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«Smettila Leon! Lasciami in pace!»
«Dai non fa male, è un giocattolo! Prendi lo scudo e difenditi. Non fare la bambina»
Le grida riecheggiano tra le fronde verdi degli alberi e i folti cespugli che compaiono qua e là per la radura. Un posto soleggiato e tranquillo, perfetto per distrarre due piccoli energici.
«Ragazzi venite qui, forza. Dobbiamo andare» grido sporgendomi dalla staccionata di legno della veranda. Poi dei passi e una porta che si richiude e delle braccia strette intorno alla vita.
«Che succede qui fuori?» sussurra all'orecchio con voce divertita. Nel frattempo anche le due pesti si sono avvicinate, continuando a litigare, ovviamente.
«Leon stuzzica Sam con la spada nonostante i ripetuti rifiuti di lei. Che dovremmo fare?» Guardo prima la bambina dai capelli caramello, occhi scaltri e la maggiore tra i due con i suoi fieri dieci anni, poi sul piccolo dai capelli [c/c] e gli occhi ambra, più piccolo di soli due anni rispetto alla sorella. Entrambi si squadrano in cagnesco con le braccia incrociate al petto. Jean sostiene che è un gesto imparato da me quando mi arrabbio ma secondo il mio personalissimo parere è qualcosa di loro. Peccato che ogni volta che lo fa presente poi capiti proprio che mi stringa le braccia davanti al corpo e mi finga offesa, dando ancor di più prova di quanto lui appoggi.
«Io opterei per darli in pasto agli squali» propone il mio compagno appoggiando un braccio intorno al mio collo. I piccoli subito sgranano gli occhi e urlano all'unisono: «Dobbiamo partire!» e come se si fossero ricordati di aver dimenticato qualcosa sul fuoco si precipitano in casa a prepararsi.
«Hanno sempre troppe energie» osserva l'uomo che un tempo veniva preso in giro per avere il volto simile a quello di un cavallo. Senza pensare gli accarezzo una guancia ruvida sotto la lieve barba che lascia crescere e sorrido nel vedere quanto sia cambiato negli anni. Come vice comandante sostiene di doversi mantenere in forma e il suo fisico non lascia trapelare alcun dubbio su quanto segua le sue idee. I capelli li ha lasciati crescere di qualche centimetro rispetto a quando ci rincontrammo in quel luogo che ormai è solo un lontano e triste ricordo. Tutto di lui, compresi i lineamenti decisi, lascia trapelare quale buon uomo sia diventato.
«Sei un padre fantastico» lo rassicuro senza accorgermene. In passato capitò che non si sentisse all'altezza di quel ruolo ma con pazienza riuscimmo ad andare avanti, insieme, e riuscimmo a crescere due ottimi bambini.
«E tu una madre altrettanto premurosa» sorride prendendo la mia mano, che ancora poggiava sul suo viso, tra le sue e con gentilezza l'allontana per posarcisi sopra un affettuoso bacio.
«Siamo pronti!» dichiara la più grande uscendo di casa con una piccola valigia di cuoio penzoloni davanti a sé. Lo stesso imita il piccolo. Partire per loro era sempre stata un'avventura.
Sistemo le valigie sul carro e aiuto Leon a sistemare i cuscini per stare comodo. La cappottina li avrebbe tenuti all'ombra durante tutta la strada fino al porto.
«Possiamo andare» proclamo sedendomi al fianco di mio marito che, senza attendere oltre, dà di redini per partire.
Una bellissima cavalla pezzata traina la piccola carrozza di legno che normalmente sarebbe stata adoperata per i viaggi in centro città per comprare materiali al fine di riparare o costruire qualcosa nella casa di campagna. Sia Ercole che Tynee hanno raggiunto un'età avanzata e il testimone è passato alla figlia, Nisu. Fu un gran peccato quando tornai vedere la puledra già grande, ma l'onore di addestrarla non mi fu portato via. Nessuno se ne occupò nei primi anni di vita, forse anche perché Jean si rifiutò che qualcuno le si avvicinasse, convinto che sarei tornata presto e che quello di crescerla era un mio desiderio. Ammetto che non fu semplice, era selvaggia e intrattabile. Non aveva fiducia nelle selle e spesso scappava saltando la staccionata del recinto. Fu una bella notizia vedere quanto fosse agile. Ci vollero anni per rassicurarla e creare un bel legame e come accordo decidemmo che avrebbe messo a disposizione la sua energia e forza nel trasporto pesante.
«Mamma» chiama Sam e si sporge dalla tenda con il viso «Ci sarà anche zia Sina?»
Sina, mia sorella, rimase in città con gli altri. Si era creata una società funzionale e non l'avrebbe lasciata tanto presto. Al pensiero di rincontrarla un sorriso raggiante mi solca il viso. E i bambini capiscono immediatamente, iniziando a festeggiare.
«E come continua la vostra storia? Che è successo dopo che ti sei ritrovata con papà?»
Il mio sguardo si sofferma per un breve istante su Jean, il quale fa cenno con il capo di proseguire. Mi alzo, traballando sul carro, e mi faccio spazio tra la tenda e sedendomi all'interno, tra Sam e Leon, il più piccolo che si accoccola sotto il mio braccio. Istintivamente sposto un ciuffo ribelle dalla sua fronte che però non vuol sentire ragioni e torna dov'era prima. Al che prova lui soffiandolo da parte, ma anche questa volta senza risultato.
«Sapete, le persone cambiano con il tempo. Ci sono circostanze che ti costringono a crescere e prendere decisioni, e proprio per questo si cambia. Anche voi quando diventerete grandi cambierete, ci siamo passati tutti. Io in primis, vostro padre, vostra zia e tutti i nostri amici. Ma una persona è cambiata più di tutte: Eren Jaeger, il ragazzo che sognava la libertà. Il mutaforme, l'eroe che ha annientato i giganti e riconquistato il Wall Maria. L'amico rumoroso e certe volte un po' ottuso. Povera Mikasa, ne ha passate tante per potergli stare vicino. Ebbene, quel ragazzo scomparve, lasciando spazio a un Eren silenzioso, a tratti solitario. Ho visto i suoi occhi, non esprimevano più la stessa energia di una volta. Quello che ha fatto poi, non so se fosse completamente frutto dei suoi piani originali o l'accavallarsi di possessori di giganti passati. Oltre al suo, il gigante d'attacco e i predecessori, in corpo contava ben altri due giganti: il fondatore e il martello. Mancò poco che ottenesse anche il mandibola. Ma lasciatemi spiegare, chi è questo gigante martello? Ebbene, il gigante che venne rubato alla famiglia Tybur durante la distruzione di Liberio, dove vivevo...»
I bambini esultano e con un "oh" meravigliato si punzecchiano, iniziando a fare domande che si accavallano tra di loro. Sorrido alla loro spensieratezza, la loro fortuna. Il mondo era diventato un posto sicura ora, senza la minaccia dei giganti. Eren era stato sconfitto per molti, ma per noi era solo scomparso. Ecco perché ci ricongiungevamo una volta all'anno, per incontrarlo sotto l'albero in cui era stata sistemata con cura la sua casa eterna.
Guardo l'uomo che mi ha svoltato la vita, che mi ha salvata. L'uomo che mi ha insegnato a vivere, che apprezzava e apprezza tutt'ora le mie torte. Lui, che mi è stato vicino anche nei quattro anni in cui eravamo distanti, aspettandomi al porto ad ogni alba e ad ogni tramonto.
Sorrido e, tra i battibecchi rumorosi dei nostri figli, con le labbra pronuncio un silenzioso: «Ti amo.»
Lui sogghigna e copre il viso imbarazzato con il suo cappello di paglia. «Io di più.»
«E io più del tuo più.»

𝕄𝕌ℝ𝔸 {Jean x reader}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora