Capitolo XI

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Atsumu era stato sempre consapevole che, prima o poi, la sua vita avrebbe preso i contorni fermi del più infimo dei film comici.

Era avviato su quella strada dal primo dentino caduto, frutto di uno scontro particolarmente violento con una papera incazzosa durante la gita scolastica in una fattoria.

Aveva continuato con una serie di esperienze tragicomiche, quasi sempre in compagnia del suo degno gemello, di cui francamente avrebbe fatto volentieri a meno. Come la fuga dal bassotto a guardia della casa alla fine dell'isolato, ad esempio, o quella volta in cui il nonno non si accorse di essere seguito e li chiuse in cantina per quattro ore. Si rese conto della loro assenza perché c'era troppa tranquillità e silenzio e non era decisamente abituato con quei suoi diavoli di nipoti. Li aveva ritrovati l'uno sopra le spalle dell'altro ad arrampicarsi al buio sugli scaffali dei barattoli dei sottaceti, convinti di chissà quale apocalisse zombie.

La questione aveva preso una piega per lo più stabile con i video incriminanti di Suna, grazie i quali aveva costruito un'intera carriera laterale sui suoi account social e che stava arricchendo in maniera sospetta, soprattutto adesso che vivevano in città differenti. Ancora non era riuscito a capire come facesse.

Sapeva che c'era qualcosa di profondamente sbagliato in tutte quelle (dis)avventure, ma era rimasta una di quelle convinzioni nebulose che avrebbe cambiato bandiera a seconda delle proprie esperienze, prima di bloccarsi definitivamente in qualsiasi cosa fosse scritto nella sua vita.

Non avrebbe mai pensato, però, che la conferma finale facesse così male.

Quello che si stava scambiando con Shou-kun non era un bacio.

Aveva visto milioni di film e telefilm e letto la sua buona dose di manga shoujo in cui la protagonista cadeva o veniva spinta contro qualcuno, di solito l'altra povera anima che l'avrebbe accompagnata nelle sue avventure romantiche sfigate basate sul tira e molla continuo e la gelosia più becera, e finivano per baciarsi per sbaglio. Gli era sempre sembrata strana la conseguenza dell'atto, c'era sempre stato qualcosa che non lo convinceva del tutto, ma ai due tizi sembrava piacere veramente tanto e chi era lui per mettere in dubbio la fisica e la biologia in una qualsiasi slinguazzata che si rispetti, comunque essa fosse avvenuta?

Scoprirlo nel modo più duro non era preventivato.

Quello non era un cazzo di bacio, era una vera e propria dentata. Ed era successo così in fretta che non si rese conto di nulla finché non si sentì tirato in avanti e provò la bruttissima sensazione di essersi giocato tutti gli incisivi in un colpo solo.

Avvertì solo una forte botta che gli fece vedere le stelle e un dolore sordo e fulmineo sul labbro inferiore, sentendo immediatamente il sapore ferroso del sangue andargli sulla lingua. Shou-kun continuava a trattenerlo e a spingersi contro la sua bocca, schiacciando le labbra con una forza inumana, imperterrito e inconsapevole del danno, mugugnando qualcosa che non riusciva a comprendere e di cui, sinceramente, non gli fregava nulla.

Atsumu aveva gli occhi completamente sbarrati dallo shock ma Shou-kun li teneva stretti stretti, strizzati in modo ermetico come se non volesse vedere il caos appena creato. Lui, invece, aveva la cristallina visione della faccia di Tobio-kun passare dal rosa al bianco, fino ad assumere velocemente un malsano colorito livido e ne era certo: era rabbia, quella. Una rabbia cieca e violenta che si sarebbe riversata sicuramente sulla sua innocente persona e che non l'avrebbe lasciato vivo.

Colpito da un insolito istinto di sopravvivenza, prese Shou-kun per le spalle e lo spinse forte, vedendolo scattare con il collo all'indietro e sbattere le palpebre rapidamente, il suo sangue a macchiargli leggermente la bocca e la pelle intorno come una patina traslucida. "Shou-kun, che cazzo fai?" Strillò sconvolto, passandosi la lingua sul taglio e portando subito il dito a tamponare il labbro, cercando di valutare velocemente la situazione per capire se avesse bisogno o meno di qualche cura immediata. Sembrava non essere così grave, ma il dolore sordo non lo metteva propriamente in uno stato d'animo caritatevole. "Che cazzo ti dice la testa?"

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