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Sul volto di Shirley vidi scorrere una marea di emozioni: continuava a essere trasparente, nonostante quello che le avevo appena detto, nonostante volesse sembrare determinata a volermi contrastare.

Sapevo che ormai si fidava di me, che avrei dato la mia vita in cambio della sua, che l'avrei protetta e rispettata. Per questo forse, non si era minimante curata delle malelingue o di compromettersi rimanendo da sola con me nella mia tenda.

Una lieve traccia d'insicurezza le adombrò gli occhi: forse se ne era resa conto solo in quel momento che la sua era stata una mossa azzardata, tuttavia le sue labbra continuarono a rimanere appena curvate all'insù.

Si guardò perfino intorno, incuriosita da quel luogo privato che rivelava la parte più nascosta di me: i suoi occhi si posarono al centro della tenda, oltre alcune cortine velate che fungevano da divisorio, dove era posizionato un letto basso e ornato da stoffe pregiate che provenivano dal lontano Oriente.

Nascondendo un lieve imbarazzo, distolse subito lo sguardo per soffermarsi su alcuni ripiani stracolmi di libri consumati di letteratura e tomi ingombranti di medicina, su cui avevo studiato fino a poco prima che mio padre morisse.

Un lampo di sorpresa si dipinse sul suo viso: senza dubbio non si aspettava che un nomade come me, abituato a vivere nel deserto a contatto con la natura più selvaggia, potesse trovare il tempo anche per leggere o arricchire il suo sapere.

Uno dei miei desideri più grande era di finire gli studi, diventare un medico ed essere d'aiuto alla mia gente che spesso non aveva modo di curare i propri malanni senza dover fare miglia e miglia per raggiungere l'ospedale più vicino.

Dopo aver dato uno sguardo rapido ma attento alle mie cose, Shirley tornò finalmente a guardarmi negli occhi. In un attimo, il lieve sorriso che le inarcava le labbra scomparve di fronte alla mia espressione di rincrescimento.

Per me significava molto averla davanti a me in un luogo così intimo, ma purtroppo non potevo permettermi di spalancare le porte del mio cuore e di farle conoscere i sentimenti che provavo per lei.

Cercai in tutti i modi di rimanere barricato dietro la mia freddezza, soprattutto perché temevo che lei avrebbe fatto di tutto per oltrepassare quelle barriere che cercavo di non far crollare miseramente.

Sembrava davvero determinata ad affrontarmi questa volta.

- Devo parlarti subito, perciò è meglio se mi ascolti – mi disse infatti con un tono risoluto che non mi sarei mai aspettato da lei.

- Nessuno mi ha mai dato degli ordini – le dissi con durezza, cercando di nascondere l'ilarità che invece mi provocava quella sua audace quanto effimera presa di posizione.

- Nemmeno a me! – continuò invece continuando a guardarmi con quel suo atteggiamento adorabile di irragionevole ostinazione.

Allah, quanto era bella!

Le posai una mano sul braccio e tentai di spingerla verso l'uscita. Lei si oppose con fermezza e senza volerlo la mia presa divenne ancora più salda. Si voltò verso di me nel tentativo di svincolarsi, ma facendo un passo avanti, il suo corpo finì contro il mio.

D'istinto le circondai le spalle per accoglierla tra le mie braccia: il mio tocco si tramutò in una carezza che invece di allontanarla, voleva piuttosto trattenerla ancora più vicina, affondare le mie dita nei suoi capelli e baciarla ancora una volta per risentire il sapore delle sue labbra.

- Levami le mani di dosso – m'investì invece con la sua voce, quasi a volermi sovrastare.

Solo in quel momento mi resi conto che le mie mani erano scivolate dalle sue spalle verso il basso, percorrendo tutta la dolce curva della schiena fino ai suoi morbidi fianchi.

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