XIII

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Quando mi avvicinai a Shirley per accarezzarle la fronte in silenzio, lei ebbe un sussulto, ma non si mosse.

Sentivo il suo respiro troppo agitato e credendo che fosse ancora in preda al delirio, la chiamai pronunciando il suo nome sommessamente.

Lei cercò di sollevarsi per voltarsi verso di me, ma non ne aveva la forza.

- Riesci a sentirmi? - le chiesi prendendo la sua mano e stringendogliela per darle coraggio.

Lei aprì appena gli occhi, poi li richiuse per tornare subito dopo a guardarmi di nuovo.

- Questo sarebbe un sì? - le domandai e lei mi rispose un'altra volta chiudendo le palpebre per qualche secondo.

Bastò quel poco a farmi sperare che stesse migliorando e un accorato sorriso si disegnò sulle mie labbra, mentre due lacrime sfuggirono dagli angoli esterni dei miei occhi a rigare il mio volto.

Non ricordavo nemmeno quando era stata l'ultima volta che avevo pianto, ma non provai nessuna vergogna quando lei mi scrutò incredula, ma al tempo stesso con quello sguardo intenso con cui mi aveva fissato quando mi aveva confessato di essersi innamorata di me.

Quello sguardo la rendeva bellissima, nonostante il pallore e la sofferenza che doveva procurarle la ferita.

La tenni per mano a lungo e solo quando si riaddormentò nuovamente, ebbi il coraggio di esprimere ad alta voce le parole che avrei dovuto dirle, ma che non ebbi di coraggio di pronunciare quando era ancora sveglia: - Ti amo Shirley, ma non ti chiederò mai più di restare con me.

Mylène ripartì quel giorno stesso con Amìnah: grazie a Shirley aveva capito che non doveva commettere lo stesso errore che aveva fatto in passato e anche se fu doloroso per me separarmi da lei e da mia sorella, convenni che era giusto così.

Nei giorni seguenti, rimasi al capezzale di Shirley finché fu in grado di alzarsi. Standole vicino il mio amore per lei era cresciuto sempre di più, ma non glielo dissi e nemmeno tornai sul discorso che avevamo iniziato prima di quella maledetta sera in cui fu ferita.

Una mattina però, mi ero addormentato vicino a lei tenendole la mano stretta nella mia: lo facevo sempre quando dormiva, ma quella volta mi sorprese perché si svegliò per prima e mi passò una mano tra i capelli.

Mi svegliai subito al tocco della sua carezza delicata, rendendomi conto che mi ero addormentato a volto scoperto.

- Sei così bello! - mi disse guardandomi intensamente e mordendosi il labbro subito dopo.

Invidiavo così tanto la sua spontaneità e quel suo modo di lasciarsi sfuggire quello che provava, sebbene subito dopo se ne rendeva conto e se ne pentiva, ma nonostante il rossore sulle guance, continuò a fissarmi con quel suo sguardo sempre così pieno d'amore, che mi fece comprendere subito che non si riferiva alla bellezza del mio volto, ma a ciò che gli avevo mostrato di me in quei giorni senza tante parole: le ero stato sempre vicino prendendomi cura di lei...

Non parlai nemmeno quella volta e ingoiai tutte le frasi d'amore che m'ispirava nel cuore ogni volta che i suoi occhi azzurri si ancoravano ai miei. L'unica cosa che non riuscii a trattenere furono le mie dita che, quasi senza controllo, si intrecciarono con le sue legando le nostre mani in un abbraccio che entrambi avremmo voluto darci.

Lei all'improvviso si voltò dall'altra parte quasi a volersi nascondere, ma notai ugualmente che anche lei piangeva.

- Tutto quello che mi hai detto quella sera, prima che mi ferissero, lo hai detto veramente o è stato solamente un sogno? - mi chiese.

In un attimo tutte quelle parole tornarono nella mia mente.

"Io credo di essermi perso nei tuoi occhi azzurri come il cielo e di non riuscire più a trovare la strada per tornare indietro...
Ti ho amato fin dal primo istante e se sono stato così crudele con te è stato solo perché non volevo che anche tu t'innamorassi di me...
Ti amo Shirley! Tu mi hai reso schiavo e farei qualsiasi cosa pur di non perderti..."

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