13

19 2 0
                                    

Anna
10/10/2018

- Che stai facendo? – ridacchiai mentre osservavo Davide rufolare dentro ai cassetti della mia camera.
- Voglio vedere quella lettera! -
- Trovala! -
Avevo nascosto le lettere per bene: non volevo che le trovasse, non volevo sentire la sua solita predica! Erano proprio sotto al mio letto, e lui ancora non le aveva trovate: era tutto concentrato sui cassetti.
Mi sdraiai sulla mia coperta color oceano e, incrociate le mani sul petto, iniziai a pensare quanto potesse essere curioso il fatto che durante la maggior parte del tempo avevo solo Gioia nella testa. Era come un chiodo fisso: anche quando non volevo pensarla lei era là, pronta a riaffiorare alla mente in ogni situazione! Ma questo non mi disturbava affatto, anzi, era come rifugiarsi in un'isola felice. Infatti, in ogni situazione, il ricordo di Gioia era l'unico posto in cui potevo proteggermi dalle cose brutte che talvolta succedevano. Perché, parlando con lei, mi sentivo a casa, protetta, sicura.

- Ma 'sta foto? – disse Davide rompendo il silenzio. Io mi alzai e gli andai incontro, rendendomi conto di che foto si trattasse: era quella Polaroid mossa, scattata a Milano insieme a Nicole. Al ricordarmi di quel momento sorrisi: mi era tornato alla mente. Stavamo chiacchierando di un film, forse un film horror, dove erano protagoniste le Polaroid. Quindi lei, per testare l'autenticità del film, prese la piccola fotocamera bianca e mi rubò una foto: ecco perché era così mossa e strana.

- Dio Anna! La frangetta! Che incubo! – rise Davide – Ti stava davvero malissimo! -
- Non posso darti torto! Ho pensato subito a quello quando ho ritrovato questa cavolata! – ribattei. Dopo poco mi resi conto che effettivamente avevo considerato un ricordo con Nicole come una "cavolata". E non fui la sola a captare questo piccolo, ma fondamentale dettaglio. Infatti, Davide girò lentamente la testa verso di me con un'espressione incredula sul volto.
- Che cosa hai appena detto? –
- I-io... non lo so... - probabilmente ero più incredula di lui.
- Oh Anna, invece io lo so benissimo! – affermò convinto mio cugino, ripartendo a girare per la camera per illuminarmi con un'altra lezione di vita:
- Tu hai appena detto che un momento passato con la ragazza di cui sei stata innamorata per anni era una cavolata, dopo aver conservato avidamente ogni minuto passato insieme, giusto? Giusto, anche perchè sono sempre stato ad ascoltarti! -
- Scemo! -lo interruppi.
- Fammi finire!
Stavo dicendo... tutto questo è iniziato da quando hai iniziato a parlare con Gioia. E non puoi contraddirmi perché ne sono sicuro. Questo significa che -
Io lo interruppi di nuovo tappandogli la bocca con la mano, mentre affermavo divertita che non volevo sentire altro. Insomma, conoscevo quella ragazza da poco, pochissimo tempo, troppo poco per provare qualcosa oltre all'amicizia. Era chiaro che tenessi a lei, quello lo avevo capito, ma ero sicura che non ci fosse stato altro.

Il citofono suonò all'improvviso.
Io persi un battito: restai ferma, impalata davanti a Davide. L'unica cosa che riuscii a dire fu chiedergli di andare a rispondere. Mi sedetti sul letto e mi portai le mani alla bocca: e se fosse lei?
Davide tornò dopo poco.
- È mio padre. -
- I-in veste di postino oppure è solo venuto a prenderti? – balbettai io.
- In veste di postino. Credo che abbia qualcosa per te. -
O. Mio. Dio.
Quanto mi era mancata quella ragazza!
- Che fai lì imbambolata? – mi chiese lui ironicamente.
- S-scendi tu. – gli risposi girandolo con le mani e dandogli una leggera spinta sulla schiena, per indirizzarlo verso la porta.
- Per fortuna non ti piaceva! Guardati: sei piena d'ansia fino al midollo! -
- Sta zitto! -

Appena uscì di casa mi risedetti sul letto, iniziando a torturarmi le mani. Mi resi conto che avevo un enorme bisogno di Gioia e delle sue lettere. Ero così impaziente di vedere di nuovo quella sua calligrafia ondeggiante che, con uno scatto, mi riposizionai davanti alla porta, in modo da poter prendere la lettera appena mio cugino sarebbe rientrato in casa.
Il mio stomaco iniziò a chiudersi: Davide ci stava mettendo tanto. "Anna, dai, sta solo parlando con suo padre!" continuavo a ripetermi. Ma avevo troppo bisogno di Gioia. Continuavo a guardare l'orologio e decisi che dopo cinque minuti lo avrei chiamato se non fosse ancora rientrato. Ma, per sua fortuna, il campanello della porta suonò. Io gli aprii entusiasta.
- Ti saluta tuo – provò a dirmi Davide, ma io gli strappai la lettera che aveva fra le mani e corsi in camera. Lui sussurrò un "ok" ridacchiando e mi seguì.
Ci sedemmo accanto e, prima di aprire la lettera, lessi il nome di Gioia sulla busta. Lo facevo sempre, solo per verificare che fosse davvero lei. Poi, con le unghie aprii la busta e presi un bel respirò. Dopodiché estrassi la lettera e iniziai a leggerla ad alta voce.

Hey Anna!
Come stai?

Mi fa davvero tanto piacere poterti scrivere di nuovo! Non hai idea di quanto tu sia riuscita a farmi stare bene scrivendo che per me ci sarai, sto piangendo da quasi un'ora! Forse è perché nessuno me lo aveva mai detto, per questo sono così onorata di poter parlare con te. Io sono sempre stata praticamente sola, non ho quasi mai avuto qualcuno con cui poter essere me stessa e basta. Anzi, a dir la verità, tutti mi hanno sempre paragonata a mia sorella Eva: io e lei in comune abbiamo solo il cognome e la madre. Lei è alta, bella, con il fisico slanciato, i capelli afro e la pelle scura, scurissima. Quanto la invidio! Io invece sono solo uno stupido incrocio tra una persona italiana ed una africana, un qualcosa di non delimitato. Mi sono sempre sentita così, mi hanno sempre fatta sentire così: sono stata cresciuta per essere uguale a mia sorella, perché non ero voluta, quindi nessuno aveva voglia di avere a che fare con una personalità diversa, neanche Eva stessa. Con il tempo ho iniziato a fare l'abitudine a tutti quei:" Sii un po' più come tua sorella!" oppure "Ma sei sicura di essere la sorella di Eva Costa?". Sennò c'erano anche i "Nah, ci stai solo prendendo in giro, tu non sei sua sorella!" e poi i cretini di turno che mi avvicinano solo per chiedermi il numero di Eva. Insomma, sono sempre stata messa a confronto con mia sorella, e non è una delle migliori esperienze che una persona possa provare, perché io non mi sono mai sentita un'entità a parte, ma sono sempre stata "la sorella di Eva".
Mi sono aperta con te perché mi hai fatta sentire a mio agio fin dalla prima lettera che mi hai scritto. Con te mi sento libera di essere semplicemente me, semplicemente Gioia. Senza bisogno di paragonarmi a chissà quale ramo della mia famiglia. Con te mi sento libera di essere me, non ho paura di essere giudicata.
Sappi che anche io per te ci sarò finchè tu vorrai, sappi che per me sei importante anche se ci conosciamo da pochissimo. Sentiti libera di essere te stessa Anna, perché sappi che non ti giudicherò mai.

Con amore,

Gioia.

Presi un bel respiro per recuperare l'aria usata mentre leggevo, e mi voltai verso Davide.
- Oh Gesù! – esclamò lui incredulo.
- Già ... Oh Gesù... - sospirai io. Lui mi guardò con uno sguardo interrogativo, probabilmente si stava chiedendo il motivo di quella mia reazione ad una lettera così bella.
- Non so Davide. E se non fossi abbastanza per lei? – in una frase riuscii a esprimere tutto quello che provavo, nota caratteristica degli scrittori.
- Sky, guardami. – intimò lui – Se lei ti ha scelta, se lei continua a scriverti, significa che da parte sua c'è un interesse a conoscerti meglio. -
- Beh, mi ha anche detto che sono importante per lei e che con me riesce ad aprirsi... - risposi elencando le note positive delle nostre "conversazioni".
- Sto ascoltando -
- Mi dice sempre che aspetta le mie lettere e mi ha raccontato un po' del suo passato. – continuai io sorridendo.
- E dovrebbe anche averti dipinto qualcosa, giusto? - Dio! Mi ero totalmente scordata della tela! Mi affrettai a prendere la busta della lettera che avevo lasciato di fianco a me. La aprii e, lentamente, estrassi il la fotografia. Sorrisi leggermente mentre ammiravo il contenuto: una nuvola al tramonto. Era come accarezzata da un rosa tenue, forse a causa di un tramonto. Era così piccola, sembrava fragile come una foglia in autunno.
Aveva davvero talento! Sembrava che avesse accarezzato la tela, invece di dipingerla! Non l'avevo mai vista fisicamente, ma potevo figurarmela mentre dipingevo. Mi immaginavo una ragazza mulatta, con una chioma folta che dipinge davanti ad un tramonto. Nella mia testa era così bella, e sotto sotto speravo di poterla vedere dal vivo prima o poi. Iniziai a sorridere come una deficiente, forse erano i primi sintomi da "Gioite", e non fui l'unica a rendermene conto.
- Che cos'è quel sorrisino? – chiese Davide stuzzicandomi.
- Niente – risposi abbassando lo sguardo verso il basso.
- Mh certo. – ridacchiò Davide – Non ti credi neanche tu! –
- Dai! Smettila! –
- No! – iniziò a farmi il solletico – Per fortuna che non ti piaceva! -
- Basta!! – ridacchiai.
- Bene! Allora la smetto! – rispose lui ridendo. Poi prese il suo cappotto.
- Dove stai andando? – chiesi raddrizzandomi a sedere sul mio letto.
- A casa! A studiare fisica! -
- Io dovrei studiare greco. -
- Ecco appunto! Quindi tu adesso le rispondi senza fare l'acida e poi studi greco! –
- Guarda che ho smesso di fare l'acida! –
- Bravissima! Ci vediamo! – concluse Davide chiudendosi la porta di casa alle spalle.
- Ciao Dav. – dissi io fra me e me.

Presi carta e penna e mi sedetti alla scrivania. Appena appoggiai la punta al foglio le parole iniziarono a uscire da sole, in totale autonomia. Una cosa del genere non mi era mai capitata. O forse, una volta era successa: quando scrissi una lettera d'amore a Nicole...


N/A: grazie mille per le 200 lettureeee!! Vi voglio bene <3

300 kmDove le storie prendono vita. Scoprilo ora