IV

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Perché si vede più certa la cosa l'occhio ne' sogni che colla immaginazione stando desto.

(Leonardo da Vinci)

Quando riaprii gli occhi, mi resi conto di essere solo.

Il cuore mi batteva forte e sentivo sulle mie labbra ancora il sapore di quel bacio come se fosse stato reale, ma era stato solo un sogno.

Volevo davvero che lei restasse con me? Come avrei potuto chiederle una cosa del genere?

Era impossibile... lei veniva da un mondo così diverso dal mio e soprattutto, era poco più che un'adolescente.

Quando sopraggiunse l'alba, mi alzai per iniziare i preparativi per la partenza. Mancava ancora un giorno per arrivare alla nostra oasi e a metà percorso ci fermammo nei pressi di un forte militare.

Durante il viaggio avevo fatto di tutto per ignorare Shirley: le avevo detto che era libera di andarsene, ma nel mio sogno le avevo chiesto di restare con me... Una cosa che ancora non riuscivo a spiegarmi.

Quando sopraggiunse il momento di ripartire, fu più forte di me: non potevo abbandonarla lì in mezzo al deserto, lontana da casa e dalla civiltà, alla mercé di milizie corrotte, soprattutto non dopo il sogno fatto durante la notte che mi aveva scombussolato più del dovuto.

In groppa al mio mehàri la raggiunsi e lei, non appena mi vide, mi corse incontro.

Non riuscii a nascondere la mia felicità quando si aggrappò alla mano che le tendevo per salire dietro di me: aveva scelto di rimanere con me, si era fidata di me... invece di chiedere aiuto ai gendarmi, come se le nostre anime non fossero ancora pronte a dirsi addio...

Continuammo il nostro lungo viaggio senza parlare, vicini l'uno all'altro, giungendo nel nostro villaggio poco prima che facesse sera.

Quando l'aiutai a scendere, mi accorsi dalla sorpresa dipinta sul suo volto nel notare l'accoglienza della nostra gente, che onorai andando subito loro incontro.

Salutai tutti, grato per le loro acclamazioni di gioia, ma quando vidi la mia piccola Amìnah, non mi trattenni e la presi in braccio per baciarla con tutto il mio amore.

Ero felice e grato di poterla rivedere e che potesse conoscere sua sorella, ma quando mi voltai in cerca di Shirley, lei si era allontanata con Zahîrah.

Quando scese la sera, mentre si festeggiava il ritorno della carovana con danze, musiche e colpi di fucile sparati per aria, mi sedetti accanto agli anziani a bere con loro il tè del benvenuto.

Nonostante nascondessi i miei pensieri ormai per abitudine, quando rividi Shirley tra la gente, non riuscii a nascondere la mia sorpresa e ammirazione.

Indossava uno degli abiti tradizionali berberi che le avevo regalato: il verde di quella stoffa faceva risaltare la chioma color chermisi che le ricadeva libera sulle spalle. La gonna le arrivava fino ai piedi facendole adeguare i passi in una camminata un po' goffa. Era scalza e la sabbia in cui sprofondava rendeva le sue movenze lente e morbide. Rimasi a fissarla incantato dalla sua naturale grazia e inconsapevole sensualità.

No, non era affatto goffa, ma tenera. Non era frivola e disinibita come le donne del deserto, ma al contrario faceva di tutto per non mettersi in mostra, come se non si sentisse a suo agio nel mostrarsi con quel vestito.

Amghar, uno degli anziani, si mise a ridere non appena si accorse cosa aveva attirato la mia attenzione.

- Raji, perché stai insieme ai vecchi stasera quando potresti andare a divertirti? – mi disse chiamandomi con il mio vero nome, che ormai non usava più nessuno da quando ero diventato il capo della tribù.

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