XII

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Mentre meditavo questi pensieri, Mylène mi raggiunse di corsa per dirmi che Shirley si era svegliata e che le aveva parlato, ma quando ero giunto da lei, l'avevo trovata ancora in uno stato di apparente torpore.

Mylène le era stata accanto giorno e notte, ma in quel momento nei suoi occhi segnati da quelle lunghe veglie, vidi una luce diversa: forse la speranza di poter rimarginare quella frattura profonda con sua figlia; riempire il vuoto della sua assenza.

- Sta riprendendo conoscenza - mi disse. - Mio Dio! Fa' che si riprenda presto... non vedo l'ora di parlarle.

Quel pensiero mi provocò un'emozione strana: dopo tutto ciò che era successo, ora più che mai non potevo permettere che Shirley scoprisse una verità così importante in questo momento.

Mylène non si rendeva conto che era sbagliato: quella verità l'avrebbe distrutta...

- Poco fa mi ha chiesto chi fossi - continuò, - poi ha perso di nuovo i sensi... Poverina, deve soffrire molto... Dobbiamo portarla in un ospedale. È grave: se resta qui, potrebbe peggiorare. La pallottola l'ha presa di striscio, ma ha perso molto sangue.

- No, non è in grado di viaggiare - le risposi. - Mi prenderò io cura di lei...

Mylène mi guardò scrutandomi negli occhi dopo aver notato l'intensità con cui avevo parlato di Shirley. Fino a quel momento ero riuscito a nasconderle le mie emozioni, ma lei mi conosceva bene, nonostante gli anni in cui eravamo rimasti separati. Per lei ero come un figlio, l'unico che aveva visto crescere, il solo che aveva ricevuto il suo affetto, al contrario di Sahid, Shirley e Amìnah che non ricordavano o sapevano nulla della loro madre.

- Ti sei innamorato di lei? - mi chiese interrompendo i miei pensieri.

Io distolsi lo sguardo dai suoi occhi intensi e rimasi in silenzio.

- Rachid, come hai potuto? - mi accusò. - È ancora una bambina!

- Sì, ma è stata così coraggiosa da salvare Amìnah... - le risposi.

- Lo so, se non avesse preso mia figlia tra le sue braccia, a quest'ora sarebbe morta - disse lasciando che la sua voce tradisse tutto il suo tormento.

- Perché l'ha fatto? Cosa sa di noi? - mi chiese cominciando a pensare con una nota strana di speranza che le avessi potuto rivelare tutto.

Sarebbe stato sbagliato: ora lo pensavo di nuovo e il fato me ne aveva dato ragione innescando tutti quegli eventi che mi avevano fatto rimangiare le mie scelte.

Non avrei mai dovuto neanche solo pensare di poter dire la verità a Shirley: lei non doveva sapere, anzi, forse era meglio che Mylène se ne tornasse da dove era venuta, prima che qualcuno la riconoscesse, prima che qualcuno notasse la sua somiglianza con Shirley e traesse conclusioni.

Anche se avevo giurato di tener fede alla parola data alla mia promessa sposa e di assicurare alla nostra tribù una discendenza nobile, sapevo con certezza che molti erano ormai convinti che Shirley mi avesse sedotto al punto da portare me e tutta la mia tribù alla rovina. Se avessero anche scoperto che era la figlia di Mylène, gli anziani del consiglio avrebbero condannato anche lei a sottostare a qualche rito crudele di espiazione per allontanare il malocchio.

Shirley doveva uscire dalle nostre vite e meno avrebbe saputo, meglio sarebbe stato.

- Lei non sa niente... Sarà stato uno strano scherzo del destino se si trovava qui proprio in questo momento. Era scritto che toccava a lei salvare la nostra Amìnah - dissi a Mylène cercando di scacciare dalla mia testa i pensieri sul mio futuro, in cui Shirley non era presente.

- Le dirò tutto... Non riesco a sopportare che non sappia chi sono... Non appena si sveglia le dirò la verità... - mi rispose al contrario Mylène.

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