CAPITOLO SEI

263 5 3
                                    

CAPITOLO SEI

Erano passati diversi giorni da quel bacio sotto casa, da quell’abbraccio caldo sotto le stelle che l’aveva fatta sciogliere e che l'aveva fatta sentire sicura, protetta!

Lui non l’aveva più cercata, non le aveva più scritto, tutto ciò che era riuscita ad ottenere, era un cenno con la mano e un sorriso un po’ forzato; più ci pensava, più le montava una rabbia cieca, doveva essere per forza accaduto qualcosa, ma cosa?

Ci stava malissimo, cercava di non pensarci, ma ogni volta che lo vedeva scherzare con le solite ochette per i corridoi, una fitta al cuore, le impediva di far finta di niente, di guardare da un’altra parte.

 - Si può sapere cosa sta succedendo?-gli chiese Anna che lo aveva beccato mentre passava davanti alla porta bagni da cui lei stava uscendo. –Di che stai parlando?-le risposi sulla difensiva –Se ti fossi scomodato a parlarle, ma che dico, mandarle anche solo un SMS,  per farle sapere che non sei scomparso e che non ti sei dimenticato di lei, non staremmo facendo questa conversazione! Lei si apre con te che sei poco più che uno sconosciuto e tu che fai? Vai a parlare con le ochette in minigonna? Tu sei fuori come un balcone!- detto questo prese e se ne andò senza lasciargli modo di spiegare…cosa? Lei aveva assolutamente ragione.

Decidere di non scriverle, di non parlarle nemmeno è stato doloroso ma necessario, non poteva continuare, non dopo lo scenario che gli si era presentato davanti agli occhi il giorno dopo la serata passata sulla pista da pattinaggio.

Cercava di tenere la mente occupata, perché appena abbassava la guardia, gli si ripresentava più e più volte la stessa immagine… lei che scendeva i gradini che portavano al cortile principale, una voce maschile che la chiamava (e che l’aveva preceduto) per attirare la sua attenzione, il sorriso di lei,sorpreso,gioioso ma allo stesso tempo amorevole,che contagiava anche i suoi splendidi occhi mentre correva tra le braccia di un ragazzone bruno dagli occhi chiari che l’aspettava a braccia aperte sorridendo.

Non poteva vedere di più, si sentiva sotto sopra e il fatto che nei giorni successivi se ne andassero in giro per la scuola per mano non lo aiutò affatto, anzi si costrinse ad allontanarsi da lei il più possibile.

Passarono altri giorni, ma la situazione non migliorava di una virgola.

Ogni qual volta si convinceva di essersi messo il cuore in pace e aver superato la cosa, girava l’angolo e li vedeva ridere, scherzare, tenersi per mano o camminare per i corridoi, il braccio di lui che le circondava le spalle,  e capiva quanto si fosse illuso.

 -Matte, Non che mi dispiaccia, ma tu non dovevi tornare tra un mese abbondante? Come mai hai cambiato idea?- non sapevo come rispondere alla domanda di Emma, così come non sapevo come dirle che per lui, lei non era una semplice amica, che lui voleva che lei fosse molto di più di un’amica e che era tornato prima perché le mancava troppo…. –Mi ero stancato della pioggia e del the delle cinque- dissi con un sorriso nervoso –Hai incontrato qualche bellezza locale di tuo gradimento durante il tuo soggiorno?-mi chiese ridendo sotto i baffi -Sei ancora convinta che in Inghilterra assomiglino tutti a dei cavalli?- -Dimostrami il contrario e cambierò opinione!- ci guardammo negli occhi per un qualche secondo senza battere ciglio prima di scoppiare a ridere -Tu sei matta da legare-dissi appena riuscii a riacquistare una parvenza di controllo –E a te piaccio per questo- rimasi sconvolto dalle sue parole, un brivido mi scosse, non sapevo cosa dire.

-E tu? Che mi dici di quel tizio... Luca? Quello che gira sempre come un’anima in pena…hai presente?- *così va meglio…* ma dovetti ricredere quando alzai lo sguardo su Emma, il sorriso sul suo viso era scomparso, sostituito da uno sguardo triste e sconsolato…avevo toccato un punto dolente.

L'occhio della FarfallaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora