Capitolo 17

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Il primo ricordo che ho dei miei genitori è di più di vent'anni fa. Avevo circa quattro anni e papà mi stava insegnando ad andare in bicicletta senza rotelle, mentre mamma portava in braccio Abbie. Lei era piccola, ma mi ricordo che già non stava mai zitta.

Ty guida in silenzio, con una mano poggiata sul mio ginocchio per darmi conforto. Forse in un'altra occasione l'avrebbe fatto, ma ora a stento mi rendo conto del contatto fisico che c'è tra loro. Penso solo ai miei genitori e al loro sorriso e al fatto che non sono pronta a perderli. È vero che mi arrabbio con loro più volte del necessario, che alcune volte non sono stati i genitori dell'anno, ma questo non toglie che sono le persone più importanti della mia vita insieme a mia sorella.

Sarah è seduta nei posti di dietro, mentre gli altri stanno venendo con un'altra macchina. Neanche mi ricordo come ci sono finita qui dentro, l'ultima cosa di cui sono certa è che volevo chiamare Abbie per dirle di me e di Ty. Ora dovrei chiamarla per un altro motivo, che neanche ho assimilato. «Vuoi che mettiamo un po' di musica?» Mi chiede la mia amica, lodandomi una mano sulla spalla.

Scuoto lentamente la testa, chiudendo gli occhi. Siamo quasi arrivati. Riconosco la strada di casa e una sensazione di familiarità mi scalda lo stomaco, ancora contorto per tutti i pensieri che mi stanno passando per la testa. Se ne saranno accorti che stavano per morire? Hanno pensato a noi? Sono sicura che non è vero che quando ti succede qualcosa di orribile e sei sul punto di morire vedi la tua vita passarti davanti agli occhi. Io credo che pensi a quello che poteva ancora succedere, alle persone che ami di più. Mi piace pensare così, soprattutto ora.

La macchina si ferma qualche minuto dopo ed apro gli occhi. Sono umidi per le lacrime che sto trattenendo senza neanche volerlo. Ty ha parcheggiato un po' più avanti, in modo che io non veda ancora le condizioni di casa mia. «Non dobbiamo andare subito.» Mi dice dolcemente, spostando la mano dal mio ginocchio.

«Sì che dobbiamo.» Mormoro, con le mani che tremano. Le devo mettere sotto le ginocchia per non guardarle. «Se non lo faccio ora non lo farò mai più.» Prima di realizzare davvero che sono stati uccisi, che non c'è modo di rivederli. La consapevolezza ancora non mi ha investito come un camion.

Sarah si schiarisce la voce, non appena mi giro a guardarla mi accorgo che è a disagio. Non sa come comportarsi e non la biasimo per questo: al suo posto non lo saprei neanche io. «Vado a vedere dove sono gli altri tre, okay?» Mi lascia un bacio sulla guancia, poi mi asciuga una lacrima che è scivolata giù. «Sii forte, Elodie. E ricordati che noi non ti lasceremo da sola, sei la nostra seconda famiglia.» Fa un ultimo sorriso prima di scendere dall'auto, mentre io vorrei solo gridare. Non riesco neanche a trovare conforto nelle parole della mia amica, che una volta mi avrebbero reso la persona più felice del mondo.

Ty mi prende la mano non appena rimaniamo soli e la stringe così forte che le nocche di entrambi diventano bianche. Ma non dico niente, perché ho davvero un disperato bisogno di non sentirmi da sola. Non ho pensato che a lui questo potrebbe ricordare suo fratello. «El...» Inizia a dire, ma io lo interrompo. «Li dimenticherò, Ty?» È il mio terrore più grande. «Perché ora sono ancora piccola, ma se tra vent'anni dimenticherò com'era svegliarsi con la risata di mamma per qualcosa che le aveva detto papà, o i baci sulla fronte di mio padre quando studiavo, o come profumava mia madre? Non voglio scordarlo. Non posso.»

«Non lo so, piccola.» La sua voce è ridotta in un sussurro. «Ma anche se fosse questo non significa che ti scorderai di loro o che tu non gli voglia bene. Sono i tuoi genitori anche se non sono più qui, niente può cambiarlo.»

Il magone che ho alla gola mi dà difficoltà a respirare. Annuisco, incapace di dire altro. Ty mi bacia la mano. «Le prime settimane saranno le più dure e non dico che con il tempo tornerai a stare bene, ti mancheranno sempre, ma starai meglio e ti abituerai a convivere con il dolore.»

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