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«Per favore, dì qualcosa.» La prego, rompendo il silenzio. Abbie mi fissa in silenzio, ha ancora un'espressione stravolta dipinta in volto. Vorrei prenderla per le spalle e urlarle che ho bisogno che parli tanto, in questo momento, ma c'è solo silenzio da parte sua. Non mi ricordo neanche come le ho detto che i nostri genitori non ci sono più, mi ricordo solo che ha iniziato a piangere così forte che ho pensato si stesse per sentire male.
Ho cercato di essere quella forte, quella che non piange davanti a lei, ma mi sono resa conto qualche minuto dopo di non esserne in grado non appena ho sentito il sapore salato delle mie lacrime sulle labbra. «Ragazze.» Joey fa un sorriso triste, andando dal suo ufficio in quello di Ty con un foglio davanti a sé. Sembra preoccupato.
Siamo qui da circa due ore, anche se in teoria io non dovrei esserci. Non dovrei essere in quest'edificio perché mi hanno dato un paio di settimane per metabolizzare il lutto. Come se riuscissi davvero a farlo in quattordici giorni, per poco non ho riso quando me l'hanno detto.
Osservo Joey andare nell'ufficio del mio ragazzo, Camden e Sarah sono già lì. «Mi dispiace, El, ma non riesco a trovare nulla da dirti. Mi sento vuota.» Sussurra Abbie, guardandosi le mani.
Annuisco, incapace di dire altro. Mi sento così anche io. Prosciugata da ogni sensazione che non sia il forte dolore al petto che mi ricorda ogni secondo di aver perso i miei genitori. Non erano i migliori, ma lo erano per me. Mi bastava quello che avevo.
Ty esce dalla stanza, ha l'aria colpevole. Mi raddrizzo subito quando i suoi occhi incrociano i miei. «Dobbiamo parlare, vieni.» Mi fa segno di seguirlo e ci metto un po' ad alzarmi. Ho le gambe intorpidite.
Lancio un'occhiata a mia sorella, che neanche sembra essersi accorta che la sto lasciando sola per qualche minuto. Io e Ty entriamo in un ufficio vuoto, non assegnato a nessuno dato che non c'è nessuna targhetta con il cognome sulla scrivania. «Di che si tratta?» Chiedo, girandomi per guardarlo. Mi sorprendo di quanto io lo trovi bello anche in una situazione del genere.
«Abbiamo confrontato il tuo interrogatorio con quello di Abbie.» Mormora, stringendo le mani a pugno. Ci hanno fatto domande come "i tuoi avevano nemici?" ma entrambe abbiamo detto di no. Ed è vero. «Loro non avevano nessuno di pericoloso intorno, ma tu sì.» Sembra in difficoltà. Io non mi sento tanto bene, così sono costretta a mettere entrambe le mani davanti la scrivania per sorreggermi. Io sì. «Non c'è un modo carino per dirlo, Elodie. E da questo momento in poi sono escluso anche io dalle ricerche.»
Corrugo la fronte. Cosa c'entra lui? Poi mi viene in mente il suo nome. Ty ha ancora una paura matta di lei. «Credi che sia stata Brooklyn?» Pronunciare l'ultima parola è come mordere qualcosa di acerbo. Ho solo voglia di chiudere gli occhi e non riaprirli più. Sono stata io a coinvolgere i miei in questa storia.
Si stringe nelle spalle. «È una pista. Posso cercarne altre, ma sono emotivamente coinvolto in tutto. Per gli altri è meglio che io non partecipi.» Non rispondo, mi avvicino solo per abbracciarlo. Come i miei sensi di colpa mi stanno logorando, so che lo stanno facendo anche con lui. «Forse è meglio finirla qua, El.» Mormora, facendomi pietrificare.
Mi fischiano le orecchie. «Cosa?»
«Io...» Balbetta, portandosi una mano tra i capelli. «Sono stato io a trascinarti in questo casino, Lewis, se non fosse stato per me i tuoi genitori starebbero bene. Come puoi stare con me dopo tutto questo? Avrei dovuto affrontare Brooklyn da solo, avrei dovuto immaginare che non ti avrebbe lasciato tanto facilmente.»
Anche io mi sento in colpa, ma almeno non allontano gli altri. Scuoto la testa e prendo delicatamente il suo viso con entrambe le mani. «Sto con te perché sei la persona migliore che conosca. Tu non c'entri con le azioni di quella psicopatica. Non puoi lasciarmi anche tu...» Sento le lacrime agli occhi e Ty mi stringe a sé.
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Comeback
DragosteUna sorella con la parlantina, dei genitori completamente imbranati nel ruolo e zero amici sono le caratteristiche principali della semplice vita di Elodie. O almeno, finché non si convince che aiutare gli altri lavorando all'FBI è la giusta strada...