5)LA CASSETTA DI SABBIA

295 113 254
                                    

Il vecchio rimase ad attendere sulla soglia della capanna fino a quando non vide un debole cenno della testa del ragazzo.

Entrò, chiuse con cura la porta dietro di sé, appoggiò il bastone al muro e si liberò volentieri dello zaino, che quando si abbatté sul pavimento fece un tonfo sordo. Massaggiandosi la spalla indolenzita, sorrise ancora al ragazzo che non perdeva un solo movimento del nuovo arrivato.

"È pesante, sai?" gli disse, muovendo avanti e indietro il braccio intorpidito "Ma, vedrai, quello che c'è dentro ci sarà molto utile, nei prossimi anni".

A sentirglielo dire, Aldaberon ebbe un brivido. Lentamente il nuovo arrivato aprì il sacco e ne tirò fuori il contenuto. Lo mostrò al ragazzo man mano che lo posò in terra.

Nella sacca di Neko del Pino, perché così si chiamava il vecchio, vi erano una cassetta quadrata, larga due spanne e alta quattro dita e un sacchetto di un tessuto fine, abbastanza grande da contenere tanta sabbia da riempire la cassetta. Lo slegò e gliela mostrò. Era diversa da quella che conosceva Aldaberon: era gialla, finissima e morbida al tatto, scivolava tra le dita del vecchio come fosse acqua.

Sui quattro lati della cassetta erano incisi simboli e lettere, alcuni simili a quelli che già Aldaberon conosceva, altri completamente nuovi e sconosciuti.

"Entro tre anni non avranno più segreti per te" , gli disse Neko.

In effetti, per i successivi tre, lunghi, lunghissimi inverni, Aldaberon passò molte ore a studiarli tutti quanti, finchè uno per uno non gli divennero famigliari quanto le sue stesse mani.

Ovviamente era lui il maestro al quale la sera prima alludeva Alfons e fin dal primo momento Aldaberon l'ebbe in simpatia.

Quel suo fare schietto e diretto, semplice, mai pomposo, onesto nel rispondere e chiaro nelle cose che chiedeva di fare, superarono facilmente le barriere della grande differenza di età e di esperienza.

Nei primi giorni di permanenza al villaggio, Neko si dimostrò sensibile e attento. Lasciò che il giovane si abituasse alla sua presenza nella nuova casa di entrambi.

Ne percepiva i cambiamenti di umore e gli stati d'animo, il desiderio di ribellione e la frustrazione, ma mai gli disse qualcosa o lo rimproverò.

Per non fargli pesare troppo la sua presenza, usciva spesso dalla capanna e ne tornava dopo ore: andava a conoscere i paraggi, diceva lui.

Entrava in tutte le case e si presentava a tutti, salutava chiunque incrociasse per strada e a tutti faceva domande. Non dava fastidio a nessuno, tutti oramai lo conoscevano come il Gangi del Sanzara e lo lasciavano fare.

Un mattino, alcuni giorni dopo il suo arrivo, arrivò nella capanna portando uno sgabello in legno, finemente lavorato, largo abbastanza per sostenere la cassetta che aveva portato con sé e alto quanto bastava perché un giovane seduto in terra potesse leggere agevolmente le lettere che vi erano incise attorno.

Disse ad Aldaberon che se l'era fatto fare dal suo amico Aleno dei Giganti, il falegname del villaggio.

Appena arrivato nella capanna si sedette a terra con le gambe incrociate, posizionò lo sgabello davanti a sé, infine prese con cura la cassetta e la posò sopra allo sgabello. Dentro vi versò il contenuto della sacchetta. Delicatamente livellò con le dita la sabbia, gustandone il morbido contatto con la pelle ogni volta che la toccava. Lo fece a lungo, fino a quando non fu sicuro di aver attirato l'attenzione del giovane.

Aldaberon l'osservò incuriosito seduto sul letto, dove ormai passava gran parte della sua giornata.

"Questa sabbia è particolare, sai " gli disse senza voltarsi " viene da molto, molto lontano. L'ho presa tantissimi anni fa in una terra chiamata Deserto. A Sud, molto a Sud dalla terra dei Vareghi. Da allora io e questa sabbia abbiamo fatto tanti viaggi insieme, non me ne sono mai separato. Dove ci sono io, c'è anche lei.Non la lascerei per nulla al mondo. Nemmeno per il mare lo farei, se dovessi scegliere".

LA MASCHERA E LO SPECCHIO-Prima ParteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora