L'esibizione era da poco finita e, scendendo le scale per le quinte a passo svelto, sospirai per l'ennesima volta. Un corpetto color panna con un piccolo orlo a balze argentato che mi arrivava a malapena all'inguine "copriva" il mio corpo magro e slanciato. Gli autoreggenti, le calze a rete e i vertiginosi tacchi a spillo erano il tocco di grazia al solito completo non proprio sobrio della serata. Quei volti divertiti e perversi erano il mio incubo ormai.
Non ho mai veramente capito come Bartholomew, il marito di Maya, si sia trovato in questa situazione. Ma secondo quanto sappiamo noi ragazzi dell'orfanotrofio Noire, se non avessero trovato una soluzione a quella enormità di debiti da riscattare, più di un centinaio di bambini e ragazzi si sarebbero trovati in mezzo alla strada.
Ci fu un incendio, circa una ventina di anni fa, che provocò la caduta di tutta l'ala occidentale dell'orfanotrofio. Per fortuna accadde durante l'orario scolastico, per cui la gran parte dei bambini si trovava nell'area opposta e fu più semplice evacuare l'edificio.
I pompieri arrivarono quando ormai l'incendio aveva raso al suolo metà dell'orfanotrofio. Ovviamente per rimediare ai danni furono istituite numerosissime campagne di beneficenza. Maya e Bart confidavano nella fama del Noire, che operava da centinaia di anni e nel buonsenso delle classi più alte, che con un solo schiocco di dita avrebbero potuto risolvere ogni loro problema. Ma, le cose non andarono come avevano tanto sperato. Le donazioni arrivavano a rilento e in piccolissime cifre, nonostante il duro lavoro. Così i coniugi cominciavano a rassegnarsi alla dura realtà, fin quando Abner Vanderbilt, maggiore esponente di una delle più importanti famiglie inglesi, pagò le migliori ditte per poter riportare l'orfanotrofio come prima. Ma contrariamente a quello che Maya e Bartholomew pensavano, non si trattava di alcuna donazione, bensì di un debito. Milioni e milioni di sterline. Come avrebbero potuto provvedere a più di cento bambini e al contempo cercare di saldare un debito così grande?
Le nostre conoscenze più o meno certe si fermano qui. Abbiamo ipotizzato che Bartholomew abbia cercato in tutti i modi di trovare un metodo meno drastico per procurarsi i soldi, senza avere successo... Non ci sono altre spiegazioni... Maya non avrebbe mai permesso che ci fosse fatto questo a tutte noi... Metterci qui, manco fossimo delle puttane, davanti a così tanti uomini... ma non penso che sapremo mai la verità e che mai nessuno riuscirà a parlare con l'effettivo proprietario di questo orfanotrofio, Bartholomew, chiuso da anni nei suoi appartamenti.
Talvolta mi sento crudele nei confronti di Maya, ma non è di certo questo il modo migliore di portare avanti un orfanotrofio.
Degli spettacoli riservati alla nobiltà maschile, è tutto così raccapricciante.
Non posso fare a meno di aspettare con ansia i miei 18 anni, per essere assegnata come cameriera o bambinaia a qualche famiglia di alto rango e lasciare finalmente questo lavoro malato.
Anche se, ad essere sincera, il pensiero di cominciare a vedere sempre più raramente Levi mi stringe il cuore.
"Leila, aspetta!"
Mi voltai in direzione della voce e
trovai la figura minuta di Melissa che correva nella mia direzione.
"La direttrice ha bisogno di parlarti urgentemente nel suo ufficio.... Ti conviene correre, l'ho vista particolarmente agitata."
"Vado subito Mel, prenditi un paio di secondi per riprendere fiato okay?"
Sorrisi dolcemente alla mia piccola amica e feci dietrofront in direzione dell'ufficio della direttrice. Mentre attraversavo quei stretti corridoi colmi di scatoloni e vari oggetti di scena, cercando di non inciampare in mezzo ai cavi multicolore, sentivo l'ansia accrescere in me sempre di più. In quasi diciotto anni passati in questo orfanotrofio non mi era mai capitato di essere convocata nell'ufficio della direttrice. E giuro di non aver fatto niente! A parte le visite notturne a Maelle...
"Ah, eccoti qui Leila. Ti stavamo aspettando."
A quel "stavamo" il mio sguardo si spostò su un uomo sulla ventina seduto elegantemente di fronte alla scrivania di Maya.
Aveva grandi occhi grigi che mi squadravano maliziosi, capelli di un nero brillante e una pelle lievemente abbronzata. Il sorriso bianchissimo era rivolto nella mia direzione e con la curata mano destra si accarezzava la lieve barbetta che gli cresceva sulla mascella scolpita. Al polso un orologio di nobile fattura e l'elegante vestito nero metteva in evidenza il suo fisico scolpito.
Era l'uomo più bello che io avessi mai visto e trasudava ricchezza da tutti i pori.
Non sapevo se correre a gambe levate o gettarmi ai suoi piedi.
"Su cara, siediti."
Ubbidii e mi sedetti sull'antica sedia in ebano accanto all'uomo, simile a quella presente anche nella mia stanza.
Ero talmente in imbarazzo nei miei così appariscenti vestiti di scena che non potevo fare a meno di fissare il pavimento paonazza.
"Ascolta Leila, ti ho convocata con così poco preavviso per parlarti-"
"Signora Noire, lasci continuare me, per favore"
La voce calda e roca di quell'uomo non fece altro che farmi sentire ancora più fuori posto. Non riuscivo a muovere un muscolo.
"La prego, bellissima Leila, mi permetta di avere il suo sguardo su di me."
L'uomo mi prese delicatamente il mento e alzò il mio viso in modo che potessi incrociare il suo sguardo.
"Che occhi meravigliosi... Così limpidi, puri..."
Il suo viso era sempre più vicino al mio e in pochi secondi accadde l'impensabile.
Le sue labbra si posarono delicatamente sulle mie, come se fosse il gesto più naturale e consueto possibile.
"Si-signore... Penso la stiate un po'... Confondendo..." corse in mio aiuto Maya, confusa e indecisa sul da farsi quasi quanto me.
Al che l'uomo, raddrizzando la propria postura, cominciò a presentarsi con tono fiero e l'aria di chi non aspettava altro.
"Oh, certo, perdonatemi... Mi chiamo Alec Vanderbilt, erede legittimo della più grande azienda presente in tutta Inghilterra, la Vanderbilt Corporation, nonchè" il suo sguardo ancora più intenso e divertito mi avvolge fino a soffocarmi "vostro futuro marito."
"C-cosa?!"
"Vedi cara, a quanto pare durante lo spettacolo di sta sera hai catturato la sua attenzione..."
Non importava quante volte la scacciassi, Alec continuava a poggiare la sua mano sulla mia coscia. Tutta questa sfrontatezza stava cominciando ad urtarmi i nervi.
"Non è una ragione valida a volermi come moglie..."
Il suo sguardo si fece subito freddo e distaccato e con voce quasi meccanica mi rispose:"Le mie ragioni non sono affar tuo, piuttosto dovresti pensare alle tue, di ragioni. Come ho appena detto
alla signora qui presente, se diventerai mia moglie sarò disposto ad annullare il debito che questo orfanotrofio ha con la mia famiglia. Ma, se lei dovesse rifiutare... Potrei metterci qualche interesse qua e là, giusto qualche milione, niente di che."
Rabbrividii. Quale persona così infima può mettere un simile ricatto sotto un matrimonio?
"Quindi, mia cara signorina, le conviene regolare il tono che ha nei miei confronti. Siete nelle nostre mani, vero, Signora Noire?"
Maya chinò il capo, visibilmente affranta e io la guardai confusa. Cosa voleva dire tutto questo?
"Bene, si è fatto tardi. Le darò fino al suo 18esimo compleanno per pensarci. Quel giorno sarò qui solo ed unicamente per la sua risposta. Dipende tutto da lei, mia dolce mogliettina."
E con un saluto teatrale scomparve dalla stanza.
Guardai Maya sconvolta, non potevo credere a quello che avevo appena sentito.
"Leila, lo so..."
Misi la testa fra le mani, rinchiudendomi in me stessa.
Sentivo la mia stessa impotenza logorarmi sempre più velocemente.
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"Dear Maelle,"
Romance"Mi mancano i tuoi sorrisi tristi, Maelle. Così tanto che mi si stringe il cuore al pensiero di cosa farei per poterli vedere di nuovo. Mi mancheranno sempre, Maelle, sempre." La storia non include coppie omosessuali(o almeno per ora), come si può f...