Capitolo V

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"Cos'era questo?"

Era doveroso chiederlo. Non era in programma nel breve periodo. Non era in programma per il resto delle loro fottute vite ma eccoli lì, sdraiati sul suo letto a cercare di riprendere fiato e riattivare il cervello. Perché sì, Omi gli aveva fatto vedere stelle e galassie , ma guardarlo masturbarsi, gambe larghe, sedere all'aria e attacco via mare e via terra delle sue dita scivolose di lubrificante non aveva decisamente prezzo. Si era ripreso con una velocità mostruosa, cosa mai successa, aveva raccattato un preservativo rapidamente e si era fiondato a restituire il favore con un entusiasmo che rasentava l'adorazione, la mano schiacciata sulla curva impossibile della sua schiena a spingerlo contro il cuscino, vedendolo mordere la federa e gemere disperato ad ogni affondo.

Era stato bello. Non sarebbe dovuto succedere in primo luogo. Quindi, cos'era stato tutto quello?

"Un pompino e una scopata." Rispose Omi con voce leggermente rauca, respirando un po' velocemente, le palpebre quasi del tutto chiuse e il rossore ancora alto sulle guance. Si leccò il labbro inferiore, solo una punta di lingua, e Atsumu si sentì muoversi al livello del bassoventre e cazzo, no, non di nuovo. Doveva darsi una calmata, non era possibile vivere in quel modo.

"Grazie al cazzo." Borbottò spostando la testa in un'altra direzione e mettendosi a guardare il soffitto, allontanando gli occhi da qualsiasi tentazione. "Intendevo tutto questo."

Sentì Omi sbuffare di naso e la riconobbe come una risata. "Non cambio la risposta." E Atsumu si ritrovò a sorridere, divertito nonostante tutto.

Era un po' bello non doversi difendere dagli attacchi velenosi di Omi. In quel momento non ne sarebbe stato in grado, poteva ammetterlo: la testa non era ancora del tutto a posto. Si sentiva in pace, un po' annebbiato e soddisfatto. Inoltre, averlo in quel modo lo incuriosiva parecchio.

Omi post sesso era un concentrato di endorfine che lo rendevano morbido e malleabile, lo facevano sorridere e abbandonare quell'atteggiamento intoccabile e snob e la cosa cominciava a piacergli. Tanto. Troppo.

"Seriamente, perché è successo?" Domandò e sperò che potesse sentire solo lui la nota di urgenza nella sua voce. "Di nuovo?"

"Hai mandato messaggi." Si limitò a rispondere Omi chiudendo le palpebre sofficemente. "Messaggi espliciti."

"Succede spesso, ma non ritrovo gente alla mia porta pronta a farsi un giro."

Omi non rispose, cominciando a respirare più piano e regolare. Spostò lo sguardo su di lui e beh, non avrebbe dovuto. Era bello. Parecchio bello. Aveva le ciglia così lunghe che quasi toccavano le gote rosse, curve verso l'alto e brillanti di residui di lacrime. I due nei riposavano sopra il sopracciglio e si accorse di non aver dedicato loro per niente attenzione. Doveva rimediare e presto. Era abbandonato accanto a lui nudo e vulnerabile, tranquillo, tutto sciolto e accessibile e umido di sudore e doveva smetterla. Sentì il bisogno fisico di infastidirlo in qualche modo, non c'era verso che potesse incantarlo ogni volta che gli poggiava gli occhi addosso. Decise di allungare una mano sulla sua spalla e dargli uno scossone. "Hey, stai dormendo?"

"No." Sibilò Omi con un sospiro stufo, togliendo la sua mano con un movimento scostante. Quello era meno bello: c'era stato più contatto di una mano del cazzo e qua era dove tracciava il confine? "Qual è il problema?" Domandò stanco.

Atsumu si alzò sui gomiti, guardandolo accusatorio. "Qual è il problema?" Ripeté, un tono di voce decisamente odioso alle sue stesse orecchie. "Qual è il problema?"

"Non ripetere e rispondi."

"Omi, è la seconda volta in due settimane che succede. Tu hai detto che non doveva accadere più."

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