Capitolo IV.

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Mi svegliai e tutto quello che sentì fu un forte mal di testa che mi stava uccidendo. Cominciai a grugnire come un maiale. Quando rotolai verso il bordo del materasso trovai una grossa montagna che non mi faceva passare. Aprì un occhio per controllare e gli sgranai vedendo quello che avevo di fronte. Che diamine ci fa Steve Adams nel mio letto? Una forte voglia di vomitare si fece spazio nella bocca dello stomaco. Con movimenti lenti, per non svegliare il bestione, mi misi in piedi sopra il letto e scavalcai la grossa montagna. Quando i miei piedi toccarono il pavimento ghiacciato corsi in bagno e cacciai tutto quello che avevo in corpo.
«Che Dio maledica la Vodka alla pesca.» Borbottai. Tirai lo sciacquano e poi mi lavai i denti. Dopo aver preso un'aspirina andai di nuovo vicino al letto. Ero pronta per morire. Avrei dovuto studiare Fisica Quantistica e avrei dovuto fare un disegno per arte. Con gli occhi arrossati e il mal di testa ancora presente guardai Steve che dormiva come un angioletto. I capelli tutti scompigliati, le braccia abbandonate sul letto e il corpo perfetto che era raggomitolato fra le coperte. Quello che mi sbalordì di più fu il viso, che da sveglio sembrava aver attraversato guerre e carestie, era di una dolcezza pura, quasi come se lui non avesse mai varcato la soglia della sua stanza.
«Ma che ti sei rincretinita? Stai facendo pure poesie sul playboy del college.» Sussurrai a me stessa. Ecco, stavo pure parlando da sola!
Lasciai stare la scimmia e andai verso l'armadio. Sarei dovuta andare a prendere un bel pranzo perché ero certa che sarei stata tutta la giornata dentro la stanza a studiare e a disegnare. Presi dei pantaloni sportivi grigi con sfumature nere, una maglietta a maniche corte con scritto "Non conquisterò il mondo, ma ucciderò tutti" e poi la felpa grigia rivestita all'interno con la lana. Chiusi la cerniera della felpa, misi il cappuccio, mi misi le scarpe da ginnastica e presi il portafoglio e le chiavi della stanza. Quando misi piede fuori dalla stanza mi ricordai di aver dimenticato qualcosa. Ritornai indietro, entrai in bagno presi un'aspirina dal mobiletto, andai a prendere un bicchiere di plastica nella scrivania e ci versai dell'acqua. Misi l'aspirina e il bicchiere con dentro l'acqua nel comodino vicino alla faccia di Steve che continuava a dormire beato. Lo guardai per un minuto intero, poi dandomi un ceffone nella guancia andai verso la porta e uscì. Nel corridoio era pieno di ragazzi addormentati, quando riconobbi Bradley e Jennifer alzai gli occhi al cielo. Mi inchinai e cominciai a scuoterli. Jennifer non si svegliò, ma Bradley aprì i suoi occhi e quando mi vide fece una smorfia.
«Si, lo so! Sono ritornata a essere il brutto anatroccolo.» Sussurrai cercando di non fargli peggiorare il mal di testa. Sorrise assonnato.
«Sei bellissima, ma ieri ho bevuto così tanti bicchieri di alcol che se vedo la luce brucio.» Ridacchiai.
«Volete che vi aiuti? Magari vi porto qualcosa e vi reggete a me per alzarvi.» Gli guardai prepccupata, io ero messa male, ma loro erano due zombie.
«No, tranquilla. Sveglio Jennifer e poi l'accompagno in camera, credo che le rovescerò una secchiata d'acqua in testa.» Si alzò barcollando e si appoggiò al muro.
«Se avete bisogno di qualcosa chiamatemi, tanto devo andare al supermarket.» Abbracciai Bradley che ridacchiò, «Sembra un pollo.» Guardai Jen che era svenuta sul tappeto del corridoio con le calze nere bucate, il vestito malandato e i capelli tutti scarmigliati. «É diventata una tigre! Arg!» Lo abbracciai di nuovo e poi mi avviai verso l'uscita dell'edificio. Arrivata al supermarket andai dritta verso le bevande con caffeina. Ne presi due di diversa marca e poi andai verso il balcone dove c'erano i piatti già pronti, sorrisi alla signora dietro esso e presi delle patatine fritte, un pollo e della verdura. Quando ebbi pagato tutto presi le buste della spesa e mi avviai di nuovo verso il dormitorio.
Arrivata davanti alla porta della mia stanza appoggiai le buste sul tappeto rosso sporco e presi la chiave dalla tasca di dietro dei pantaloni da ginnastica. Entrai dentro e trovai il letto vuoto e la porta del bagno chiusa. Presi le buste e le portai sulla scrivania, guardai l'orario dalla sveglia. 11:26 am.
Presi il libro di Fisica e l'album da disegno con tutte le matite e le gomme particolari. Avrei dovuto disegnare, o interpretare, quello che sentivo e poi avrei dovuto studiare la teoria della creazione dell'universo per i nuovi scenziati. Sistemai i libri e gli accessori per arte sul letto e mi buttai sopra di esso. L'odore di Steve era impresso nelle coperte e dovetti mettere sotto il naso la manica della mia felpa perché altrimenti sarei svenuta da un momento all'altro. Guardai il libro e quasi caddi nella depressione. Per carità, sempre meglio dei problemi che ci dava il professore di matematica con quelle formule strana! Ma tutte quelle pagine da studiare erano decisamente troppe. Quando sentì la porta del bagno aprirsi alzai lo sguardo dal libro. Mai l'avessi fatto. Mi coprì gli occhi dopo aver adocchiato i muscoli della pancia di Steve. Adesso capivo come venivano attratte le galline che restavano attaccate a lui. Era peggio di Chris Hemsworth quando interpreta Thor!
