Capitolo 4

93 20 81
                                    

<<Perché tu e mia sorella siete qui?>>.

Una sensazione di panico inizia a diffondersi in tutto il corpo e comincio a sentire l'ansia salirmi in gola e annebbiarmi il cervello, già compromesso dall'alcol scolato fino ad ora. Tobia, il ragazzo che poco fa si stava dando da fare con quella bionda è qui, davanti a me, e sta aspettando una risposta. I suoi occhi castani si sono fissati sui miei, non prima di aver dato un rapido sguardo alla mia figura. Nel suo volto non c'è traccia di barba, e mi è facile notare la durezza della sua mascella contratta. I capelli gli coprono in parte gli occhi, quei lunghi capelli castani, mossi e scompigliati, che dalla seconda superiore ha deciso di tenere abbastanza lunghi, non quanto le spalle perché a detta sua "sono scomodi", ma abbastanza lunghi da poterci infilare le dita e provare una certa soddisfazione. Non che io abbia provato, sia chiaro, mi attengo alle voci di corridoio.

Non riesco a pensare a una risposta logica da dargli, forse se non avessi bevuto così tanto mi sarebbero bastati 0,2 secondi per inventare una balla degna di lode, e invece sono qui, presa dall'angoscia, che mi guardo attorno alla ricerca di ispirazione o di un aiuto. Amanda è sparita dalla mia vista già un paio di ore fa e non riesco a captarla fra la gente.

<<Ci sei? Mi hai sentito?>> insiste, schioccando le dita un paio di volte vicino al mio viso per richiamare la mia attenzione. Il suo tono mi fa intuire che è un po' scocciato, ma questo è decisamente un suo problema.

<<Non lo so, mi ha invitata Amanda>> cerco di non far trapelare troppe informazioni, in modo tale che lei dopo riesca ad inventarsi una storia che sia concorde con ciò che gli sto dicendo.

<<Ma se voi due vi dite tutto, vuoi farmi credere che non sai perché è qui? E poi lei dov'è? Non siete mica qualcosa come due gemelle siamesi voi due?>> indaga, affatto convinto della mia risposta. Amanda, questa me la paghi! Ti avevo detto di trovare una scusa e non l'hai fatto, inoltre avevi detto che tuo fratello ti avrebbe chiesto solo domani perché eravamo a questa stupida festa.

<<È in bagno>> sparo, continuando a guardarmi attorno. Se qualcuno mi sta ascoltando, vi prego, mandate qualcuno a salvarmi, ne ho bisogno ora. Tobia scuote la testa e si avvicina di un altro passo per farsi sentire, io mi allontano perché mi sta irritando e non voglio averlo addosso. Ma che si scansi! Lui di tutta risposta mi poggia una mano sulla spalla e avanza fino ad essere abbastanza vicino, mi tiene salda in modo che non possa retrocedere nuovamente.

<<Ti puoi levare? Mi stai irritando>> esigo acida, fissandolo con lo sguardo più minaccioso che riesco a fare. L'effetto non è quello sperato, perché mi ignora totalmente e si avvicina di poco con il viso.

<<Non mi mentire, Anastasia. Mia sorella non è in bagno perché fino a poco fa c'ero io, e se non sbaglio c'eri pure tu>> bisbiglia con un ghigno insopportabile. Io divento probabilmente viola in viso, sento le guance andare a fuoco per l'imbarazzo, e spero che non si veda grazie alle luci soffuse del locale.

Gli mollo uno spintone in pieno petto per farlo allontanare, consapevole che si sta divertendo a prendermi in giro. Ma cosa vuole?

<<Punto primo: dovevo solo andare in bagno e non c'era fila per quello dei maschi. La prossima volta ti consiglio di scegliere un posto più appartato se non vuoi incappare in situazioni come questa>> e faccio l'occhiolino, nella speranza di rendere il mio discorso maggiormente derisorio <<e secondo, chiamami Ana, non Anastasia>>.

<<Partiamo dal presupposto che ti chiamo come cazzo mi pare e poi vorrei che rispondessi alla mia domanda: mia sorella dove sta?>> chiede fermo. Il suo tono insolente mi fa andare fuori di testa, vorrei prenderlo a pugni e non so nemmeno perché. Ma che poi, cosa vuole da me? Non mi ha mai rivolto la parola nonostante fossi sempre a casa sua con Amanda, cosa gli è preso stasera? Non può chiedere queste cose a sua sorella? Quando ha pensato di avere la confidenza di parlare con me? Senza dimenticare il suo atteggiamento derisorio a scuola, quando quel deficiente del suo amico mi ha trattata di merda.

Sono un banale romanzo rosaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora