle comodità che aveva avuto durante i primi anni della sua adolescenza. Non era mai stata capace di vivere nel deserto, dove non c'era nulla del lusso a cui era stata abituata, anche se mio padre l'amava follemente.

Quando era tornata da noi era incinta, ma non ho mai saputo chi era il padre di quella bambina che portava in grembo... Quella bambina, che era cresciuta e, chissà come, ora era accanto a me.

Qual era la sua storia? Perché era stata rapita da quei malviventi?

Di solito rapivano stranieri facoltosi per richiedere un riscatto: forse era la figlia di uno di questi; forse era la figlia di un membro di stato.

Forse la stavano cercando dappertutto.

Non sapevo cosa fare.

Non potevo tenerla con noi, né però avrei voluto lasciarla andare senza aver capito cosa sapesse della sua vera madre.

Ma cosa avrei potuto dirle?

Quando mi resi conto che dormiva profondamente, uscii dalla tenda e mi appostai fuori a fare la guardia, per scongiurare che durante il buio ci fossero state delle ripercussioni da parte di quei ribelli.

La notte sembrò non passare mai in preda a quel tumulto di emozioni che erano riaffiorate con irruenza e che riuscivo a stento a tenere a bada.

La mia anima era completamente in subbuglio: rimuginavo sul mio passato, sulla mia vita, sul rapporto burrascoso che avevo con Sahid, che era anche suo fratellastro, oltre che il mio.

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