Capitolo 8

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Me la prendo con calma per andare a scuola, tanto c'è il prof di Inglese che, se viene, si fa vedere 10 minuti prima del cambio dell'ora.

Sul punto di entrare in classe, avverto il caos dall'interno: le pareti tremano e grida disumane mi fanno temere qualche squartamento improvviso. In realtà, si tratta di semplici liceali privi di supervisione. Normale amministrazione.

Cerco la voglia di affrontare questa baraonda e poggio la mano sulla maniglia, aprendo la porta già arreso al mio destino.

"Binario nove e tre quarti!" grida Francesco, lanciandosi contro il muro. E questa è la prima cosa che vedo. Non promette bene.

"Fra' sei un coglione!" ride Giorgio nel fargli una storia col cellulare, poi mi nota. "Guarda che faccia ha fatto Damiano!"

Punta il cellulare verso di me mentre gli altri ridono di quella che deve essere un'espressione ben poco allegra.

Grazie a Dio, l'attenzione si sposta altrove e riesco a raggiungere incolume il mio banco. Lancio lo zaino su questo e faccio per sedermi, ma lo sguardo mi scappa su Carla, poggiata al termosifone a chiacchierare con la sua amica.

Esito qualche istante, poi decido di avvicinarmi a loro. A Carla piaccio, no? Potrei chiederle di uscire. Ok, non è che mi vada chissà quanto, ma i pensieri di ieri sera mi hanno agitato più del previsto e magari uscire con una ragazza potrebbe farmi bene.

Benedetta mi taglia la strada, le dita lunghe a passare tra i capelli setosi e piastrati, e il suo sguardo incrocia il mio.

E se mi fosse venuta una micosi all'alluce?

"Ciao, Damiano" mi sorride, i denti perfetti a risplendere "Come mai così musone oggi?"

"È la mia faccia" ribatto. Vorrei sorpassarla con uno slalom, lei e la sua micosi, ma rischierei di apparire strano.

Benedetta ride, pure troppo, assottigliando le palpebre.

Sono quattro anni che ti vengo dietro, potresti pure lasciarmi uno spiraglio in questa facciata da lupo solitario!

"Cosa..." mi sfugge. Ok, cosa ho appena sentito? Mi viene dietro? Facciata da lupo solitario?

"Senti, ma ci sei al mio diciottesimo, sì?" afferra il jeans attillato e se lo tira su, così tanto da farmi temere per l'incolumità di un certo organo posizionato tra le gambe. La vagina, insomma.

"Guarda, non so..." anche se ancora stordito dalle recenti scoperte (quante persone hanno una cotta per me, in questa classe?), sono ben consapevole di quale incredibile rottura di palle rappresentino i diciottesimi. Non c'è niente, niente, di più terrificante delle hit spagnole nei balli di gruppo con i compagni di classe. Gesù santo, che orrore.

"Ci conto!" mi batte il dito sul petto con fare vagamente minaccioso, a dispetto del sorriso da tremila volt con cui mi acceca, poi mi libera dalla presa metaforica dei suoi artigli e se ne va.

Sbuffo e continuo il mio percorso fino a raggiungere Carla e Ginevra, che mi lanciano uno sguardo perplesso di coppia.

"Ciao" faccio a Carla, poggiandomi accanto a lei vicino il termosifone spento.

"Ciao?" ribatte, ma gli occhi mi volano verso Francesco, voltatosi nella nostra direzione.

Ma che fa Damiano, parla? Con Carla? Ma le piace?

Ho capito: la mia vita è oramai diventata una telenovela di cui io mi sono ritrovato protagonista, tra gelosie e cotte a più non posso rivolte alla mia persona. Strofino la fronte con le dita, prossimo a esplodere, vittima di un'emicrania.

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