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La mamma sta sempre peggio. La morte del marito della sua migliore amica, ovvero la madre di Katie, e quindi di un suo grande amico la ha trascinata di nuovo sotto terra, e ora le manca il respiro. Si sa che il proprio umore è influenzato da quello delle persone alle quali teniamo e io ora mi sento proprio così, senza la possibilità o la capacità di poter respirare,e quindi di muovermi e andare avanti, superando questo ostacolo.

-Non sei buono a nulla, incompetente, ignorante, stupido, tua madre sta male e tu ti rifugi in camera tua non curandoti di quello che sta passando- i pensieri mi trafiggono la testa, e l'emicrania sta cominciando a farsi sentire. Il cuscino mi copre la faccia e le orecchie, tanto che nemmeno io odo i miei singhiozzi soffocati. Sembra che qualcuno lo stia facendo apposta, a far peggiorare la situazione.

Un'immagine sfocata di Katie mi appare e cerco di ricacciarla indietro, ma senza successo- "Codardo! Come osi! Vattene! E non farti più vedere!". Ora sono in piedi, spavenato da quello che ho visto. Ma intorno a me non c'è la mia camera, c'è solo lei, che avvicina una mano al mio viso con violenza, come per volermi dare un schiaffo. Ma, arrivata al punto di collisione, l'immagine scompare, e mi ritrovo in compagnia della mia piccola stanza. Non avevo allucinazioni da almeno otto anni. E ora, grazie a lei, stanno tornando a essere parte della mia vita. Il problema è che non posso starle lontano, lei deve essere mia, dovessi attraversare mari e deserti.

Giro su me stesso, cercando di riacquistare un po' di equilibrio e cercando di mandare via  giramenti di testa e la nausea. Devo ricordarmi che quello che sta male qui non dovrei essere io, ma mia mamma.

Cercando di mettere un piede davanti all'altro senza cadere cammino verso il soggiorno. "Mamma, come va?" chiedo a bassa voce.

"Oh Jas, vieni qui dalla tua mamma" dice, e la vedo raggomitolata sul divano con dei fazzoletti rinchiusi tra i palmi. Mi siedo accanto a lei e delicatamente appoggio la testa sulla sua spalla, seppur dovendomi abbassare, siccome sono più alto di lei.

Mi accarezza i capelli, e la sento singhiozzare, ma quasi volesse trattenersi. "Mamma" la chiamo. "Dimmi a-amore" risponde a fatica. "Hai voglia di uscire?"

*

Avvicino il dito al campanello di fronte a me e in corrispondenza del tocco sento uno squillo provenire da dentro casa.

  "Mamma vado io" mi sembra sentire una voce. All'improvviso la porta si spalanca e una Katie spettinata e in pigiama ci si presenta davanti con un grande sorriso. Peccato che sa rivolta solo verso la donna alla mia destra, perchè quando i suoi occhi incontrano i miei mi lanciano uno sguardo torvo.

"Salve! Entra pure, la mamma è in cucina" dice. "Ciao Katie" provo a instaurare un discorso senza finire per  ammazzarci a colpi di macete. "Jason" risponde facendomi un impercettibile segno con il capo. Si volta lasciandomi ancora all'esterno dell'edificio, e inzia a percorrere i gradini per il piano superiore probabilmente per andare in camera sua. "Katie! Non possiamo provare a parlare?" quasi urlo mentre faccio diversi passi avanti, dopo aver chiuso bruscamente la porta d'ingresso.

Dalla cima delle scale, si gira lentamente, quasi fossimo in un film horror. Sembra tener serrata la bocca, ma così forte che se la aprisse immagino ne uscirebbe chissà quale frastuono. Scarica la rabbia afferrando il corrimano con violenza prima ri rispondermi. "Ah Jason! Vuoi parlare eh? Dai su parla! Cosa hai da dire di nuovo rispetto all'altra volta? Vuoi parlarmi di cosa hai mangiato a pranzo per caso? Perchè sono sicura che non mi diresti niente che non mi hai già detto!" il suo tono si è mano a mano alzato con il proseguire del suo discorso.

Sinceramente, mi ha spaventato, e senza neanche rendermene conto faccio istintivamente un passo indietro andando a sbattere contro la porta. Katie è ormai sparita, deve aver presto il mio gesto come un rifiuto. Forse non è poi tanto una bella idea salire adesso a parlarle.

Vado in cucina dalle mamme e mi siedo a tavola con loro, prendendo la testa tra le mani. Stanno parlando del più e del meno, e così si va avanti il pomeriggio per almeno un'ora, fino a quando la mamma di Katie si alza svogliatamente per prendere fuori dal forno una torta dal profumo delizioso. Rimango incantato a guardarla mentre ne taglia una fetta che mi porge. Poi me ne porge un'altra. "Hm signora, è buonissima, ma una fetta è abbastanza..." dico imbarazzato, i miei obiettivi in palestra andrebbero in frantumi se solo ne prendessi un' altra forchettata. "Ma no, Jason, è per Katie, non potresti gentilmente portargliela?". Le faccio un cenno di assenso e divoro la mia fetta, prima di dirigermi frettolosamente verso la sua camera. Se ho una scusa come questa mi farà entrare sicuramente.

Le mie nocche sbattono leggermente sulla porta di legno e sento un 'avanti' detto contro voglia. Apro lentamente la porta attento  a non far cadere la torta, per poi porgerla a lei. "Hm, grazie, ora puoi andartene" biascica mentre mangia.

"In realtà Katie voglio parlarti" "Ma io" la interrompo facendole segno con la mano. "Katie, sul serio, scusa per essermene scappato in quel modo al funerale. Scusa perchè ti ho lasciata andare con uno sconosciuto. Scusa, ma que giorno non ero emotivamente stabile. La cerimonia, insomma, come potrei... come potrei dire... mi ricordava troppo quella cerimonia. La cerimonia dove si salutava mio padre Katie" spiego, mentre gli occhi mi si fanno lucidi. "Scusa" biascico un'ultima volta prima di voltarmi e fare per andarmene. "Apetta" sento dire. "Apetta, Jason" ripete. "A questo punto sono io quella che si deve scusare.. quindi scusa" dice goffamente, abbassando lo sguardo verso terra. "Allora, amici?" chiede. "Amici" rispondo e esco dalla camera lasciandola in piedi a guardarmi andarmene. "E un giorno di più" sussurro ormai lontano perchè lei mi possa sentire.

scusate eventuali errori grammaticali o di punteggiatura, ma fate i conti, lo ho scritto in dieci minuti quindi..

Lui ha cambiato tutto (suspended)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora