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Gioia
15/10/2018

Erano ormai passati cinque giorni da quando Eva e mia madre erano partite per il loro "viaggio di famiglia". Quando loro non c'erano io potevo finalmente essere un po' più libera: per prima cosa presi le lettere di Anna e le tolsi da quel buco nel terreno dove le nascondevo, perché mi faceva sentire in colpa rimpiattare l'unica persona che sembrava tenere a me sotto ad una mattonella. Poi, come da rito, scesi per casa e capovolsi tutte le "foto di famiglia" che erano sparse per le mensole, e più o meno erano:
- Eva;
- Eva;
- Eva;
- Eva;
- e ancora Eva;

Bella famiglia, eh?

Le lettere di Anna erano state posizionate in bella vista sulla mia scrivania, in modo da potermi ricordare di lei ogni volta che entravo in camera. Questo mi faceva sentire protetta: sentivo vicina la sua presenza, ed era come se nulla potesse ferirmi quando ero con lei. Tutta questa situazione era molto, molto curiosa: non avevo mai provato certe sensazioni così sicure per qualcuno! Ma non potevo farci proprio niente: Anna mi faceva stare bene! Per quel motivo mi alzai dal divano e afferrai una lettera della ragazza livornese e iniziai a leggerla più e più volte, fino a quando dentro di me iniziai a sentire un'energia così forte da poter impazzire! Decisi quindi di sfruttarla, per questo mi cambiai in fretta e furia e uscii di casa per farmi una corsa.
Una volta fuori, collegai le cuffie al telefono e feci partire una canzone a caso dai consigliati di Spotify. Non sapevo neanche che cosa stessi ascoltando, ma non mi importava: volevo solo scaricare tutta l'energia che avevo dentro in qualcosa di costruttivo.

Iniziai a pensare ad Anna, come al solito. Soprattutto, mi chiedevo se un giorno l'avrei vista dal vivo. Me la immaginavo molto bella, e basta. Non immaginavo il colore dei capelli o degli occhi; non immaginavo quanto fosse alta e come fosse fisicamente: vedevo solo una ragazza bellissima, con un grande cuore e una grande mente.
Quanto avrei voluto sentire la sua voce, o vedere il suo viso.
Volevo conoscere suo cugino, che sembrava importante per lei. Volevo vedere sua madre, e magari farle conoscere la mia. Insomma, quelle lettere iniziavano a starmi un po' strette: iniziavo a sentire il bisogno di conoscere Anna a 360°, e dovevo assolutamente trovare il modo di farlo.

Arrivai fino ad un parchetto, e mi sedetti su una panchina per riprendere fiato: avevo corso per quasi venti minuti di fila senza rendermene conto! Avevo i piedi doloranti e le gambe in fiamme: forse non era stata una buona idea mettersi a fantasticare su Anna mentre correvo.
Ancora con il fiatone, appoggiai le braccia alle ginocchia e tentai di riprendere fiato inutilmente, poi iniziai a guardarmi intorno per vedere se da qualche parte ci fosse stata una fontanella per bere. Mi alzai e sussurrai tra me e me: "Ho bisogno di..."
- ... un po' d'acqua? – rispose qualcuno che evidentemente era stato dietro di me tutti il tempo. Riconobbi la voce.
No! Non adesso! Non di nuovo!
- Santiago! Che ci fai qui? – risposi fingendo di essere felice di vederlo.
- Mah niente, passeggiavo... -
- ... ok. -
Feci per andarmene, ma il ragazzo spagnolo mi bloccò di nuovo toccandomi la spalla. Io mi voltai e lui mi allungò una bottiglietta d'acqua. Non l'avrei presa, ma in quel momento ne avevo veramente bisogno. Afferai la bottiglia e ne bevvi quasi tutto il contenuto!
- Avevi sete eh! -
- Come puoi vedere... - risposi stizzita.
Lui si accorse che non avevo più voglia di stare a parlarci, e quindi si riprese la bottiglia con un'espressione triste.
- Beh, ti riporto a casa? -
Mi mise un po' in difficoltà: non avevo le forze per tornare a piedi, ma neanche volevo montare sul suo motorino rosso. Malgrado ciò, stavo per accettare quando mi sfrecciò davanti la macchina dei postini, e Anna dominò di nuovo la mia mente. Di colpo capii che là dentro poteva esserci la sua lettera, quindi mi caricai di nuovo di energia, abbastanza per tornare a piedi!
- Sai cosa? Io torno a corsa! Ci vediamo a scuola! – risposi io tutta sorridente mentre feci per andarmene. Senza aspettare una risposta da parte sua, iniziai a correre di nuovo, stavolta più veloce. Riuscii a raggiungere l'automobile del postino e, grazie a Dio, si fermò per colpa di una coda lunghissima! Sfruttai la situazione per rallentare un pochino, e riuscii a stare dietro al postino!

Assurdo come una semplice persona possa cambiarti totalmente la vita: stavo correndo ad una velocità disumana solo per raggiungere un'auto dove poteva esserci la lettera di una ragazza che non avevo mai visto! Stava cambiando tutto, ma a me piaceva: Anna era la sola persona per cui resistevo a tutto quello che passavo giornalmente in casa Costa, e non le sarò mai abbastanza grata per questo!

Arrivai al portone stremata: riuscii ad aprire per combinazione e mi appoggiai inerme all'ascensore: credevo di svenire!

Il postino continuava a non arrivare, e avevo davvero paura di aver fatto tutta quella fatica per niente. I minuti passavano ed io continuavo a restare lì ferma come un'ebete, appoggiata all'ascensore, aspettando un'automobile che forse non sarebbe mai arrivata. Stavo proprio per andarmene quando sentii una voce maschile imprecare contro la coda che si era fermata poco tempo prima. La speranza si impossessò di me e, tutta sorridente, mi voltai e iniziai a fissare quel povero postino.
- Ci rincontriamo eh! – mi disse lui, vedendo di nuovo la stessa ragazza ansiosa che aspettava la stessa lettera.
Io gli sorrisi riprendendo fiato, stavolta dall'ansia che avevo addosso.
- Comunque... credo proprio di avere una cosa per te! -
Mi si illuminarono gli occhi: Anna!
Il postino mi diede in mano una piccola busta bianca. La girai subito e lessi il suo nome, scritto con la sua calligrafia. Non aspettavo altro! Avevo davvero tanto bisogno di lei!
- G-Grazie mille! – urlacchiai io.
Lui mi sorrise e finì il suo lavoro, mentre io entravo frettolosamente in ascensore.
Ancora sudata, iniziai a sorridere davanti alla lettera della mia nuova amica livornese, e non vedevo davvero l'ora di leggerla!

Arrivai dentro casa alla velocità della luce e, senza neanche togliermi le scarpe, mi acciambellai sul divano e aprii il contenuto della busta.

...

Lessi la lettera di Anna in un colpo solo, ed era stata così carina! Mi aveva detto che si era quasi commossa quando le avevo detto quanto era importante per me; e invece quella che si era commossa ero stata io quando mi aveva promesso che prima o poi mi avrebbe tirata fuori dalla mia situazione familiare quasi oscena. Mi appoggiai la lettera al cuore, e fu come se Anna mi stesse abbracciando. Era così bello, sembrava quasi travolgermi... immaginavo così il suo abbraccio.

Presi delicatamente la busta per rimettere apposto la lettera, ma notai che c'era ancora qualcosa che non avevo visto. Tutto d'un tratto mi venne a mente che le avevo chiesto di inviarmi uno dei suoi scritti, beh, a quanto pare lo aveva fatto! Mi immaginavo qualcosa di enormemente profondo, quindi mi misi comoda e iniziai a leggere.

umano

/u·mà·no/

aggettivo

Proprio dell'uomo, in quanto rappresentante della specie, dal punto di vista biologico


Fin dai tempi dei Sumeri, ogni singola civiltà ha creato una solida piramide sociale, con un grado più alto e un grado più basso.
Poi sono arrivati gli egizi, con la loro visione dei faraoni perfetti.
Dopo ancora, i romani, con i loro Re, con i loro Imperatori.
E poi, il Medioevo, dove il 50% delle donne erano streghe e i reali facevano il bello e il cattivo tempo.
Fine del Medioevo.
Età Moderna.
Ancora sulla convinzione della superiorità dell'umano di sesso maschile, ancora sulla fossilizzazione che le donne non possano studiare né tantomeno lavorare.
Per molti secoli, è andata bene a tutti. Ma adesso, nel 2018, davvero nessuno si è ancora reso conto che siamo tutti uguali? Tutti accumunati dal solo fatto di essere umani.
Con questa affermazione, potrebbe crollare da un momento all'altro la superiorità dei governi, l'autorità imposta dagli adulti... ecco perché non si mette in atto: perché fa paura.
Ma la verità ha sempre fatto paura. Perché è quasi spaventoso pensare ad una famiglia dove ogni persona ha gli stessi diritti e gli stessi doveri.
Ma non è un ragionamento così assurdo, se ben ci pensate. Perché, se andiamo a guardarci dentro, scopriremo che siamo tutti praticamente identici: tutti con lo stesso cuore, tutti con lo stesso sistema nervoso, tutti con gli stessi vasi sanguigni e con gli stessi neuroni. Abbiamo quasi tutti un corpo umano che funziona allo stesso modo, quindi, esattamente, che cosa vi dà il consenso di essere superiori a me?

Come sempre, rimasi a bocca aperta. Non riuscivo neanche a commentare un ragionamento così profondo, così maturo. Quella ragazza mi sorprendeva ogni giorno di più, e farmi sorprendere era l'unica cosa che volevo.

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