Capitolo 2

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Sono sorpresa, ma più che stupita, sono sconvolta: che ci fa un ragazzo svenuto nel cortile di questo istituto? Un ragazzo che per di più non avevo mai visto, eppure io qui conosco tutti anche se la maggior parte solo di vista. Chi è? E cosa ci fa qui, per di più privo di sensi? Questi sono gli interrogativi che adesso mi frullano in testa. Sono più che certa che sia solo svenuto, perché ha il respiro regolare.

Quando finalmente esco da questo stato di trance, vedo in lontananza George, il giardiniere che conosco meglio dei miei compagni, è un tipo apposto che si fa sempre gli affari suoi e questo fatto mi è sempre piaciuto; non è mai stato un pettegolo, pertanto ciò che gli confido, non è mai stato divulgato. Oltre a essere bravo a mantenere i segreti, è anche un'ottima compagnia.

"George! George!" Urlo.

Subito si gira nella mia direzione e appena nota accanto a me il corpo del ragazzo che giace inerte per terra, comincia a correre.

"Che gli è successo?"

Il giardiniere lo osserva meglio e poi con espressione interrogativa chiede:

"Chi è?"

Anche lui conosce anche se di vista tutti gli studenti del collegio; grazie alla sua domanda ho avuto la conferma che questo ragazzo non è uno studente della scuola, anche se potrebbe sbagliarsi, è comunque abbastanza anziano, per essere sicura al cento per cento devo rivolgermi al preside.

"Non lo so. Mi sono imbattuta in lui per puro caso. Adesso però è meglio portarlo nell'ufficio del direttore. Aiutami." Dico, mentre cerco di sollevare il ragazzo.

"Certo." Si affretta subito.

George lo carica sulle spalle e io lo guido in direzione dell'ufficio del preside. Entriamo senza bussare, in situazioni del genere non c'è tempo per le buone maniere; il giardiniere appena vede una poltrona, posa il corpo del ragazzo su di essa, il tutto sotto lo sguardo sorpreso del direttore, dopo di che congedo il giardiniere.

"Adesso puoi andare George. Spiego io al preside la situazione."

"Luna cosa sta succedendo?" Chiede il direttore, appena il giardiniere varca la soglia della porta.

"Edgar, conosci questo ragazzo?"

Mi rivolgo a lui per nome, poiché è stato sempre come la figura paterna che non ho mai avuto, è stato lui ad accudirmi, ma non sono mai riuscita a chiamarlo padre, perché ero consapevole del fatto che non lo fosse, però quando non siamo in presenza di nessuno pretende che lo chiami almeno per nome e gli dia del tu, questo gliel'ho concesso.

Edgar è un uomo abbastanza anziano e corpulento, un tipo decisamente bassotto, infatti io lo supero almeno di dieci centimetri; ha una testa con un'enorme chiazza calva al centro e i pochi capelli ai lato sono per lo più grigi e sul viso sono presenti molte rughe che gli conferiscono un'aria di severità.

Lui lo osserva per un pò per poi scuotere la testa e dire:

"No, non è un alunno di questo istituto."

Questa è la conferma definitiva alla mia ipotesi.

"Io mi sono imbattuta in lui, mentre passeggiavo nel cortile del collegio. Credo sia svenuto, poiché respira ancora."

E rivolgo lo sguardo al ragazzo accasciato sulla poltrona, il cui petto anche se di poco si abbassa e si alza.

"Sicura che non sei stata tu a fargli qualcosa, perché ti infastidiva?"

Questa sua supposizione mi fa montare la rabbia che sento incendiarsi dentro di me.

"Certo che no! Per quanto odi questa massa di sciocchi umani, non ho mai alzato un solo dito su di loro, finché non me ne hanno dato motivo e poi non lo conosco nemmeno!"

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