silenzio.
quel silenzio faceva male.
male.
tanto male.
appoggiati sul balcone.
si sentivano gli sbuffi.
i suoi sbuffi.
di sigaretta.
malboro rosse.
aveva gli occhi lucidi.
aveva bisogno di piangere.
probabile.
avevano paura di litigare.
il litigare riesce a portare ad una rottura immediata.
presa senza ragionare.
e noi avevamo paura di questo.
da sempre.
il buio regnava sovrano,
con i concerti dei grilli nascosti nell'erbetta del giardino.
noi eravamo distanti.
avevamo appena finito di discutere.
io piangevo.
in silenzio.
lui non doveva vederlo.
ero troppo orgogliosa per farglielo notare.
lui d'altro canto,
si mangiava le lacrime.
non voleva farmelo vedere.
era troppo orgoglioso per farmelo notare.
ma la sua malboro tremava.
e anche lui.
era freddo?
per nulla.
avevamo paura.
paura di lasciarci.
e paura di ammettere di avere il terrore di lasciarci.
tutto alle spalle.
non sarebbe stato ok.
accesi una sigaretta anch'io.
non ero tipa da fumo.
ma non sapevo su cosa sfogarmi.
tirai un paio di respiri.
sbuffai il fumo della sigaretta.
per poi buttarla ancora praticamente nuova a terra.
entrando in casa.
vuota.
buio.
per raggiungere camera nostra.
mi distesi nel letto.
lui era ancora fuori.
aveva buttato la sigaretta.
ma stava ancora lì.
motivo di svago.
spero.
sospirai tra le coperte contornate dal nostro profumo.
e mi misi a fissare un angolo della stanza.
dando le spalle alla parte del letto in cui solitamente si corica lui.
mi bruciavano gli occhi.
il pianto e il fumo contro vento probabilmente.
ero anche stanca, ma non riuscivo a dormire.
il mio pensiero si posava sulla discussione.
il mio pensiero era attento sulla discussione.
non si distraeva.
cercavo di capire...
ho ragione io?
lui?
può sembrare egoista il fatto che mi preoccupavo se avevo ragione o meno.
strinsi il cuscino.
sospirai.
"che palle" sussurrai spegnendo la abatjure sul mio comodino.
avevo le mani fredde.
ero uscita senza una maglia in più e sedendomi sui freddi scalini del terrazzo mi ero gelata.
i miei occhi dormivano da soli.
probabilmente mi stavo addormentando.
ma sentii lui entrare in camera.
rimasi a fissare quel punto.
ferma.
senza dire nulla.
si sentivano solo i piccoli rumori che creava chiudendo il terrazzo e spegnendo la sua di abatjure.
solo la lucetta della sveglia elettronica illuminava la stanza.
come quella di un cellulare messo con la luminosità al minimo.
faceva vedere la tarda mezzanotte in quel momento.
sussultai mentre le sue mani fredde mi avvolgevano alle mie spalle la vita.
mi tirò un po più vicina a s'è facendo aderire la mia schiena sul suo petto.
volevo piangere.
mi sentivo in colpa.
tremendamente in colpa.
si poggiò alla mia spalla.
ma mi girai verso di lui.
abbozzai un sorriso alzando l'angolo delle labbra.
lo strinsi a me.
non dicevamo nulla.
si mise a ridere.
stavamo ridendo.
perché?
perché boh.
a me faceva ridere lui che rideva.
sembrava goffo, era fantastico.
continuando a ridere poggiò la testa alla mia spalla.
la mia mano tra i suoi capelli frizionandoli.
e si addormentò.
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«𝒊𝒍 𝒗𝒊𝒂𝒈𝒈𝒊𝒐 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒗𝒊𝒕𝒂» 𝑇ℎ𝑜𝑚𝑎𝑠 𝑅𝑎𝑔𝑔𝑖
Kısa Hikayeè una raccolta di immagina scritti questa estate, tutti ricollegati tra loro. (faccio anche su richiesta)