Gestire la rabbia.

120 14 3
                                    


Rientriamo a Baker Street. Scendo dall'auto, mormoro ad Albert un saluto tirato, sono troppo abbattuto per come mi sono comportato, mi aggiusto la giacca mentre aspetto Anthea, mi sento la guancia in fiamme, insiste per accompagnarmi fino di sopra.

Quando apro la porta John ci scruta entrambi severo, mi dirigo verso la cucina per bere un po' di acqua e mi rivolgo a Watson.

"Rosie dov'è?" Sono preoccupato che mi veda così.

"È da una sua amichetta per fortuna! Visto la faccia che avete entrambi." Mi viene vicino. "E quello, come te lo sei fatto?" Mi prende il volto fra le mani e mi guarda l'ematoma che mi ha lasciato Serge.

Si volta verso Anthea. "Ma cosa è successo? Non doveva andare tutto liscio?" 

Appoggio il bicchiere consapevole che si arrabbieranno tutti.

Lei è irritata, ferma sulla porta della cucina con le braccia conserte. "Sì, se non avesse perso la testa e attaccato Serge, rimediando un bel manrovescio." John prende del ghiaccio secco e me lo porta. "Mettilo sulla guancia, razza di stupido."

Sbuffo, non fanno altro che insultarmi. 

"Finitela di offendermi, me l'avete detto diverse volte che sono stupido." Hanno ragione, prendo il ghiaccio e lo tengo sul viso. Serge ha le mani pesanti e mi ha lasciato il segno li evito e vado a sedermi sulla poltrona.

Anthea guarda John e parte con una domanda secca.

 "Com'è che l'ho lasciato sereno e ha perso le staffe? Watson è successo qualcosa? Perché lui non vuole dire niente." Mi indica con la mano, mentre cerco di stare tranquillo, ma serve a poco.

Lui tentenna, perché è coinvolto Sherlock, lo riprendo per non metterlo in imbarazzo.

"Taci John, se lo viene a sapere papà le cose peggioreranno, non voglio mettermi tra loro." 

 Ci pensa un po', sa che non ho preso bene la discussione con lo zio e le dice la verità, mentre lo guardo feroce.

Anthea ascolta attenta e annuisce, si fa un'idea del perché ho perso la testa. 

"John, lasciamo stare, meglio che per adesso Mycroft non sappia nulla. So come fare per smorzare l'irruenza di Sherrinford che ha preso una brutta piega." Mi si avvicina, ma è addolcita,  ha compreso la mia stupidaggine le chiedo scusa a modo mio. 

"Ero arrabbiato e me la sono presa con Serge, perdonami." Mi accarezza il braccio e annuisce.

 "Va bene, ma sta arrivando tuo padre e non gli diremo nulla. Non sarà piacevole, ma sopporterai per il suo bene."

Sollevo la testa, che ha preso a farmi male, so che devo stare zitto per il bene di tutti. 

"Ho sbagliato e adesso pago, imparerò." Lei si rivolge a John che è rimasto in cucina. 

"Watson, per ora lascia perdere, mi occupo io di lui."

Ma stavolta è arrabbiato e non riesce a zittirsi, finisce per redarguirmi. "Sherlock ti ha chiesto scusa Sherrinford e anche tu ci sei andato giù pesante."

"Lo so, non ho scuse." Non dico null'altro, me ne resto imbronciato sulla poltrona con il ghiaccio e la testa che mi scoppia. C'è una specie di tregua, Anthea si perde a fissare il cellulare e John traffica in cucina.

 Mycroft arriva salendo le scale di corsa e quasi butta giù la porta, sembra sul punto di scoppiare, fatica a trattenere la rabbia.

Fissa Anthea, poi John e io per ultimo, si avvicina irritato e preoccupato, due stati d'animo che non riesce a gestire.

"Ma cosa ti passa per quella testa? Cerchi di farti ammazzare da Serge? Ho visto le telecamere. Sherrinford sei stato un idiota, sei completamente inaffidabile. Nessuno lavorerebbe con una persona immatura come te."

Le parole di papà sono come frustate, non alzo nemmeno lo sguardo. Rimango impassibile mentre sfoga tutta la sua rabbia e anche la sua paura, mi vede avvilito e si rivolge ad Anthea.

"Tu non hai niente da dirmi? Lo dovevi sorvegliare e se non era pronto si poteva aspettare." È arrabbiato così tanto che ha lasciato il suo ombrello in auto, il cappotto è slacciato, la cravatta allentata.

"Mycroft, è stato un colpo di testa imprevedibile, penso che dobbiamo adattarci che lui sia così." Anthea lo sibila dolce, perché sa quello che nascondo. Papà si volta di nuovo verso di me, la voce ora sembra più distesa.

"E tu non dici nulla? Sherrinford, almeno avessi la compiacenza di rispondere."

"Ho sbagliato. Non ho scuse." Mi esce una frase smorzata.

Tanto basta perché la rabbia gli sfumi via. Rotea gli occhi al soffitto, sospira, mette le mani in tasca e si avvicina. Si lascia cadere nella poltrona.

"A parte il calcio che gli hai affibbiato senza motivo, la sua reazione ora la senti tutta sul tuo viso. Ne valeva la pena, figliolo?"

Si ferma a guardarmi, mi scosta la mano che regge il ghiaccio e vede il ricordo che mi ha lasciato Serge.

 "Sherrinford!" Esclama allibito per quel segno sul volto. " La prossima volta pensaci prima di fare una cosa avventata."

Sono talmente abbattuto che non so cosa dire e non voglio che sappia della discussione con lo zio. E forse percependo il momento difficile che sto passando, si fa più dolce. "Come stai? Hai bisogno di qualcosa?"

La mano si posa sulla mia gamba e mi fa piacere sentire il suo calore. "Sono confuso e la testa mi fa male. Vorrei riposarmi un po'."

Mi guarda attento e chiama John preoccupato. "Che cos'ha Watson, ma sta bene? "

"Voglio solo riposarmi, non ho niente." Ma la scusa non regge perché John e già lì.

Mi sento come un bambino debole e stupido, alzo la voce e agito il ghiaccio secco che stringo nella mano.

"Sentite, voglio solo un'aspirina e stare al buio per un po'. Non cominciate con la solita storia." John fa un cenno a Mycroft, assicurandolo che va tutto bene, capisce che voglio rimanere da solo, mi porta del tè e una compressa.

Mando giù tutto in fretta e sbircio Anthea che appoggiata allo stipite della porta approva nascondendo un sorriso e mi fa un cenno con la testa. 

Se devo mentire lo so fare bene, devo cercare di proteggere quel poco affetto che ora lega i due fratelli. Non sarò io a demolirlo di nuovo, Sherlock col tempo imparerà che ci sono anch'io, so perfettamente che il mio arrivo ha sconvolto degli equilibri precari.

Mycroft capirà, ma non ora, non con Auberton che preme.

"Papà, sta tranquillo sistemerò la cosa, non preoccuparti farò del mio meglio." 

Mi alzo, mi scuso con tutti e senza aspettare la sua risposta, vado in camera dove crollo nel letto.

Riprendo fiato, ho sbagliato e rimedierò. Ho un dovere da compiere più tardi chiamerò quel bastardo di Serge per mettere fine a questa storia. 

Un piccolo posto dentro al cuore :  Sherrinford Haycok HolmesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora