Capitolo 3

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Oscillo la matita tra le dita preda di un tic ossessivo-compulsivo mentre i pensieri a briglia sciolta tentano di incastrarsi in qualcosa di sensato.

Leggere nel pensiero? Mi sono rincoglionito in maniera definitiva? Sudo freddo mentre l'ipotesi del gene della pazzia torna a fare capolino tra le possibilità. La prof nel mentre dimostra di avere un'anima e aspetta qualche minuto ancora prima di far partire l'appello.

Un improvviso vociare concitato mi fa alzare lo sguardo, giusto in tempo per notare il gruppo di Francesco fare il suo ingresso in aula.

E torna alla memoria quella frase avvertita nella mia testa, poco prima. Ecco una prova che sto percorrendo la via della senilità precoce: Francesco non avrebbe mai pensato una... cosa del genere.

Labbra da pompino. Ma scherziamo?

Gli fisso il profilo, la matita immobile tra le dita. Lui forse percepisce il formicolio causato dal mio essere concentrato su di lui come una specie di maniaco perchè, ancora a metà risata, lo zaino su una spalla, si volta verso di me.

I nostri occhi si incontrano.

Perchè Damiano mi guarda? Ha capito? Non c'è niente da capire, cazzo, la devo smettere. Basta seghe. Divento prete.

E poi se ne va con gli altri a occupare i posti all'ultimo banco, il posto dei fighi, ovvio. O meglio, di quelli che se la tirano, per come la vedo io.

Ok, frena, ci sono preoccupazioni più gravi delle gerarchie sociali scolastiche al momento.

Non so bene che pensare di questa cosa che ho appena sentito nella mia testa. In qualche modo, c'è stata un'associazione tra me, le seghe e il diventare prete. Le cose sono due: o Francesco è fuori di testa quanto me o, più probabile, sto delirando come un folle.

Fisso la pelle olivastra del dorso della mano mentre la poso di nuovo sul banco.

Non ho compagni di banco e di solito amo questa cosa, ma ora vorrei una cavia per sperimentare le mie teorie deliranti.

Sento la prof armeggiare col computer interno alla cattedra e la guardo. Ha le sopracciglia aggrottate e poi, per un attimo, porta gli occhi su di me.

Le feci di Fiocco avevano uno strano colore. Dopo la porto dal veterinario.

E poi apre il registro digitale e inizia a fare l'appello.

Ora, qualcuno mi spieghi perchè il mio cervello avrebbe dovuto elaborare un pensiero del genere, con la voce della prof, poi.

Faccio ragionamenti astrali in cui feci rappresenta la vita umana, Fiocco invece è il senso della nostra esistenza e il veterinario è Dio.

Forse l'inconscio sta elaborando qualcosa di filosofico e magico fuori dalla portata della comprensione umana. Qualcuno, lassù, mi sta mandando dei messaggi in codice.

"Spina? Ti sei incantato?" la voce della prof mi riscuote, scacciando l'immagine di un'entità divina felina in cui mi ero perso.

"Presente" rispondo veloce e le risatine si alzano.

"L'avevo notato" commenta la prof, riprendendo l'appello. Incasso in silenzio e faccio finta di sfogliare il quaderno con interesse.

Le ore di spiegazione passano in una bolla eterna di noia, mentre penso e ripenso allo stato di decadenza in cui versa la mia sanità mentale.

Mi farò curare, alla fine ho deciso così. Aspetterò un paio di giorni e, se la situazione paranormale non si risolve, vado da uno psicologo. È deciso. Mi faccio fare pure una TAC per stare sicuro.

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