Spalancai le grandi porte bianche ed entrai in mensa, dove venni sommersa da centinaia di voci sovrapposte.
La mensa era uno dei luoghi del centro che preferivo, uno dei pochi posti dove sembravamo quasi normali: ragazzi che si salutavano, altri che discutevano animatamente, alcuni in fila per prendere la cena, bambini che giocavano a rincorrersi. E poi c'era chi voleva mostrare una nuova abilità imparata durante gli allenamenti.
Irina e i dipendenti del centro non cenavano con noi. Avevano una sala riservata solo per loro. A controllarci durante i momenti di svago erano le numerose guardie, in quel momento appostate ai lati della mensa, ferme e immobili, a gambe divaricate e braccia incrociate, attente a controllare ogni nostro movimento. Ormai non ci facevamo nemmeno più caso.
Mi girai per andare verso il mio tavolo quando qualcuno mi urtò leggermente.
«Oh, scusa Tre, non ti ho vista!» mi disse ridendo 23.03 che stava scappando da 23.07, nell'intento di proteggere la pizza che teneva in mano. Adoravo quei piccoli teppisti. Se non ricordavo male, tra qualche giorno avrebbero dovuto compiere otto anni.
Mi chinai e gli arruffai i capelli ricci e rossastri: «Tranquillo ma vedi di salvare la pizza da tuo fratello. Non penso demorderà molto presto».
«Lo so ma lui la sua se l'è già mangiata! Vado a nascondermi prima che torni, ciao Tre!» e si infilò in mezzo al gruppo dei fratelli del gruppo 19.
Mi ritrovai a sorridere. Quei due mi ricordavano molto me e 15.
Il gruppo 23 aveva sostituito quello che prima era il mio gruppo, il numero 3. Il loro esperimento consisteva nella metamorfosi: assumere l'aspetto della persona che si vuole copiare al solo tocco. Nessuno aveva ancora raggiunto la Perfezione.
Andai a sedermi al mio tavolo, dove gli altri fratelli di livello P mi stavano aspettando.
«Eccoti finalmente. Non sei andata a prenderti la pizza?» mi domandò Diciotto mentre prendevo posto a fianco di Uno. 18.09P aveva più o meno la mia età. La folta chioma di riccioli biondi e gli occhi azzurri le risaltavano la pelle pallida. Aveva la capacità dell'elettrocinesi e per questo il suo chip era diverso dal nostro. Era in grado di controllare e manipolare l'elettricità, trasmetterla nel corpo di persone provocandogli scosse o addirittura paralisi. Una volta ricordo che si fosse arrabbiata con uno dei fratelli del gruppo 18, perdendo quindi il controllo delle sue abilità. Fece saltare la corrente per tutto il centro. Fortunatamente la struttura era provvista di un generatore di emergenza e quindi dopo un paio di minuti l'elettricità tornò a funzionare.
Per tutta risposta Uno fece scivolare una scatola di cartone di pizza davanti a me: «Sapevo che saresti arrivata in ritardo. Te ne ho preso una io. Ora vedi di mangiarla, non ho rischiato di finire annegato da Diciassette per proteggere la tua cena perché tu dopo non la mangiassi».
«Grazie Uno ma questa volta passo. Diciassette, la pizza è tutta tua» e spinsi il cartone sul tavolo che scivolò davanti a mio fratello.
«Grazie sorellona!» gridò 17.25P, prendendo un trancio e dando un morso. Era il più piccolo e l'ultimo ad essersi unito al gruppo P, due anni prima. Aveva appena compiuto sedici anni ma a volte si comportava come se ne avesse dieci. Era alto, snello, capelli rasati neri e occhi azzurri. Aveva la capacità di controllare e manipolare l'acqua.
Negli ultimi sette anni solo quattro ragazzi erano stati classificati esseri Perfetti quindi ora al tavolo eravamo in sei: Uno, Diciotto, Otto, Dodici, Diciassette ed io. Per i ragazzi che ancora erano ignari di come le cose funzionassero davvero al centro, la notizia di essere diventati di livello P li rese molto contenti. Poi, un giorno, come Uno fece con me, qualcuno li informò di che mostruosità si era compiuta all'interno del centro. Ora anche loro erano a conoscenza che non avrebbero mai più rivisto i fratelli del loro stesso gruppo.
4 nuovi P significava come minimo altri cinquanta fratelli uccisi.
Uno incrociò il mio sguardo da sopra la spalla: «Com'è andato l'esame finale?»
«Bene, se vogliamo considerarlo così fermare un proiettile ad un centimetro dal mio cervello» ironizzai accasciandomi sulla sedia.
«Che cosa?» sibilò Uno.
Raccontai gli eventi di quel pomeriggio, dal mio arrivo in laboratorio fino alla fine dell'esaminazione: «...e poi ho fatto esplodere la pistola che mi aveva quasi uccisa» aggiunsi rubando la bottiglietta d'acqua di Uno per prenderne un sorso.
Diciotto e Otto smisero di parlare e sul tavolo cadde un silenzio tombale. Ora tutti mi stavano fissando. Anche Diciassette smise di mangiare la pizza per guardarmi. Uno serrò la mascella.
«Non vorrei mettere il dito nella piaga ma... non ci avevi già provato anni fa a fermare un proiettile e, ringraziando gli idioti che hanno posizionato malamente la pistola, ti è rimasta una cicatrice?» domandò Otto con uno sguardo incredulo. 8.29P era il quarto ad essersi aggiunto al nostro tavolo. Il suo era l'esperimento con cui gli scienziati e la Morozova ebbero più difficoltà a realizzare. Otto aveva la capacità di controllare la mente delle persone. Riusciva a distorcere la realtà che una persona credeva di vedere. Era in grado di cambiare i tuoi pensieri e di farti pensare e vedere quello che voleva lui. Anche Otto aveva il suo fascino: mascella quadrata, labbra carnose, occhi blu, folte ciglia e una fronte ampia, nascosta dal ciuffo di capelli biondo cenere.
Annuii in risposta alla domanda di Otto.
A Dodici scappò una risata amara: «Irina ha voluto metterti alla prova fino all'ultimo. Che bastarda.» 12.08P aveva la stessa età di Uno. Mi superava di quindici centimetri buoni ed era molto muscoloso. La sua carnagione scura risaltava il marrone chiaro degli occhi. I capelli neri ricci, rasati all'altezza delle orecchie, completavano alla perfezione il suo aspetto. La sua capacità consisteva nel manipolare il suono. Era in grado di controllare tutte le onde sonore che lo circondavano. Con qualsiasi suono provocato dal suo corpo, come la voce, il semplice battere le mani, schioccare le dita, poteva mandare in frantumi vetri e stordire le persone nelle vicinanze. La cosa che trovavo più formidabile era che poteva bloccare i suoni emessi dalle altre persone. Era in grado di rendere temporaneamente una persona muta. Molto spesso lo faceva a Diciassette.
Venimmo interrotti dall'arrivo di uno dei dipendenti del centro che si posizionò al fianco di 18.09P, schiarendosi la voce con un colpo di tosse: « Scusate il disturbo. Diciotto, la Dottoressa Morozova mi ha detto di ricordarti che domani pomeriggio incontrerai tuo zio. Si raccomanda di farti trovare nel laboratorio 2 alle quindici in punto. Buona serata ragazzi» e dopo un sorriso appena accennato, si girò cominciando a camminare a passo svelto verso l'uscita della mensa.
«Spero non tentino di sparare anche al mio, di cervello. Io di sicuro un proiettile non riuscirei a fermarlo» pregò Diciotto, appoggiando la testa sul tavolo e chiudendo gli occhi.
Mi girai verso gli altri e chiesi: «Voi quando conoscerete i vostri zii?»
«il giorno dopo di Diciotto, Giovedì» rispose Dodici.
«Venerdì» aggiunse Otto, sbuffando.
«E io Sabato» concluse Diciassette, intento a masticare un pezzo di pizza.
Dodici si sporse in avanti: «A proposito, qualcuno sa quando ci rimuoveranno il chip?».
Rispose Uno che fino a quel momento era rimasto in silenzio e pensieroso: «Ieri, finita la mia esaminazione, ho incrociato il dottor Schneider e mi ha detto che le operazioni sono state fissate per mercoledì prossimo».
«Dicono faccia un male terribile» sospirò Diciassette, con sguardo preoccupato.
«E chi è che lo dice,se siamo i primi a cui lo fanno? Eh, genio?» gli rispose Dodici, dandogli un colpetto sulla fronte.
«Aia!» protestò Diciassette.
«Sei proprio una femminuccia» sentenziò Diciotto, provocando una risata generale.
Mi fermai a guardarli.
Mi piaceva vederli così felici. Erano in quei momenti che mi spaventava lasciare il centro. Momenti in cui sembravamo una famiglia. Lasciare quel posto voleva dire lasciare un pezzo di noi, un pezzo dei nostri ricordi. Quel centro non era quello che immaginavamo ma era pur sempre casa. Una casa che conteneva tutti i miei ricordi con 15.
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π - La diversità sfugge al controllo -
Paranormal3.14 è nata e cresciuta al riparo dagli sguardi del mondo: fin dalla nascita ha vissuto in un centro scientifico. All'interno di questo centro, costruito sulla montagna Cho Oyu, in Cina, non è sola. Vive sotto il controllo della direttrice, una dott...