13b) IL FIUME SARDON

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All'inizio quasi quasi gli dispiacque.
Anche se non erano rassicuranti, quegli uomini avevano rappresentato il secondo contatto con altri come lui dopo tanto tempo. Ora, sentirsi nuovamente immerso nella solitudine, gli lasciava un leggero sapore amaro in bocca che traduceva in desiderio di compagnia.

Si era talmente abituato alla solitudine, che quasi si era dimenticato di quanto fosse piacevole, caldo e rassicurante avere accanto a sé qualcuno con cui dividere paure e sensazioni, pericoli e desideri. Per quanto gli abitanti di quella foresta fino a quel momento si fossero rivelati poco cordiali con gli estranei, l'averne incontrati gli aveva fatto venir voglia d'incontrarne altri ancora. Quel sentiero, primo segno tangibile di qualcosa che indicava una stabilità maggiore di un giaciglio all'addiaccio, l'attraeva col suo snodarsi nella foresta come il fuoco una falena. Non sapeva dove l'avrebbe condotto e nemmeno se quello che vi avrebbe incontrato alla fine poteva rappresentare un pericolo o meno, però come Sanzara e come uomo desiderava vedere dove portava; voleva, anzi sperava, trovarci uomini e donne, vino, birra e capanne, cibo e sopratutto un letto.

In fondo quella donna mascherata non aveva sbagliato quando gli diceva di riposarsi un poco, perché era proprio quello di cui sentiva il bisogno. Forse avrebbe dovuto accettare il suo invito quando era in tempo, ma adesso era troppo tardi per pensarci. Ogni cosa aveva un tempo e un luogo. L'incontro casuale con quella donna l'aveva preparato ad altri incontri, solo che lui se ne rendeva conto solamente ora. Per nulla al mondo avrebbe lasciato quella traccia scarna sul terreno. E la seguì, come una speranza o come una promessa, dimenticandosi perfino che poteva essere pericolosa, dimenticandosi degli ammonimenti della Tumbà e di quei quattro che l'avevano seguito nella foresta. Non vedeva l'ora di arrivare da qualche parte, ma, anche se controvoglia, al tramonto dovette rassegnarsi a passare ancora una notte all'aperto.

Nella notte, durante un dormiveglia agitato da sogni e incubi, si risvegliò di soprassalto, madido di sudore. Aveva finalmente capito perché non riusciva a dimenticare la Tumbà e averlo scoperto l'aveva riempito di gioia e angoscia insieme.

Quel tocco leggero della mano della donna sul suo volto, quel profumo lontano e indefinito, presente sebbene coperto dal puzzo della palude, era di sua madre, la dolce Lilith!

L'aveva ritrovata casualmente e ancora l'aveva perduta. Aveva passato anni a tentare invano di cancellare ogni traccia di lei nel suo cuore e nella sua mente, ma a tradirlo era stato il suo odorato e l'aveva riconosciuta. Era lei, non poteva sbagliarsi. Era viva dunque. Era in lutto per la morte, avvenuta due lune prima, di una persona a lei cara. Che stesse parlando di suo padre, Alfons? Se era così allora non li aveva dimenticati! Ma perché se ne era andata via!

Avrebbe voluto chiederglielo, lì, subito, ora! Solo che non erano più insieme. Lei era già lontana, chissà dove in quella foresta sterminata, distante da lui. Le domande inespresse gli pendevano dalla bocca spalancata per la voglia di lasciarle uscire. La meravigliosa scoperta era giunta, ma in ritardo. Le loro strade si erano incrociate per un momento e già si erano allontanate di nuovo.

Chissà se anche lei l'aveva riconosciuto, si domandò, poi si ricordò dell'anello legato al braccio e del modo in cui quella donna l'aveva fissato quando l'aveva visto. Di come gli avesse chiesto il suo nome e da dove venisse. Sì, si disse speranzoso, anche lei sapeva, ne era certo.

Sapeva, l'aveva riconosciuto e non aveva detto nulla. L'aveva lasciato andare via per una seconda volta, senza che lui si rendesse conto di perderla nuovamente. Perché ?

Si rimise giù, incerto se essere felice che sua madre vivesse ancora, oppure triste per come si era comportata con lui. Si girò e rigirò, incapace di trovare quel sonno che tardava a venire. A un certo punto fece capolino nella sua memoria anche la ragazza a cui aveva mozzato la testa e da quel momento la sua testa fu piena di un turbinio di pensieri piacevoli e nefasti, ricordi sereni e angoscianti si mescolavano insieme tra loro come fossero una cosa sola.

LA MASCHERA E LO SPECCHIO-Prima ParteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora