Capitolo 6

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Ormai erano quasi cinque giorni che stavo in quella casa di campagna... Per l'esattezza, nella casa di Clint. Non sapevo che anche lui avesse una famiglia, ma a quanto pare mio padre non era l'unico ad avermi tenuto nascosta per tanto tempo.

In quei giorni feci amicizia con la moglie di Clint, Laura. Una donna straordinaria e solare, con due splendidi bambini e inattesa di un terzo. Ormai le mancavano pochi giorni al parto e la vedevo sempre più stanca, perciò mi offrì di aiutarla con le faccende di casa, prendendomi anche cura dei suoi due bambini.

Avevo passato i primi due giorni a studiare, per poi dare l'ultimo esame che superai con successo.

Sdraiata in giardino, a prendermi un po' di sole, la mia attenzione viene attirata da un rumore assordante. Mi volto verso quel suono, vedendo il quinjet atterrare e da esso scendere gli Avengers.

Mio padre venne subito nella mia direzione, il suo viso non era messo granché... Aveva qualche graffio in faccia, così come anche il resto della squadra.

«Missione finita?» domando alzandomi da terra.
«Abbiamo vinto» risponde con un sorriso e scrollando le spalle, «Tu stai bene? Ho saputo che hai superato il test!» esclama.
«Si, sto bene... Ho preso il massimo dei voti» rispondo fredda per poi voltarmi e rientrare in casa.

Gli Avengers mi seguono e rimangono anche loro sorpresi nello scoprire che Clint ha una moglie e dei figli. Iniziano a fare le presentazioni, anche se Laura ormai li conosce tutti.
Parlano tranquillamente, raccontando della missione e dicendo che per l'ennesima volta hanno distrutto New York.
Nat parla con i bambini e ogni tanto la chiamano zia. In una delle chiacchierate avute con Laura, mi aveva raccontato che Nat era diventata un po' come la loro zia adottiva e di conseguenza, io le raccontai che per me era come una mamma.

Avrei tanto voluto che mio padre mi dicesse "la missione è finita, torniamo a casa" ma evidentemente non era nei suoi programmi, poiché si fermò a parlare. Per quanto fosse bello stare lì, in una casa di campagna isolata dal mondo, volevo tornare a casa.

Lentamente mi alzo dalla sedia, sperando che nessuno faccia caso a me. Voglio prendere un po' d'aria e magari anche correre per rinfrescarmi la mente. Ma una volta che mi trovo fuori dalla porta, vengo fermata da Rogers.

«Dove stai andando?» domanda.
«Non sono affari tuoi!» esclamo forse un po' troppo acida, poiché il suo sguardo cambia espressione.
«Scusa...» dico, «Ho bisogni di un po' d'aria e rinfrescarmi la mente» gli spiego.
Lui annuisce, si toglie lo scudo posandolo a terra e mi raggiunge.
«Ti faccio compagnia, starò in silenzio» mi avvisa, mentre iniziamo a camminare.

Alla fine non siamo rimasti in silenzio, abbiamo parlato un po' di cose a caso. Steve, mi ha raccontato della missione e che inizialmente non è stata molto facile, ma poi insieme sono riusciti a sconfiggerlo.

«Una mano in più avrebbe fatto comodo» dice guardandomi e sorridendo.
«Mio padre non l'avrebbe mai permesso» rispondo abbassando lo sguardo.
«Ehi» mormora avvicinandosi e alzandomi il viso, «Hai distrutto quella piccola versione di Ultron da sola, dovresti essere fiera! E poi sono sicuro che Stark cambierà idea» dice sorridendo.

La smetti di sorridere?!

Sento le mie guance andare a fuoco, forse per la troppa vicinanza o forse perché una sua mano e ancora appoggiata sulla mia guancia.

«Interrompo qualcosa?» domanda qualcuno.

TONY

Capisco che mia figlia si arrabbiata con me, ma nemmeno così esageratamente su. Ha lasciato la casa di Clint per fare una passeggiata e il Capitano ovviamente la seguita.

Dopo quasi due ore fanno ritorno e vedo qualcosa che non mi piace per niente. Rogers le mette una mano sulla guancia e sono fin troppo vicini.

«Interrompo qualcosa?» domando guardando entrambi. Immediatamente si staccano e mia figlia si allontana verso Cooper e Lila, i figli di Clint.

Io e Rogers iniziamo a tagliare la legna con delle asce, dato che Clint ha chiesto aiuto e nessuno si è offerto.

Nel silenzio più totale, oltre a qualche cinguettio, inizio a parlare.
«C'è qualcosa tra te e mia figlia?» domando diretto.
Steve mi guarda accigliato e scuote la testa.
«Di che cosa stai parlando?» chiede continuando a spezzare la sua legna.
«Ho visto come la guardi e non mi riferisco solo a prima, anche la sera della festa. Inoltre prima eravate troppo vicini... Ti ricordo che è mia figlia, Rogers» lo avviso.
«Credi che sia interessato a tua figlia?» domanda lui.
«Onestamente? Si!» esclamo colpendo con l'ascia un altro prezzo di tronco, «Quindi se mi facessi il favore di starle alla larga e non avvicinarti a lei, te ne sarei grato».
«Sul serio mi stai dicendo di non avvicinarti a tua figlia? Per cosa poi? Hai paura che scatti qualcosa tra me e lei?» chiede serio.
«Mia figlia è ancora una ragazzina con gli ormoni molto probabilmente impazziti e poi sono certo, che la tua influenza non farebbe altro che peggiorare!» esclamo.
«Se per la mia "influenza" intendi che possa essere più testarda a entrar in squadra...» lo interrompo subito.
«Non entrerà mai nella squadra!» esclamo, abbastanza su di giri.

Rogers spezza un ramo in due con le sue mani e mi guarda incazzato

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Rogers spezza un ramo in due con le sue mani e mi guarda incazzato.
«Hai paura che le facciano del male, che venga colpita e ti capisco, okay? Ma Tony, pensaci bene... Non pensare solo ai lati negativi, ma anche a quelli positivi!» esclama.
«Sarebbero?» chiedo inarcando un sopracciglio.
«Già non avete un bel rapporto, magari avendola più vicina leghereste di più» mi dice prima di allontanarsi.

È così ovvio che io e mia figlia non abbiamo un gran rapporto? D'altro canto, sono simile più di quanto immaginassi a mio padre.
Ma forse il Capitano ha ragione... Se la facessi entrare in squadra, forse non mi odierebbe così tanto e il nostro rapporto potrebbe essere veramente migliore.


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