Pregnancy

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Io non avevo mai avuto una famiglia, a parte i miei genitori. Che in effetti non avevano fatto altro che mentirmi da quando ero nata. A partire dal mio cognome, che in effetti non sarebbe dovuto neanche essere Collins ma Cooper. Beatrice Cooper, suonava bene anche se era strano.

Da quando eravamo arrivati a Boston, circa mezz'ora prima, non mi sembrava più casa, mi sembrava di essere tornata a due anni fa, quando ero quella nuova, una ventenne spaventata e di certo non incinta.

Si tenevano tutti a debita distanza da me, come se fossi stata una bomba che sarebbe esplosa nel giro di dieci secondi. E invece dieci secondi dopo mi sembrò che fu tutto il resto ad esplodere attorno a me.

-Possibile che non siete felici neanche un po' di vedermi?
-Smettila Tris.

L'occhiata che mi lanciò Aimee mi fulminò quasi letteralmente. Perché sinceramente sentii un calore in tutto il mio corpo, come se già sapessi cosa stavano per dirmi tutti.

-Sappiamo che sei stata tu ad uccidere Ryan. - continuò la bionda, che una volta era mia amica.
-Aimee, ascolta...
-No, risparmiati la storia che è stato Jason. Avresti potuto scegliere diversamente.

La mia testa era vuota, completamente. Non c'era altro che aria. Non c'erano neanche le parole che tanto cercavo per potermi spiegare. E inoltre a rendere tutto più strano era la presenza di Jennifer.

L'ultima volta che l'avevo vista era tra i corridoi dell'Università e stavamo discutendo del mio appuntamento con Luke.

Era previsto che ci saremmo riviste il giorno dopo, durante la lezione di informatica. Non avremmo dovuto prestare attenzione al professor Prior, ma dovevamo parlare di come era andata, di quando mi era venuto a prendere con la sua auto sotto casa mia. Di come mi aveva trattato per tutta la cena.

E invece, due anni dopo, eravamo si nella stessa stanza, ma a discutere sul perché avevo ucciso una persona a cui tenevo. A cui avevo pregato di passare più tempo con la sua ragazza perché sentivamo tutti e due che qualcosa sarebbe successo.

-No - Bradley si intromise - non poteva.
-No, ha ragione lei. Potevo. Avrei potuto uccidere un'altra persona.
-E chi, Justin? - mi chiese sempre lui.
-No, me.
-E lo dici anche adesso? - il suo sguardo era sempre piantato nel mio.
-Bradley...

Non mi sentivo ancora di chiamarlo zio, non lo conoscevo affatto, e poi se avessero saputo della sua identità di conseguenza avrebbero saputo anche la mia.

-Perché, cosa ci sarebbe di diverso adesso? - chiese Justin, con una nota sarcastica nella sua voce.

Tra tutti quelli che c'erano in quella stanza, proprio lui doveva farmi quella domanda? Proprio a lui che mi riusciva più difficile mentire?

-Niente che vi riguardi. - dissi con lo stesso tono freddo di sempre.

Bradley fece qualche passo in avanti, parandosi davanti a me e di fronte agli altri cinque ragazzi in quella stanza.

-Comunque, prima di cominciare a darle addosso - mi indicò - ci terrei a dire che non è colpa sua. Se foste stati al suo posto avreste fatto lo stesso. Nessuno di voi avrebbe avuto il coraggio di uccidere se stesso, e tantomeno la persona che ama. O mi sbaglio, Aimee? Tra Ryan e Justin tu chi avresti ucciso?

Potei vedere i muscoli della ragazza contrarsi a quelle parole, che in effetti avevano colpito anche me. Bradley aveva fatto centro in poche e semplici frasi.

-Di certo, però, non sarei scappata a gambe levate e non avrei continuato a comportarmi come una falsa.
-Ognuno reagisce a modo suo. E poi sono stato io a farla chiamare. E se fosse rimasta qui, sarebbe morta.
-E allora perché l'hai lasciata tornare, se ci tieni tanto? - chiese Justin.

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