Nuovo giorno, Eva si apprestava a prepararsi senza alcuna voglia per il suo primo giorno di scuola in una nuova scuola. Una scuola così diversa dalla sua, lì non avrebbe imparato nulla sulla magia, o sul mondo magico, ma avrebbe imparato materie babbane a lei sconosciute. "Buona fortuna, Euphemia" disse a se stessa prima di uscire di casa. Chiuse la porta di casa e nascose le chiavi sotto lo zerbino. L'aria fredda e pungente la trafisse e la fece tremare. Si chiuse la giacca a vento e partì verso la scuola, con in mano la mappa della città per non perdersi. Passò davanti la casa dello sceriffo e notò che l'auto della polizia non c'era. Avrebbe chiesto aiuto ai passanti se nel caso si fosse persa. Ma, fortunatamente, arrivò in perfetto orario, e con un lieve affanno. Non appena si rese visibile, tutti gli sguardi si posarono su di lei, la nuova arrivata. Sospirò e li superò nascondendo le sue espressioni dietro un volto freddo.
Entrò nello stabile e chiese ad alcuni ragazzi dove si trovasse la segreteria. "Seconda porta a destra" le rispose una ragazza dai capelli corti e due occhi vivaci. "Grazie" ringraziò e gli diede le spalle, dirigendosi verso la direzione indicata. "Comunque mi chiamo Alice" ritornò a parlarle la voce, e si chiese come avesse fatto a raggiungerla così velocemente. SI fermò e si voltò di poco verso la ragazza che sorrideva felice come se avesse vinto alla lotteria. "Eup- Eve" si presentò e vide la ragazza ridacchiare. "Piacere di averti conosciuto Eve" e poi andò via quasi saltellando, con accanto un ragazzo dai capelli biondi e due occhi dorati. Scrollò le spalle e finalmente arrivò in segreteria, ci mise mezz'ora per compilare scartoffie, e quando ebbe la lista delle materie e le classi uscì dalla piccola segreteria e si diresse -sempre con la mappa della scuola- verso la classe cinque, classe di Spagnolo. Sospirò e quando entrò il docente Ramirez la fece presentare e poi la fece sedere al terzo banco sulla destra. Poggiò lo zaino nella sedia vuota e prese il libro di testo di spagnolo. Inutile dire che non capì una ceppa di ciò che diceva l'insegnate, ma non se ne importava. Finirono le due ore di spagnolo e fu l'ultima ad uscire dalla classe.
"Nuova arrivata" si sentì apostrofare e si voltò verso la voce che proveniva da un enorme ragazzo smile ad un orso, dai capelli neri corti e gli stessi occhi dorati del ragazzo che affiancava Alice. "Si?" rispose a mo' di domanda. "Hai bisogno di coordinate?" notò come il ragazzo aveva nella voce un tono tra il divertito e il derisorio. "Grazie, ma non ne ho bisogno" rispose cercando di non far trapelare il fastidio nella voce e lo vide ghignare. "Lasciala in pace, Emmett." si aggiunse una seconda voce, che apparteneva ad Alice, la ragazza di quella mattina. "Volevo solo essere amichevole" si mise sulla difensiva il ragazzo senza perdere il suo ghigno. Euphemia notò come la maggior parte degli studenti guardavano il siparietto e si sentì come un fenomeno da baraccone. "Ci si vede" si apprestò a dire e quasi corse via. Non amava stare al centro dell'attenzione, e dal suo arrivo lì era l'unica cosa che aveva fatto. SI rintanò in palestra, dove avrebbe dovuto giocare a pallavolo, ma cercò di farsi espellere quasi subito. Passò il resto delle due ore in panchina. "Quindi ti chiami Eva" sussultò presa alla sprovvista. Posò il libro e guardò alla sua destra, seduto a pochi centimetri da lei il ragazzo che pareva chiamarsi Emmett. "Si, posso chiedere in cosa posso esserti d'aiuto?" chiese non nascondendo il fastidio, sta volta.
"Nulla, volevo solo conoscere la nuova arrivata. Tutti non fanno altro che parlare di te, sei la novità del giorno." rispose il ragazzo sempre con quel tono derisorio e infantile. "Il nuovo giochino. E tu sei interessato tanto quanto gli altri di conoscere il nuovo giocattolo?" chiese chiudendo il libro con stizza. "Nulla di tutto ciò, semplice curiosità." rispose il ragazzo per nulla scosso da quel atteggiamento. "Bene, se hai finito la lezione é finita e dovrei andare" si alzò prendendo lo zaino e lasciò la palestra. Se tutto quello fosse successo tre anni prima, sicuramente non si sarebbe comportata così. Arrivò nella mensa della scuola che era piena di gente. Sospirò e quasi volle tornare in palestra. Guardò la mensa, e il suo sguardo si bloccò sul tavolo posto alla fine della sala, sotto la grande finestra. Seduti intorno al tavolo Alice, il ragazzo biondo, una ragazza dai capelli biondi e quando guardò l'ultimo ragazzo, quasi venne meno nelle gambe. Cercò di darsi una calmata, si diceva che stesse avendo delle allucinazioni, ma quando il ragazzo ricambiò lo sguardo, la prima cosa che fece fu quella di scappare. Corse via dalla scuola, rintanandosi nei boschi. Sotto lo sguardo di tutti, che sicuramente avrebbero pensato che fosse pazza, sotto lo sguardo pieno di sgomento e sorpresa di quel ragazzo.
Non poteva essere lui, continuava a ripetersi mentre camminava a passo veloce per la boscaglia in preda ad un attacco di panico. "No, lui é morto...Harry ha portato il suo cadavere." mormorava come se fosse sotto shock. "Euphemia" no quella voce se la stava immaginando, era solo frutto dei suoi pensieri e della sua mente. "Euphemia" si decisamente stava impazzendo. Come aveva fatto a sentire la voce di un ragazzo, il suo ragazzo, che era morto? "Se mi lasciassi spiegare" e di nuovo la stessa voce, sembrava come se la stesse leggendo nel pensiero e ciò la scosse ancora di più. Si tappò le orecchie e si accovacciò su se stessa, aveva l'affanno, gli occhi lucidi e la nausea. Non era vero, tutto quello lo stava proiettando la sua mente. "Edward é sotto shock, non toccarla" arrivò anche la voce delicata ma piena di preoccupazione di Alice. No quella voce non poteva essere un illusione, quella voce era reale. Che stesse mischiando la realtà con la fantasia? Che stesse davvero perdendo i numi della ragione? "Eve, sono Carlisle Cullen, sono un dottore. Ora cerca di calmarti, cerca di respirare lentamente" una terza voce ovattata arrivava alle sue orecchie. Troppe voci, troppi avvenimenti, troppo tutto. Come se il corpo funzionasse da sé, si alzò da terra e si mise sulla difensiva. Aveva imparato con gli anni di non lasciarsi prendere dalle emozioni, di restare calma e di affrontare tutto con freddezza, ma in quel momento stave venendo meno a tutto ciò.
Guardò l'uomo che diceva di essere un dottore mentre la guardava preoccupato. Poi passò a guardare le altre due figure dietro l'uomo, e cercò con tutta se stessa di non impazzire di nuovo quando posò lo sguardo sul ragazzo che la guardava dispiaciuto e compassionevole. Chiuse gli occhi e calmò la crisi di panico che stava tornando. "Eve, respira" ripeteva l'uomo. Euphemia si fidò e seguì i suoi consigli, respirò lentamente e sentì man mano il controllo tornare al suo posto. "Ecco brava così. Ora siediti e bevi dell'acqua." e gli porse una bottiglia d'acqua. La ragazza fece come consigliato e si sedette per terra bevendo l'acqua, che non la dissetò ma almeno calmò l'affanno. "Sei in uno stato di shock, ora ti portiamo a casa dove starai a riposo" la informò l'uomo. Dieci minuti dopo era nella sua casa, mentre veniva fatta stendere sul divano dall'uomo. "Ora ti porto della camomilla, tu resta stesa." e sparì in cucina. Euphemia si portò le mani alla testa e si chiese se tutto quello stesse avvenendo nella sua testa o se era vero. C'era solo una cosa di cui era sicura, Cedric non era morto nel Torneo tre maghi. O aveva un gemello di cui non se ne sapeva la conoscenza. I morti non potevano risorgere.
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Magic Vampire.
Science FictionAnno millenovecentonovantasei, nel mondo magico Voldemort sta acquistando potere e seguaci, tutti aspettano il momento in cui il mostro attaccherà e si prenderà il dominio dell'intero mondo magico. Harry Potter, destinato a contrastare il mostro, pi...