I.

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Akaashi sedeva sotto un salice piangente, lì dove sua madre, prima di morire, lo portava per allattarlo.
Quell'albero si trovava poco distante dal suo villaggio e il corvino era solito andarci durante le ore più calde della giornata per essere accolto dalla confortevole ombra che lo proteggeva maggiormente dall'afa estiva.

Vide poi Kozume avvicinarsi, come al suo solito a testa bassa, e sedersi di fianco a lui posando la testa sulla sua spalla.

"problemi al villaggio?"

Questa fu la prima cosa che Keiji chiese guardando la parte castana dei capelli dell'omega: non erano naturali, lo schiarimento era dovuto a un impacco di camomilla che il biondo faceva regolarmente per cessare la sua emicrania, a quanto pare l'odore dell'infuso e i capelli umiditi da quella bevanda calda lo tranquillizzavano, ma col tempo aveva portato a schiarirli.

Kenma scosse il capo in segno di negazione accocolandosi ancora di più al corvino che gli strinse una mano intorno alle spalle.

"e allora che succede?"

Solitamente non veniva mai a cercarlo per primo a meno che non fosse successo qualcosa, però accettava volentieri la sua presenza.

"voglio vedere un kemono, li sto studiando da un po' ormai."

"interessante."

"si... Credo."

La comune insicurezza risuonava nelle parole del biondo.
Si mostrava spesso tranquillo, ma quando qualcuno, in particolar modo Lev o Tora, o qualcosa gli dava fastidio allora bisognava mettersi al riparo: i suoi attacchi d'ira potevano essere composti solo da grida o, quando gli diceva male, addirittura risse e oggetti volanti. Questo aspetto del capo spaventava alquanto la gente, ma pian piano diventava un'abitudine.

Il tempo volava e si era già fatto il crepuscolo che tingeva il cielo di meravigliose sfumature che passavano dal celeste al arancio, fino ad arrivare al rosso, al viola ed infine al blu della notte che poi prendeva il sopravvento su tutto.

"è ora di cena, ti va di mangiare insieme?"

"scusa Kenma, ma oggi non ho molta fame... In più credo che il tuo popolo ti stia aspettando, non preoccuparti per me, mangerò qualcosa più tardi semmai"

Mentiva. Semplicemente quel giorno non si sentiva particolarmente in forma e preferiva provare il digiuno per evitare di mangiare qualcosa di scorretto.
Il biondo annuì e si alzò lentamente per poi incamminarsi, barcollando un po', verso la sua capanna.

Akaashi sorrise appena guardandosi intorno e raccolse una piccola margheritina infilandosela tra i morbidi ricci neri, nel mentre analizzava il suo corpo: magro e tonico, forse un po' troppo fragile a suo gusto, non provò nemmeno a guardarsi le mani e i fianchi, non li voleva vedere, -fanno schifo- queste furono le sue parole, a detta sua le mani erano troppo grandi e le dita lunghe e affusolate rendevano il tutto ancora peggiore e i fianchi sottili che lo facevano sembrare molto più magro.

Il cigolio di un ramo piegato lo fece sobbalzare e iniziò a guardarsi nervosamente intorno: nessuno sapeva dove si trovasse, apparte Kozume, perché non voleva essere disturbato o credeva che qualcuno facesse del male a quel prezioso albero.
Un'enorme e scura ombra lo coprì non mostrando più nemmeno il poco sole che ancora illuminava il cielo.

Spostò il suo sguardo verso l'alto notando due enormi ali grigie e nere, non potevano essere di un gufo né tanto meno di un aquila o un uccello di grandi dimensioni, queste erano almeno tre volte più grandi e la cosa terrorizzò il corvino e non poco, i suoi occhi color mare si spalancarono tremando mentre si tirava in piedi per poter fuggire, ma a causa del digiuno le forze gli mancavano e tutto divenne nero, sentiva ancora di avere i piedi sul terreno, però il peso lo stava portando indietro.

Kemono Of Our HeartsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora