La figura scura si spostò intorno al tavolo. Aveva il volto incorniciato da un velo di oscurità e un'aria autorevole.
I due uomini dall'altra parte del bancone la osservavano muoversi con aria sottomessa. Erano anch'essi vestiti di scuro e indossavano un'espressione dura che calzava a pennello con la loro statura possente.
Ad un tratto un rumore di passi pesanti, proveniente dall'angusta scala che conduceva in quella stanza mal illuminata, ruppe il silenzio.
La figura si spostò di lato quasi scomparendo inghiottita dalla parete.
Un uomo grosso e dallo sguardo tagliente prese il suo posto al centro della stanza. Posò gli occhi sul tavolo cosparso di fogli, schemi e qualche pistola. L'ultimo arrivato osservò gli altri due.
«Ebbene siamo giunti ad una conclusione», disse barcollando e appoggiando entrambe le mani sul tavolo.
Successivamente ingerì una pastiglia accompagnata da un bicchiere d'acqua.
«Sì, capo. Siamo pronti; è sicuro di quello che fa?», il più basso dei due parlò senza alzare lo sguardo da terra.
«Ti sembro uno poco sicuro forse? O è più probabile che sia tu a volerti ritirare?». Il suo tono di voce piatto gli fece desiderare di sprofondare.
«Domani faremo quello che è giusto... ho aspettato fin troppo e sono più che sicuro che sia arrivato il momento opportuno per agire».
La figura, che fino a quel momento era rimasta addossata alla parete, si mosse in avanti e tornò ad essere illuminata dalla luce della lampada a campana appesa al soffitto poco più alto.
Era un vecchio dai capelli argentati ma, nonostante l'evidente età, vantava una postura è un portamento alquanto agile.L'uomo si voltò nella sua direzione lasciando esposta alla luce una porzione della sua guancia destra attraversata da una vecchia cicatrice.
Riprese a parlare senza un minimo di espressività nel tono: «Deduco che siate con me, bene così. Potete andare e spero di non dovervi raccomandare di essere puntuali».
L'uomo più basso continuò a fissare le proprie scarpe domandandosi se il piano che avevano messo a punto fosse scorretto. Uscì dalla stanza, sotto la casa del capo, e si diresse all'uscita senza commettere rumori.
Una volta raggiunta la sua auto sperava di tornare a casa senza ripensamenti.
Meditò a lungo.
Si fermò nel parcheggio sotto casa fissando la luce accesa di una cameretta, quella di suo figlio. Il piccolo soffriva di una malattia che necessitava di una cura al più presto. L'uomo pensò al piano e poi a suo figlio. Era certo che la madre lo avesse già messo a letto da un pezzo, dopo una delle sue meravigliose storielle della buonanotte.
Con il capo poggiato alla testina del sedile l'uomo capì quanto davvero avesse bisogno di quei soldi, i quali gli erano stati promessi dall'uomo che considerava il suo superiore, per il quale lavorava. Voleva poter concedere al pargoletto quante più favole e notti serene potesse. Il denaro era l'unica soluzione. La moglie si era sempre dimostrata contrariata a quelle piccole mansioni che gli venivano affidate in cambio di proporzionali quantità di soldi.
L'uomo basso comprendeva ciò in cui si era impelagato e l'iniziale sensazione di corruzione era ormai svanita, rimpiazzata dalla crescente convinzione di poter provvedere a suo figlio.
Uscì dall'auto e diede un'ultima occhiata al borsone nero nel bagagliaio. Chiunque lo avesse aperto sarebbe rimasto perplesso circa il contenuto.
Chiuse lo sportello e ricacciò le chiavi in tasca.
In casa ad accoglierlo ci fu la lieve brezza fresca dettata dalla finestra semi aperta della cucina. Una donna dai capelli color melassa era stesa sul divano grigio con una coperta lilla sulle gambe: lo stava aspettando.
"Oh, se solo sapessi, amore mio...", pensò l'uomo stampandole un delicato bacio sulla fronte.
"Chissà cosa penseresti di me. Ma devi ricordare che faccio tutto questo per il piccolo".
La donna sorrise e gli fece cenno di mettersi comodo al suo fianco. L'uomo, tuttavia, continuava ad essere preda dei pensieri che tuttavia man mano scemavano lasciando posto alla sola consapevolezza che tutto ciò era necessario.
Aveva bisogno di quei soldi tanto da essere disposto ad accettare le condizioni: obbedire e non fare domande.
Sapeva che l'impresa di cui era complice avrebbe sconvolto diverse famiglie e, forse, addirittura l'intera cittadina. Dopotutto si trovava a Marble Hills: la città dove non accade mai niente di strano.
Spazio autrice 🌼
Ciao a tutti!
Sono super emozionata di farvi finalmente leggere il prologo della mia storia.Forse alcuni di voi, che avevano letto la versione precedente, avranno capito qualcosa che tutti gli altri non possono aver colto.
Vi prego in ogni caso di non fare spoiler nei commenti.
Detto questo è tutto...
A presto con il tanto atteso CAPITOLO 1
Emma💙
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I ragazzi di Marble Hills [IN PAUSA]
Roman pour AdolescentsQuando si vive in quella che appare come la cittadina più normale del mondo è difficile credere che la propria vita possa essere stravolta da un momento all'altro. Alexandra Correll non lo credeva di certo. Lei è un'adolescente che vive nella cont...