Capitolo 15

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Oh mio Dio.

Safa mi lancia uno sguardo oltremodo minaccioso, è solo un'istante, poi lascia che la vicepreside finisca di parlare. Tra le circonvoluzioni cerebrali è caduta un'atomica di panico. Cosa Cristo ci fa qui?! Cosa vuole da me? Uccidermi? Oh, Gesù.

Ruoto il collo con velocità sovrumana per puntare lo sguardo su Francesco e lo trovo a bocca aperta. Poi mi fissa di rimando.

L'ex di Damiano è la nuova prof?!

Ah, ok. Questa situazione si sta per rivelare più strana del previsto. E già era prevedibilmente strana di suo.

"Bene, vi lascio nelle sue mani. Mi raccomando!" ci ammonisce un'ultima volta la vicepreside, per poi uscire dall'aula. Un silenzio cauto cala in aula e Safa va a occupare il posto alla cattedra.

"Ho dato un'occhiata al vostro programma" inizia. Porta la schiena indietro per scrutarci uno a uno e io resto ipnotizzato dalla musicalità della sua voce: parla benissimo l'italiano, ma si percepisce la provenienza straniera. "Siete decisamente indietro. Non è un problema, con me arriverete in pari."

"Veramente, la professoressa Mancini ha detto..." si arrischia a intervenire Giacomo, ma Safa lo interrompe con gesto a mezz'aria scocciato della mano.

"Non mi interessa" lo fredda.

Si alza un brusio di sottofondo e nel suo sguardo compare l'omicidio.

"Silenzio" sentenzia.

"Ma lei non può parlarci così!" sbotta Benedetta. Se ne è sempre fregata del normale rispetto che bisognerebbe tenere ai professori, preferisce prenderli come amiconi e parlare loro con pure troppa franchezza. In questo momento, temo per la sua vita.

"E invece posso" alza un sopracciglio "Ora aprite il libro, parleremo dell'Orestea."

"No, eh!" ribatte Benedetta "A parte che trovo molto irrispettoso che indossi quel coso! Come donna, mi sento offesa!"

"Offesa" ripete Safa e la sua espressione è tagliente come una lama.

"È simbolo di oppressione!" continua lei, portando le mani al petto "Sottomissione agli uomini! Adesso lei è in Italia, non dovrebbe indossarlo. Io, se andassi nel suo paese, non lo indosserei."

"Oh mio Dio, chiudi la bocca, Benedetta" geme Ginevra con fare sofferente.

Safa ondeggia all'indietro con la sedia, senza smettere di fissare Benedetta. Una maschera di pietra ne cela i pensieri.

"Ok, guarda quanto sono sottomessa" dice infine. Mette i piedi sulla cattedra, le gambe accavallate, e lancia qualcosa verso Benedetta con un gesto rapido della mano. "Vammi a prendere un caffè. E un pacchetto di patatine. Se c'è, anche un Kinder Pingui."

Benedetta strilla e afferra d'istinto l'oggetto non identificato. Questo si rivela essere una moneta da cinquanta centesimi.

"Muoviti" la incita. Benedetta salta su, confusa e vagamente terrorizzata, avviandosi veloce verso la porta. Si ferma un istante prima di attraversarla. "N-non bastano cinquanta centesimi..."

"Allora paga tu. Perché sei ancora qui?" Safa ha cacciato il nostro libro di testo da una valigetta per iniziare a sfogliarlo con aria disinteressata. Benedetta fugge via, il ticchettio dei passetti scoordinati a fendere l'aria.

"Ora state zitti e prendete appunti. Se mi irritate, vi lancio fuori dalla finestra."

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Appena Safa esce di classe al suono della campanella, fregandosene bellamente del lasciarci privi di supervisione, il caos esplode in aula.

Approfitto della confusione generale per fiondarmi fuori. La individuo subito in mezzo al corridoio, appoggiata al muro. Mi stava aspettando.

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