Capitolo III

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A conti fatti, Atsumu non sapeva spiegare bene come era successo.

Certo, la vodka aveva girato tra gli atleti stanchi ma ancora in pieno trip adrenalinico con una facilità che avrebbe fatto piangere di frustrazione tutti i nutrizionisti della Lega e gli era andata alla testa un po' al primo sorso, visto che non ne beveva quasi mai. Il locale che avevano scelto era caldo e soffocante e a un certo punto si era ritrovato con Hinata sparito dietro ad un opposto dalla frangetta coraggiosa e Bokuto che si era appiccicato ad un Kiryuu tristemente non abituato al suo tono di voce, cercando di ingozzarlo di qualsiasi robaccia stesse bevendo e parlando di chissà cosa da sopra il volume assassino della musica sparata dalle casse posizionate in ogni angolo.

I suoi compagni si erano mischiati, chi più chi meno, con la squadra avversaria ed in pista. Aveva il ricordo lucido di Wan-san con le braccia attorno una moretta scattante, muovendo i fianchi in maniera molto poco casta e facendola ridere frizzante e decisamente interessata. Sperò che almeno avesse concluso qualcosa.

Omi al bancone del pub era impresso a fuoco nella sua memoria, seduto su uno sgabello alto e con un bicchiere opaco di condensa in mano, circondato dalle luci colorate e affiancato da un ragazzo che aveva preso il suo atteggiamento schivo come un invito ad avere la sua strada con lui. Non era riuscito a capire se lo sguardo di valutazione che Omi aveva lanciato al tizio fosse di approvazione o meno, ma la concentrazione era andata a farsi benedire una volta che aveva trascinato gli occhi lungo la sua figura leggermente curva.

All'inizio non aveva compreso pienamente perché si era abbassato a mescolarsi tra loro comuni mortali degnando tutti della sua scostante presenza, ma qualche idea gli era venuta guardandolo per bene. Omi, effettivamente, era vestito per rimorchiare, con dei jeans illegali che aderivano su quel culo rotondo nemmeno gli fossero stati cuciti addosso e quella maglia, quella maglia, che si allargava sulle clavicole scoprendole con decisione, il collo così ampio che permetteva anche a un cieco di avere una visione diretta della sua anima nera e del suo torace bianco ogni volta che muoveva il busto in avanti. A volte si scorgevano piccoli sprazzi di rosa pallido e quella scoperta, insieme al punto di neo che abbelliva clavicole taglienti, gli aveva fatto scolare il drink, che manteneva praticamente intatto dall'inizio della serata, con un gesto veloce e tutto in una volta, sentendo la bocca diventare secca come il fottuto deserto e il cervello leggero come l'aria.

Ricordava solo che un attimo prima si stava avvicinando a loro pieno di buone intenzioni e quello dopo stava spingendo Omi contro la porta chiusa della sua camera d'albergo, il ginocchio alto tra le sue gambe e la faccia a divorargli il collo e la bocca come se ne andasse della sua vita.

Quindi, a conti fatti, anche ripercorrendo la serata, Atsumu non sapeva spiegare bene come era successo.

Omi era sexy come l'inferno, ma era Omi. Il suo compagno di squadra. Una delle colonne portanti della più potente struttura d'attacco dell'intera Lega, si fotta Ushiwaka e il suo mancino bazooka. L'essere più dannatamente perfetto sotto il profilo pallavolistico del Giappone. Il secondo scapolo più appetibile di Osaka e dintorni, secondo i sondaggi di Twitter (il primo era lui, grazie tante).

E lui ci era andato a letto.

Va bene, avevano vinto. Va bene, erano arrapati. Ma cazzo, era successo anche per altre partite e non aveva mai avuto il bisogno di trascinarsi un suo compagno di squadra tra le lenzuola e fare la migliore scopata della sua vita una, due, tre volte.

Aveva messo dei paletti alti quanto la torre di Tokyo in merito da quando aveva quindici anni e non aveva mai avuto l'intenzione di cominciare a farli a pezzi proprio in quel momento preciso. Peccato che, dopo quella nottata, poteva tranquillamente ammirarne le carcasse a terra, in mezzo ad una nuvola di polvere cementizia che si alzava tra calcinacci e scheletri d'armatura piegati in forme grottesche in maniera molto scenografica e decisamente derisoria.

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