Capitolo 10.

80 10 1
                                    

Mangiai a stenti: mi sentivo lo stomaco chiuso, non avevo fame, ma Harry mi aveva detto di mangiare e io dovevo farlo.

Non volevo farlo arrabbiare.

Harry mangiava tranquillamente e, alla fine, cosa doveva turbarlo?
Mangiava i suoi cereali senza alzare gli occhi e senza lasciare la tazza.

La cucina era piccola, ma accogliente: il tavolo sul quale stavamo mangiando era di legno e, sotto alle tovagliette sulle quali erano appoggiate le tazze e il resto per la colazione, sembrava rovinato -segnato dal tempo.
La cucina sembrava, allo stesso modo del tavolo, invecchiata: le credenze erano tutti di legno colorato di bianco, con scanalature evidenti, però fornelli e elettrodomestici vari sembravano avere un aspetto più moderno.

Che volesse cambiare la cucina?

Rispetto al resto della casa - o perlomeno della camera e del salotto che avevo potuto vedere io - la cucina era la stanza incongruente nella casa.

Il mio latte era diventato dello stesso colore del cacao e la mia fame andava pian piano svanendo.

Harry era ancora lì, nella stessa posizione da ormai tanti minuti, che continuava a ingurgitare cibo su cibo.
Lo guardai sorpresa e incantata dalla vista di quel ragazzo che non faceva altro che stare con la testa china, occhi bassi e senza muoversi.

Avevo avuto poche occasioni per conoscerlo almeno un po': una cosa che avevo sicuramente notato era il suo silenzio, che a volte sembrava isolarlo dal suo mondo circostante, lasciandolo in balia di chissà che cosa.

- Vorresti una foto? - esordì, alzando la testa.
Aveva uno dei suoi soliti sorrisi appena accennati, con un angolo della bocca che andava verso l'alto e la fossetta a malapena visibile.

- Mmh, no. Scusami. - mi ero incantata a guardarlo.

Cosa conosco di questo ragazzo? Nulla, il niente, il vuoto. Lui era un'incognita per me; un'incognita che necessitava di essere trovata, scoperta.

Più lo guardavo, più volevo sapere qualcosa su di lui; più sostenevo il suo sguardo, più mi perdevo in quel immenso verde dei suoi occhi.

Continuava a guardarmi con quella smorfia fissa in volto.
- Se finisci quel latte, io mi posso vestire e ti accompagno a casa. - mi disse, facendo scomparire la sua fossetta.

Annuì piano e, cercando di essere il più veloce possibile, bevvi tutto il latte della mia tazza.
Harry s'alzò e iniziò a riordinare la tavola; provai ad alzarmi e dargli una mano, ma fui letteralmente incenerita dal suo sguardo.

- Se ti va, puoi aspettarmi seduta sopra al divano, mentre mi vado a cambiare. - m'informò.

Andai a sedermi sul bordo del divano, mentre vidi Harry dirigersi verso la stessa porta che avevo usato io prima.

Mi guardai in giro per un po', aspettando il suo ritorno: per il salotto erano disseminate alcune foto sulle quali mi soffermai con lo sguardo.
In una c'era un piccolo Harry sorridente e, accanto a questa, un'altra di una donna con due bambini sulle ginocchia; quelle foto erano davvero bellissime.

Non passò molto tempo, quando Harry si ripresentò nel salotto con una semplice maglietta bianca e dei jeans neri, le chiavi che tintinnavano in una mano e l'altra che si scompigliava il cespuglio che si ritrovava in testa.

- Se prendi tutte le tue cose, possiamo andare.

Presi la mia giacca di pelle, posizionata su una sedia vicino all'ingresso, e il mio telefono completamente morto, per poi seguire Harry nel parcheggio esterno del condominio ed entrare nella sua macchina.

Durante il tragitto, non parlammo molto: Harry era concentrato sulla guida e sembrava pensare a qualcos'altro; appariva davvero perso nei suoi pensieri e disturbarlo non mi pareva una delle mie idee migliori.

Arrivati a casa, mi salutò freddamente e, quando scesi dalla sua auto, partì velocemente.

Erano a malapena mezzogiorno , ma sapevo già che mia madre aveva già servito in tavola il pranzo consuetudinario della Domenica.

Suonai il campanello e fui accolta da uno sguardo ansioso e arrabbiato: mia madre era corsa alla porta, aveva il fiatone, e nemmeno lei sapeva se doveva essere felice perché ero viva e vegeta o doveva essere incazzata nera per non averla avvisata su dov'ero sparita.

La porta era spalancata e mia madre mi guardava immobile sull'uscio: aveva le pupille troppo large, sotto agli occhi c'erano delle borse evidenti, inspirava ed espirava a fatica, la vena sul collo era in rilievo e le sue labbra erano ridotte ad una sottile striscia; sì, era davvero tanto arrabbiata.

Dopo momenti, che mi erano sembrati interminabili, mio fratello raggiunse mia madre alla porta: anche lui, aveva gli occhi segnati dal poco sonno, aveva lo sguardo stanco e allo stesso tempo preoccupato.

Appena i suoi occhi incontrarono i miei -istantaneamente- sembrò più sereno, con un peso in meno. Fu un attimo quasi impercettibile, che subito tornò alla sua normale espressione.

Lentamente, entrambi, si fecero da parte, permettendomi di passare ed entrare finalmente in casa. Mio padre, che nel mentre aveva raggiunto Louis e mamma alla porta, fu l'unico che, appena mi vide, mi abbracciò: le sue braccia mi stringevano molto forte, quasi da soffocare, quasi da non volermi più lasciare andare.

Quando si staccò, la sua faccia era paonazza, gli occhi erano lucidi e un enorme sorriso contagioso non voleva abbandonare il suo viso.

Senza una parola, mi indirizzò verso la cucina, guidandomi con una mano sulla schiena.

I piatti erano già pronti e il cibo che mia madre aveva preparato si era ormai freddato.

- Abbiamo aspettato che tu tornassi, per mangiare. Non è più caldo, ma almeno tu sei qui, sana e salva. - mentre mio padre mi parlava, teneva le sue mani sulle mie spalle e mi guardava negli occhi.

Louis andò al suo posto, la mamma riprese i piatti in tavola e, con il microonde, provò a riscaldarli; papà si sedette anche lui e io lo seguii.

Il pranzo fu silenzioso: si potevano sentire solo i rumori delle posate sbattere contro i piatti e il rumore che faceva l'acqua quando i bicchieri venivano riempiti.

Mia madre non s'azzardò a spiccicare parola: come al solito, aspettava una mia iniziativa, aspettava che io andassi da lei a chiederle scusa, a darle spiegazioni, ma l'ultima cosa che volevo era parlarle.

Appena finito il cibo davanti a me, mi alzai dal tavolo e corsi in camera; chiusi la porta a chiave e mi buttai sul letto.

Ero stanca, magari per colpa della sbronza di ieri. E avevo una strana sensazione nel petto, una sensazione di vuoto, di mancanza.

L'unica persona che mi mancava in quel momento? Harry.

Holaaaaaaa.
Dopo ben quattro mesi di mia assenza, rieccome con un capitolo che è rimasto fermo per tutto questo tempo.
Non è il mio orgoglio, ma diciamo che rispetto alla bozza iniziale, sono riuscita a migliorarlo.
E, nel grande meentre, siamo arrivati a 937 letture in questo momento e 92 voti; non immaginate la mia felicità, aha.

Vi ringrazio tanto.

- samexsx_

Louder. //Harry Styles//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora