CAPITOLO 21

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LA MATTINA
POV ANASTASIA

Mi sono svegliata quella mattina, con Aitor che cercava di svegliarmi, quindi con la voce un po' impastata nel sonno dissi: che c'è Ait?
Aitor: non riesco più a dormire...
Guardo l'orario sull'orologio appeso al muro della sala, constatando che fossero quasi le 6:30, quindi dissi: per te è ancora presto piccoletto.
Aitor: lo so, ma non ho più sonno. Possiamo fare un giro?
Io: se proprio non riesci a tornare a dormire, possiamo farlo...
Aitor: yay.
Nel mentre mostrò il suo più grande sorriso. Adesso adora uscire, ma rimane comunque un bambino chiuso in se stesso, non fa molta amicizia con gli altri bambini, anche se molte volte gli ho detto di provare.
Ci siamo alzati ed abbiamo messo apposto quello che abbiamo usato per dormire, dopo di che andammo in bagno e facciamo quello che dobbiamo fare, dopo di che ci preparammo ed uscimmo dall'orfanotrofio, non prima di aver avvertito il proprietario e alcuni maestri che alcune volte vengono qui per poter insegnare ai bambini. Ovviamente ogni giorno sono diversi per materie differenti, in modo tale che non rimanessero indietro o che avessero un minimo di cultura.
Ma tralasciando tutto questo, non appena siamo usciti, abbiamo deciso di dirigerci verso un parco, giusto per giocare un po', dato che Ait insisteva tanto per poterlo fare, quindi l'ho semplicemente accontentato.
Non ci volle molto prima che volesse fare altro, certo adora il calcio ma quando si tratta delle poche volte che usciamo solo io e lui, le sfrutta al meglio volendo andare in tutti i posti possibili.
Io: Ait, ti piacerebbe vedere un neonato?
Aitor: e dove possiamo vederlo?
Io: beh adesso in ospedale, però molto presto sarà a casa sua, ma devi sapere che adesso ho anche una sorellina.
Aitor: e quando è nata.
Io: ieri. Giusto prima che venissi da voi.
Aitor: posso vederla?
Io: certo, tanto l'orario di visite è iniziato da poco.
Lo dissi mentre guardavo l'orario. In effetti il tempo è passato in fretta, ora sono le otto del mattino.
Aitor: andiamo allora?
Io: andiamo.
Dopo di che mi diressi verso l'ospedale, ovviamente dopo aver preso in braccio Ait, poiché voleva essere preso in braccio.
Quando siamo arrivanti davanti alla stanza in cui è ricoverata mia madre, busso ma non rispose nessuno, quindi decisi di entrare notando che papà e mamma stessero dormendo. Penso che Darren sia tornato ai dormitori ieri.
Con un gesto feci intuire ad Aitor di fare silenzio, lui annuisce e lo appoggiai per terra. Quasi immediatamente si aggrappa alla mia gamba quindi per tranquillizzarlo gli scompiglio i capelli e mi avvicinai alla culla dove si trova la bambina, in quel momento sveglia e che stava per mettersi a piangere, quindi la presi in braccio ed evitai che si mettesse a piangere, per non svegliare i miei.
Sussurrando dico: Ait, guarda.
Nel mentre mi ero seduta e feci fare lo stesso al turchese che si mise a guardare la piccola.
Aitor: è così piccola... Anche io ero così piccolo?
Io: tutti nasciamo così piccoli, piccoletto.
Aitor avvicina la mano alla piccola, che gliela afferra e si mette a giocare con essa.
Io: guardala, ti adora.
Il turchese sorride leggermente lasciando che la piccola continuasse a farlo, la quale si era messa a giocare ancor di più. Si è appena svegliata ma l'energia non le manca.
Aitor: ti assomiglia...
Io: e ci credo piccoletto. È la mia sorellina.
Aitor: però è così adorabile.
Io: già, lo è...
Passa un'oretta circa dove io e Aitor giocavamo con la bambina. Poi ad un certo punto si era addormentata e quindi adesso la sto rimettendo nel suo lettino, notando solo ora che papà è sveglio e mi sta guardando, logicamente dissi: che c'è? Ho qualcosa sulla faccia?
Papà: no, solo non mi aspettavo che facessi una visita oggi.
Io: avevo detto che sarei tornata ieri ma sono rimasta dov'ero, quindi mi sono detta di venire questa mattina, tanto oggi non ci sono allenamenti.
Papà: capisco. E quel bambino?
Nel mentre notai che Aitor si nascose dietro la gamba, giusto perché papà lo sta mettendo a disagio continuando a fissarlo quindi dissi: è orfano. Vado tutti i giorni all'orfanotrofio qui vicino e do una mano con quello che devono fare. E per favore papà, smetti di fissarlo come se fosse un alieno, lo stai mettendo a disagio.
Papà: oh, scusami. Pensavo...
Io: ma ti pare. Vorrei rimanerci fino a che non avrò trovato quello giusto.
Papà: è solo che sono passati tanti anni e non sappiamo praticamente nulla di te.
Io: papà, c'è tempo per tutto. Non affrettare le cose, ma se hai da chiedere qualsiasi cosa basta solo fare una domanda.
Dopo quella frase sento qualcosa tirarmi i pantaloni, intuendo che fosse Aitor, infatti appena voltai lo sguardo verso di lui, lo vidi che stava letteralmente chiedendo di andare via perché aveva paura, quindi mi misi alla sua altezza e gli appoggiai una mano sulla testa, scompigliandogli leggermente i capelli.
Sa che se faccio così è come se gli volessi dire che non dovrebbe avere paura, anche perché è con me e non potrebbe succedergli nulla.
Io: meglio?
Annuisce solamente ma continua a stare letteralmente appiccicato a me, ma d'altronde è normale, si è solo affezionato a me, però prima o poi dovremmo separarci e dovrei far in modo che non continui ad essere così fino a quel momento. Non che abbia intenzione di abbandonarlo o cose simili, non ci penserei mai. E' come dire che voglio solo insegnargli le basi del mondo esterno.
Ad un certo punto sentiamo tanto rumore fuori dalla stanza, quindi decido di dare una controllatina. Fuori dalla stanza c'era un gruppo di sei persone che stava facendo tanto casino per cercare una persona. 
Quelle sei persone io le conosco, conoscere per modo di dire. Sono un gruppo di ragazzi che non hanno nulla di meglio da fare che prendersela con le persone più deboli. Bene, cosa c'entra con me?
La prima volta che ho visto Aitor è quando per caso l'ho visto circondato da quella gang non so per quale motivo, ma ho semplicemente aiutato quel bambino ad uscire da quella spiacevole situazione, ovviamente per poterlo fare ho dovuto prenderli a pugni. E da allora ce l'hanno sia con me che con il piccoletto.
Io: questa non ci voleva...
Papà: che succede?
Io: se qualcuno te lo chiede, non ci hai mai visto, non ci conosci e non abbiamo avuto nessun tipo di rapporto di recente. Ait, andiamo.
Gli prendo la mano e senza aspettare qualcosa da mio padre uscimmo dalla stanza senza essere visti da quella gang, per poi uscire dalla struttura dell'ospedale, per prender in braccio il turchese e mettermi a correre verso i dormitori, lì Ait sarà al sicuro.
Non appena siamo davanti alla struttura dei dormitori appoggio a terra Ait dicendo: stammi bene a sentire piccoletto. Non devi avere paura, sappiamo entrambi che tu sei un bambino coraggioso, no?
Aitor: si...
Io: tu devi fare come ti dico adesso, capisci?
Aitor: va bene...
Io: bene. Devi entrare qui dentro e chiedere di Cal, lui si trova qui. E se ti dicono che non c'è prova con Archer e se ti dicono la stessa cosa, chiedi di un ragazzo che si chiama Jordan o Shawn e dì loro che devi stare con loro solo perché te l'ho detto io, Intesi?
Aitor: e se Jordan o Shawn fossero cattivi con me?
Io: ti assicuro che non lo saranno, piccoletto. Li conosco e sono tutti delle brave persone. Fidati.
Annuisce solamente e così facendo lo incoraggio ad entrare e non appena non lo vidi più con lo sguardo andai in un punto molto lontano da qui, un punto dove quella gang sa di trovarmi per poter fare quello che vogliono fare, anche se gli ho sempre battuti. Che sia da sola o con Archer e Cal.

YOU AND I, FOREVERDove le storie prendono vita. Scoprilo ora