«Mettiti qualcosa!» Urlai con una voce così sottile che avrebbe spaccato i vetri della finestra.
«Perché? Si sta così bene!» Sapevo che stava sorridendo come uno stupido.
«Ci sono meno di zero gradi qui e tu stai bene?» Coprì gli occhi con tutte e due le mani e le tenni schiacciate con forza alla faccia per non vedere quel corpo divino.
«Beh, io sono dell'Alaska!» Si vantò.
«E io sono del Canada.» Dissi seria. «Quindi per favore entra dentro dei pantaloni e mettiti una maglietta.» Dissi. Restai immobile con le mani sopra gli occhi. Sentì un cinto toccare il pavimento e sorrisi. Era carino quando non protestava.
«Fatto?» Chiedi.
«Fatto.» La sua voce era calma, roca e bella. Era davvero bella, faceva venire i brividi. Era come la voce delle rock star, piene di casini ma che se le senti ti portano in paradiso. Tolsi le mani dalla faccia e sorrisi. Erano gli stessi jeans di ieri con la felpa.
«Buongiorno.» Disse mettendosi le mani in tasca.
«Per caso ti ricordi qualcosa di ieri?» Chiesi guardandolo.
Si gratto la nuca e mi guardò, «Te lo stavo per chiedere io, mi ricordo solo di te che cadevi dalla sedia del bar della confraternita.» Ammise guardandomi.
Sospirai, non si ricordava di tutte le cose che avevo detto! Mi feci il segno della croce mentalmente.
«Non dovrò più bere! E non dovrò più andare a delle feste!» Mi misi gli occhiali e accavallai le gambe. Lessi due righe della prima pagina da studiare ma venni distratta da Steve che continuava a stare in piedi.
«Se vuoi sederti o sdraiarti puoi, basta che non ti metti a parlare.» Gli feci cenno di sedersi nel lettone matrimoniale. Quando si sdraiò sul letto si girò verso di me e mi guardò per una buona mezzoretta, poi si addormentò di nuovo. Quando ebbi finito di Fisica Quantistica girai la testa verso Il biondino, sorrisi e allungai la mano verso la sua guancia, ma quando arrivai a fui a pochi millimetri dalla sua pelle mi ritrassi e scossi la testa.
Nella testa c'era sempre la stessa frase: ti distruggerà. Presi l'album da disegno scossa e piena di malinconia. Lo aprì e con la matita più chiara cominciai a disegnare una ragazza di spalle con delle ali minuscole che spuntavano dalle scapole. Una mano della ragazza era rivolta verso l'alto, disegnai sopra di essa il sole e una figura minuscola con delle ali. Cancellai il sole e la figura minuscola. Presi una matita più scura e disegnai una figura più vicina che tendeva la mano alla ragazza con un pugnale nell'altra. Presi i colori e cominciai a colorare i capelli mossi della ragazza, la veste bianca stracciata dalle piccole ali di un colore screma. La pelle della ragazza la feci chiara. Poi colorai l'altro angelo. Capelli di un biondo mischiato al marroncino, occhi per metà scuri e per metà chiari come il vetro. Le ali nere erano delineate da una luce grigia e i vestiti dell'angelo erano tutti sporchi e insanghinati. La pelle la feci di un colore grigiastro. Il braccio che impugnava il pugnale era un po' rotto, come una bambola di porcellana caduta. Guardai il disegno sbalordita. Ecco cosa fa la mente umana.
Guardai l'orologio che segnava le due del pomeriggio. Misi a posto tutto e presi la vaschetta piena di roba da mangiare. Presi due forchette e quando mi sedetti di nuovo sul letto appoggiai la mano sulla spalla di Steve, lo scossi e lui si svegliò di colpo spaventato. Sorrisi e gli feci notare tutto il cibo che c'era dentro la vaschetta.
«Mi sono addormentato di nuovo?» Chiede alzando le braccia muscolose sopra la testa e sbadigliando.
«Oh si. Hai pure russato!» Bugia. Sembrava morto, faceva quasi paura.
«Che bugiarda! Io non russo, puoi chiederlo anche a Bradley e tutte le ragazze che conosco!» Disse Steve.
«Loro sono dei bugiardi, e comunque Bradley non dice niente perché é troppo buono.» Infilzai delle patatine fritte con un pezzo di pollo e infilai il cibo in bocca.
«Mi arrendo, tanto con te non fa a parlare.» Prese la forchetta che gli porsi e mangiò insieme a me.
Quando finì di mangiare applaudì. «Pensavo fossi stupido. Adesso hai l'1% di intelligenza, continua così!»
Mi guardò male e continuò a mangiare. Quando la vaschetta fu vuota mi toccai la pancia. «Sono diventata Homer Simpson in meno di quindici minuti.»
Steve guardò l'orologio e sgranò i suoi occhioni verdi. «Oh-oh.» Lo guardai e corrugai la pelle tra le due sopracciglia. Si alzò in fretta e corse verso la porta, poi tornò indietro e mi diede un colpetto con la mano sulla guancia.
«Grazie per avermi ospitato e grazie per il pranzo.»
Quando stavo per aprir bocca lui era già sparito fuori dalla porta. Lo sbattere di essa mi risvegliò e chiusi ed aprì gli occhi per un paio di volte. Dove cavolo doveva andare? Avrei voluto mascherarmi dall'agente 007 solo per spiarlo. Sospirai e mi alzai prendendo tutta la spazzatura che c'era nel letto, la misi in una busta e mettendomi le ciabatte e prendendo il cellulare e le chiavi uscì e buttai tutto nel bidone della spazzatura che avevo davanti. Ritornai dentro la stanza e collegando la cassa con il telefono misi i Pink Floyd. "Wish you were here" rimbombava nelle pareti della stanza. Feci una piroetta e guardai il soffitto bianco. Il suono della chitarra mi rilassò.

"So, so you think you can tell Heaven from Hell,
blue skies from pain.
Can you tell a green field from a cold steel rail? A smile from a veil?
Do you think you can tell?"

Allora, pensi di saper distinguere
il paradiso dall'inferno?
I cieli azzurri dal dolore?
Sai distinguere un campo verde
da una fredda rotaia d'acciaio?
Un sorriso da un pretesto?
Pensi di saperli distinguere?

"And did they get you trade your heroes for ghosts?
Hot ashes for trees? Hot air for a cool breeze?
Cold comfort for change? And did you exchange
a walk on part in the war for a lead role in a cage?"

Ti hanno portato a barattare i tuoi eroi per dei fantasmi?
Ceneri calde con gli alberi?
Aria calda con brezza fresca?
Un freddo benessere con un cambiamento?
e hai scambiato un ruolo di comparsa nella guerra
con il ruolo da protagonista in una gabbia?

"How I wish, how I wish you were here.
We're just two lost souls swimming in a fish bowl,
year after year,
running over the same old ground. What have we found?
The same old fears,
wish you were here."

Come vorrei, come vorrei che fossi qui
Siamo solo due anime sperdute
Che nuotano in una boccia di pesci
Anno dopo anno
Corriamo sullo stesso vecchio terreno
E cosa abbiamo trovato?
Le solite vecchie paure
Vorrei che fossi qui.

Caddi nel letto stanca morta, anche se no avevo fatto niente di faticoso. Guardai il soffitto pieno di crepe. Sentì un profumo famigliare e sorrisi. Steve. Sentì un vuoto nella pancia, come se mi mancasse qualcosa, come se mi mancasse qualcuno. E sapevo pure chi mi mancava.

Hello, I'm queen of disaster! (COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora