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Una lama affilata o una corda?
Affogare o abbandonarsi al vuoto?
Ho così tante opzioni tra cui scegliere che tornerei in vita solo per provarle tutte. Ormai la lettera era stata spedita ma dentro di me sento ancora quella strana sensazione, come di incertezza. Con tutto il mio cuore spero che la legga ma dall'altra parte non si è più fatto vedere per due mesi. Sarà ancora troppo arrabbiato per aver a che fare con me. Non dovrei sperarci così tanto, lo capisco, sono stata pessima sotto tanti aspetti, come fidanzata in primis. Il cielo scuro, il velo della notte, sono gli unici che riescono a rasserenarmi da ormai diverse settimane e l'unico desiderio che posso esprimere è la fine di tutta questa sofferenza, di questa solitudine. Eppure non sono sola, non più ormai. Già, nel mio ventre sta prendendo forma una nuova vita. Al solo pensiero mi si stringe il cuore e si bagnano gli occhi. Come ho potuto essere così imprudente? Ho commesso errori in passato ma questo è il fardello più pesante. Non riesco a badare a me stessa, come posso prendermi cura di una nuova creatura? Proprio mentre sono immersa nei pensieri riguardo a ciò che dovrei fare sento un bisogno eccessivo di rigurgitare, tanto che cercando di raggiungere il più velocemente possibile il bagno lascio cadere diversi oggetti. Ed eccola, di nuovo qui, questa sensazione di solitudine costante. Chi avrebbe mai immaginato che un giorno mi sarei trovata da sola ad affrontare una gravidanza? Incredibile. Una delle tante cose che solo io riesco a fare. Fantastico.
Vorrei solo che fosse qui, anche solo a tenere i capelli, a dirmi che andrà tutto bene, che affronteremo anche questo insieme. Che mi facesse sentire la sua presenza anche solo con il respiro. Qualsiasi cosa. Ti prego...
E nuovamente, come negli ultimi giorni mi è capitato, mi lascio andare alle lacrime roventi.

Narratore pov
Per le strade deserte solo i passi di un'unico individuo risuonano ripetutamente, a cadenza regolare ma a breve distanza l'uno dall'altro. Ansima ma non vuole fermarsi. Sta correndo ormai da diverso tempo, cercando l'amica per avere l'indirizzo di quella casa che ha gettato le fondamenta alle loro incomprensioni, e ora che sa dove dirigersi non vuole fermarsi un singolo istante di più. La vuole raggiungere, la vuole stringere tra le braccia e dirle che andrà tutto bene. Ora lui è lì.
Ed eccola, la porta d'ingresso della palazzina. Sale le scale, cercando di ricordare quella sera e con la mente annebbiata dalla mancanza di ossigeno. Nonostante sia un giovane allenato, sempre in movimento, quando si tratta di quella ragazza perde completamente il controllo della sua respirazione. Lo fa impazzire ma è qualcosa che negli ultimi anni gli è mancato da morire, e non è disposto a perderla.
Affannato si ferma un momento, all'inizio del primo corridoio, e ritorna indietro nel tempo.
Stavano a braccetto, stretti l'uno a l'altra, parlando con voce nostalgica. Nonostante l'apparente tranquillità che le stava mostrando, dentro era stato investito dalle emozioni. Quasi pensava di essere tornato ai tempi in cui cercava disperatamente di farsi notare da lei, di uscire da quella zona di "sola amicizia" che lei provava nei suoi confronti. E quando ci riuscì, nonostante quello che dovette passare per dimostrale quanto tenesse a lei, non credette alle sue orecchie. Lei ricambiava e sarebbe stata pronta a tutto pur di renderlo felice.
«Non sono molto brava in queste cose ma mi impegnerò con tutta me stessa per essere una perfetta fidanzata!» gli disse un giorno, dopo una litigata da nulla, per chiedere scusa.
"Ottusa che non sei altro, veramente non capisci? Io non ho mai voluto che fossi la fidanzata perfetta, che fossi come le altre ragazze, per essere felice. Anche un sorriso sincero, una parola, un gesto inconscio che ti capita di fare quando sei persa tra i tuoi pensieri...qualsiasi cosa mi avrebbe reso felice, perché sei tu. Tu soltanto sei la mia felicità" Questo salta alla menta del ragazzo ripensando a quelle sue parole. Ora è certo che quel corridoio è quello giusto. Sì, è lì che stava pensando a tutto quel monologo sulla felicità. Eppure ora, pensando al motivo di quella sua infinita corsa, può sentire persino di poter perdere fiducia nella felicità da un momento all'altro.
Bussa, con delicatezza, a quella che con tutto il cuore spera sia la porta giusta. Attende qualche istante e la porta si apre.
«Posso esserle d'aiuto?» chiede un uomo calvo alzando un sopracciglio, evidentemente confuso di ricevere visite a tarda ora.
«Oh chiedo scusa» si affretta a dire l'innamorato, ma poi pensando bene decide di approfittare di quell'inconveniente «Saprebbe dirmi dove vive [T]- Yor Forster?» L'uomo ci riflette su per qualche istante per poi indicare la porta accanto. Non ha mai avuto molto a che fare con i vicini e non sa bene i nomi degli ultimi arrivati. Con "ultimi arrivati" intendeva quelli trasferitisi da dieci anni a questa parte, sia chiaro, e poi è un quartiere molto movimentato e i condòmini cambiano spesso.
Il giovane uomo ringrazia e, dopo essersi portato davanti all'ingresso della sua amata, prende un gran respiro, sperando nel meglio. Bussa.
Dall'altro lato la giovane, presa alla sprovvista, si alza dal letto dove, fino a poco prima, stava piangendo la sua stupidità. Asciuga le lacrime e si ferma davanti alla porta, incerta, sperando di essersi solo immaginata il suono di una mano contro il legno. Non può e non è in stato mentalmente stabile per ammettere ospiti e ricevere visite. Ma dopo una pausa il suono si ripete, più deciso di prima, e questa volta accompagnato da una voce.
«[T/n], ti prego apri» il ragazzo all'esterno aveva la voce insicura. Ma lei è sorpresa dalla sua presenza lì. Aveva veramente ricevuto la sua lettera? E aveva accettato di leggerla!
«Ho bisogno di parlarti. So che sei qui, Reka mi ha detto che non esci più molto ormai, se non addirittura per niente. Se non vuoi farlo va bene, parlerò da qui. Forse sarà anche più semplice, non doverti vedere negli occhi e cogliere il tuo dolore. Ma mi sento un codardo» prende una pausa, cercando di capire se lei avrebbe fatto un passo in più e aperto quella barriera. Da quando sono nati a dividere le loro vite ci hanno sempre pensato le mura, alte 50m ed estese per chilometri, in roccia spessa. Ora una semplice porta di legno sembrava più resistente e decisa a rimanere chiusa tra loro.
«D'accordo allora-» inizia nuovamente ma la fanciulla decide che affrontarlo tu per tu sarebbe stato più semplice, nonostante il ragazzo la pensasse diversamente, e per lo meno non sarebbe scoppiata a piangere di nuovo se lo avesse guardato negli occhi. Era per sé, voleva mantenere ancora un briciolo del suo orgoglio ormai in frantumi. E ora eccoli, uno davanti all'altra, entrambi senza sapere come agire e cosa dire. Lei aveva desiderato di rivederlo e che non la odiasse per ciò che fece e scrisse su quelle pagine. Lui aveva pianificato, durante la sua corsa, cosa dirle ma ora, con gli occhi di lei arrossati che lo scrutavano timorosi, ha perso ogni capacità di proferire parola.
«Entra» gli fa cenno lei, spostandosi lateralmente per lasciargli spazio e passare. Lui l'ascolta e si accomoda in quella casa che diede inizio a tutti gli equivoci. Lei si ferma su una morbida poltrona, rannicchiandosi e portando le gambe sotto di sé per sedercisi sopra. Le ginocchia lasciate ricadere sui braccioli. Guardandola dall'esterno, sembra quasi un cucciolo spaventato che cerca sicurezza su se stesso. Ma forse, in fondo, era solo una madre che tenta di proteggere il proprio, di cucciolo, facendogli scudo col proprio corpo.
«Sembri molto stanca» comincia l'ospite davanti a lei, a disagio sul divano color vino.
«Lo sono» La giovane donna si costringe a dargli ragione, consapevole del suo aspetto pallido e malaticcio. Le occhiaie erano ormai parte di lei da diverse settimane, conseguenza delle notti passate a osservare la via sotto la sua finestra. «Perché sei qui? Quello che hai letto...» la sua voce è bassa e le ultime parole le muoiono in gola. Ma il ragazzo sente tutto se pronunciato da lei.
«Sì, ho letto. E non mi interessa. O meglio, non mi interessa ciò che hai fatto. Ho capito il perché e non posso fartene una colpa. Per te è stato tutto difficile, sarebbe da stronzi addossarti colpe che non hai mai desiderato. E mi sento tale al pensiero di come ho reagito quel giorno. Non sapevo e dovevo ascoltarti. Mi dispiace tanto, tantissimo che tu abbia sofferto così tanto per colpa mia. Non avrei mai voluto farti del male, lo sai» poi prova ad allungarsi per prendere tra le sue forti mani quelle di lei e farle sentire quanto sia sincero. Peccato che la giovane la ritira, spaventata.
«Lo so. Ma sono io che ho ferito te e potrei farlo ancora. Jean...io...non sono in una situazione facile» per poco la sua voce si spezzò ma rapidamente si ricompone.
«L'ho letta tutta, quella lettera. Sono qui per questo. Per dirti che mi dispiace dal profondo del cuore. Quello che è successo poi non cambierà quello che provo per te. Che sia mio o suo non mi importa. Se tu vorrai, ti sarò vicino, ti aiuterò e lo crescerò come mio. Saremo degli ottimi genitori insieme, credimi»
Con le lacrime agli occhi che minacciano di ritornare a scorrere, [T/n] si porta una mano al cuore e stringe tra le esili dita stanche la stoffa del suo vestito. Avrebbe voluto tanto prenderla e nasconderci il viso contro ma è troppo stretto per rintanarsi dentro la scollatura. Come molti anni prima anche questa volta il primo passo l'ha fatto lui e, oggi, deciso a crescere una nuova creatura che sarebbe potuto essere sangue del suo sangue come no. Ne fu sorpresa quando lo sentii dire quelle cose.
«Non posso farti questo...» disse però, triste.
«Perché mai? Ti dirò la verità: quando sei partita sentii una stretta al cuore, come se sapessi che qualcosa stava andando nella direzione sbagliata, ma in quel momento decisi di non badarci troppo, di non essere il solito pessimista. Poi passò il tempo, e con lui passarono gli anni senza che tu tornassi. Pensai solamente a una cosa: quando ti avrei rivista, perché la speranza non svanì mai, ti avrei tenuta con me per sempre» Lo sguardo di lui era fisso negli occhi [c/o] di lei che ascoltava emozionata.
«Sposami»
Il cuore di entrambi sta palpitando velocemente. Quello del ragazzo che aspettava una risposta, avendo messo in gioco tutto di sé; quello della ragazza tornò a quattro anni prima, sul piazzale della caserma al ritorno dalla festa della sua cara amica. Ma quella sera lui era ubriaco e, come investigò il giorno seguente, aveva dimenticato quella promessa. Ora però è davanti a lei, con il respiro affannato e impaziente. Tutto ciò a cui riesce a pensare è se sia uno strano scherzo o avesse bevuto prima di raggiungerla. Non era emotivamente pronta a subire un'altra falsa speranza come quella volta.
Gli occhi ambrati del ragazzo sembra quasi che si spengano, perdono la luce che fino a poco prima li illuminava e pigramente si rimette in piedi, distogliendo lo sguardo dalla ragazza e strofinando nervosamente i pantaloni.
«Come non detto, non dovevo essere così precipitoso. Magari ho frainteso la lettera e-»
«Aspetta!» La voce allarmata di lei lo ferma dall'aprire la porta e andarsene per sempre, facendolo voltare nuovamente speranzoso.
«Tu..tu stai dicendo sul serio?» Si è alzata e ora i suoi occhi si posano timidamente sui suoi, cercando un segno di incertezza su di lui. Ma invece le si avvicina con entusiasmo, prendendo entrambe le sue mani tra le proprie e sorridendo.
«Sì! Torneremo a casa, ci sposeremo e avremo tutti i bambini che vorrai. Saremo una famiglia bellissima, te lo prometto. Lasciami l'onore di prendermi cura di te. Anzi, mi correggo, di voi» Ora la sua mano destra si allontana da quella che stringeva fino a un momento prima e si posa sul ventre della futura madre. «Sii mia moglie. Non desidero altro»
Finalmente sentiva in lei tornare quella sensazione che aveva provato in quel pigro anno sull'isola. Il cuore le galoppava nel petto come in quel momento e ora era certa di quale risposta dovesse dare.
«Sì. Sì. Sì e mille altre volte sì» risponde tra le lacrime. Ma questa volta, dopo anni di sofferenza e dolore, si tratta di lacrime di felicità. Quella felicità che solo lui le poteva dare.

𝕄𝕌ℝ𝔸 {Jean x reader}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora