3 novembre 2002.
Il rumore di un altro elicottero che colpiva l'acqua che occupava il Tamigi echeggiò per la strada, facendo tremare ogni muro intorno a Hermione.
Era la seconda nelle ultime venticinque ore, un'altra vita se n'era andata.
Hermione spinse con riluttanza il suono dell'amaro annegamento nella parte posteriore della sua mente e procedette a ricontrollare che la finestra fosse chiusa ermeticamente, prima di tornare in bagno, chiudere a chiave la porta dietro di sé e azionare gli interruttori per immergersi nel buio sicuro.
La vasca da bagno era il suo letto per la notte. Il suo corpo era piagato a metà, le braccia che abbracciavano la felpa blu scuro contro il petto.
Era stata indossata da un amico. Prima che tutto questo accadesse.
Anche se non riusciva a ricordare bene quale amico occupasse il capo di abbigliamento.
Lei era spaventata. Voleva sbriciolarsi.
Non ricordava a che ora si era svegliata, eppure fu animata dal suono familiare della sirena cablata, che squillava, squillava, le riempiva i timpani finché non voleva gridare.
Anche se non lo faceva, urlare era proibito. Non poteva essere trovata, perché poi sarebbe stata portata via, in uno dei campi, in uno degli ospedali, o al cimitero.
Quando Hermione trovò il coraggio di staccarsi dalla sicurezza della vasca, tirò i piedi in cucina, senza prestare attenzione al paio di bicchieri impolverati che siedono sul bancone.
Non poteva guardarli. Non poteva ricordarsi di prima.
Invece, si è versata una piccola ciotola di cereali, solo piccola, perché le mancava il latte ed era troppo spaventata per cercare di raggiungere il negozio in quell'ora del giorno. Era troppo presto, troppo maniacale, non voleva essere beccata dalle pattuglie, non ancora, comunque.
Ha mangiato velocemente il cibo. Le sue mani tremavano, il cucchiaio tremava quando lo premette contro le labbra.
Era solo mattina, ma era pronta per tornare in bagno e nascondere la testa con le mani tutto il giorno, per bloccare i suoni delle urla fuori.
Ma lei non può. Era successo qualcosa di strano. Un colpo alla porta di casa.
Sognare ad occhi aperti era diventato un compito volubile nella mente di Hermione. Sognava troppo ad occhi aperti. Avvolte le consumava i sensi e le diceva che era la realtà.
Non riusciva a decidere se questo fosse uno di quei momenti. Qualcuno stava davvero bussando alla sua porta? O la sua mente l'aveva indotta a crederci così tanto?
Non può certo succedere, pensò Hermione, lasciando cadere velocemente il cucchiaio e raggomitolandosi dietro il bancone della cucina con la testa tra le ginocchia.
A quel punto Hermione stava piangendo. Il suo corpo aveva cominciato a tremare.
Non voglio morire. Non voglio morire. Io non voglio morire.
Qualcuno bussò ancora, e ancora, e ancora finché non sentì la cassetta delle lettere aprirsi.
Una voce maschile risuonò nella stanza buia.
Sapeva che questa volta non stava sognando ad occhi aperti.
"Per favore, se c'è qualcuno..." La voce supplicava - Addolorata. Naufragato. Sull'orlo della morte.
Il corpo di Hermione smise di tremare per un brevissimo momento di sfida. Aveva alzato la testa per ascoltare più attentamente.
"Per favore, apri, per favore aiutatemi, per favore, per favore."
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Apocalypse and You | Dramione
RomansaHermione si disse di non innamorarsi durante l'apocalisse . . . STORIA NON MIA la storia è di @sixth_senses io la traduco soltanto