"𝒏𝒐𝒏𝒏𝒐, 𝒕𝒆 𝒍𝒐 𝒑𝒓𝒐𝒎𝒆𝒕𝒕𝒐!"

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~3 persona's pov~
*Una strada, lunga e bagnata.
Della nebbia, fitta e scura.
Delle luci, lievi e fredde.
(Per chi non lo sa le luci posso essere calde se sono arancioni, rosse ecc. e fredde se sono bianche, blu, ecc.)
Passi, forti e delicati.
Tante persone camminano lungo la strada, ma per lui/lei sono ombre, sagome coperte dalla nebbia tutto attorno, lo fissano per qualche istante con piccole lucine al posto degli occhi, si spostano in contemporanea ai suoi movimenti.
La persona ha i passi pesanti ma abbastanza delicati da non schizzare quando cammina sull'acqua che ricopre lo strato superficiale del lungo percorso che sta percorrendo.
All'improvviso un sibilo, prima leggero e poi più forte, talmente potente da fare sembrare alla persona di averlo in testa.
La visuale si gira di 180°, un mare di serpenti che strisciano nella sua direzione fino a coprire tutto il terreno circostante alla persona immobile al centro tra le due corsie della strada.
Un forte suono attira l'attenzione alle spalle del soggetto che si gira di colpo, una macchina che corre ad una velocità esorbitante con i fari luminosi al massimo suona il clacson prima di colpire in pieno lui/lei che assieme alle sagome, per colpa di un forte bagliore sostituito poi dal buio più totale, sparisce*
Alex aprì gli occhi tutto dun'tratto, il respiro era molto irregolare e aveva gli occhi spalancati.
Un tremore gli invade le gambe, attraversando poi le cosce, lo stomaco, le braccia e la testa.
Un forte e lancinante dolore nella parte anteriore del suo capo lo porta a strizzare gli occhi e a gemere.
Si siede sul lettino appoggiando la schiena al muro.
Alex gira la testa da un lato all'altro in cerca di una qualche soluzione, trovando così un telecomando con due pulsanti.
Li inizia a premere entrambi in contemporanea preso dall'agitazione mentre scuoteva la testa e tentava di calmare il tremore che lo invadeva.
Entra di corsa un'infermiera che vedendolo in quello stato inizia a sussurrargli parole di conforto e lo fa adagiare sul lettino.
Dopo pochi minuti Alex si calma e realizzanche tutto ciò che aveva visto non era altro che un sogno, un incubo.
Si gira verso l'infermiera che era stata affiancata da un medico, quello a cui era andato a sbattere prima di cadere, solo in quel momento realizzò l'accaduto: era andato a sbattergli contro mentre cercava la stanza d'ospedale di suo fratello, era caduto all'indietro sbattendo la testa sui sedili per poi svenire.
Si toccò delicatamente la testa notando una fasciatura che la ricopriva. Il medico e l'infermiera parlavano ma nella mente di Alex si sentiva solo il bisogno di vedere suo fratello, non c'erano altre voci o suoni al di fuori della stessa frase che si ripeteva in loop "devo vedere mio fratello".
Alex si alzò dal lettino, corse fuori dalla stanza dicendo ripetutamente la stessa frase, si ritrovò smarrito dentro quell'ospedale ma subito si orientò e trovò la strada fino alla stanza del fratello.

Eccolo lì, immobile davanti all'entrata della camera bianca, con lo sguardo fisso sul lettino rifatto, il lettino che prima lasciava spazio al ragazzo che è cresciuto con lui, al ragazzo che l'ha sempre difeso, al ragazzo che l'ha abbandonato per poi tornare, ma ora, quel lettino era vuoto.
Subito dietro di lui era appena comparso il medico, gli toccò la spalla trascinandolo fuori e facendolo sedere sulla sedia mentre l'infermiera di prima gli porgeva un bicchiere d'acqua.
Alex bevve tutto fissando con sguardo smarrito prima il medico e poi l'altra.
A quel punto parlò il medico.
M: "Allora Alessandro, può dirmi cos'è successo? Brutto sogno? Attacco d'ansia?"
Alex lo fissò per alcuni istanti e proprio mentre il medico stava per parlare Alex rispose: "Ho fatto un brutto sogno ma non importa, voglio sapere dov'è mio fratello, era qua! In quella stanza! Perché non è li?!" Alex iniziò ad alzare la voce attirando l'attenzione di altre persone venute a trovare i loro parenti nelle stanze vicine a quella.
Il medico rispose con il tono più calmo che potesse avere: "Intanto si deve calmare, adesso torniamo nella sua stanza e parliamo con calma su"
Alex si alzò e accompagnato dal medico e dall'infermeria ritornó nella stanza in cui si era ritrovato al suo risveglio dallo svenimento.

"Bene Alessandro, ora che siamo tutti un po' più calmi credo sia arrivato il momento di parlarle di suo fratello ma prima la mia infermiera le controllerà la testa e cambierà la fasciatura" e come preannunciato dal medico la ragazza si avvicinò, tolse la benda, controllò il punto dove Alex aveva sbattuto, "niente di grave, la botta è passata" sussurrò, poi rimise una benda nuova.
Alex tornò quindi a guardare il dottore implorandolo con lo sguardo di dargli le risposte che cercava.
"Alessandro, sono molto desolato e dispiaciuto ma è mio obbligo dirle che suo fratello è stato vittima di un incidente stradale avvenuto oggi pomeriggio, a quanto dicono i testimoni aveva bevuto molto e attraversó la strada con il semaforo rosso, una macchina che passava non frenó in tempo...quando arrivò all'ospedale era ormai troppo tardi...mi dispiace per la sua perdita".
Alex guardò il medico ripetendosi nella mente "è uno scherzo, è un fottuto scherzo, è uno scherzo poco divertente, lui è vivo...lui è vivo cazzo!"
Guardò il medico trattenendo le lacrime, il medico abbassò lo sguardo e li Alex, capì che non era nessun scherzo, avrebbe voluto che lo fosse.
Alex abbassò lo sguardo a sua volta, trattenne le lacrime mentre queste lottavano per uscire ma poi con un filo di voce Alex disse: "Ok, capito..grazie dottore, posso andare a casa ora?" Il medico gli diede risposta affermativa e lo accompagnò all'entrata per firmare le carte di dimissione, in tutto il tragitto Alex non parlò, si guardava i piedi e camminava senza pensare a nulla, in quel momento non aveva le forze necessarie, neanche solo per pensare.
Guardò il foglio di carta, che il medico gli aveva appena porto, (verbo porgere al trapassato prossimo) senza muoversi, era come bloccato, riuscì a muovere la penna e scrivere il suo nome solo dopo esser stato richiamato dal medico che lo osservava stranito.
Scrisse velocemente ignorando se la scrittura si capisse o aveva firmato nell'angolo giusto del modulo. Uscì di corsa dal bianco edificio tenuto d'occhio dal medico che osservava ogni suo passo fino all'uscita.
Alex salì in macchina, mise in moto, appoggio le braccia sul volante toccandosi le dita nella parte alta, fissava fisso il centro del volante, sentiva la rabbia salire e un vuoto farsi spazio nel suo stomaco. Partì con la macchina verso casa sua, correva in strada senza avere il terrore di andarsi a schiantare, era accecato dal dolore e la visuale sfocata da delle lacrime che venivano spazzate via dal vento che entrava dal finestrino aperto.

Alex aprì la porta, le luci erano spente, sulla tavola c'erano dei piatti mai stati lavati, il divano disordinato e le tende tirate. Alex guardò fuori dal finestra, gli piaceva osservare la lieve luce delle stelle la notte, lo facevano sentire sicuro e protetto.
Le fissava intensamente senza pensare a nulla, una stella più luminosa delle altre risaltò dal buio, Alex la guardò all'istante e l'immagine di suo fratello coperto di sangue in quella strada fuori dal locale mentre i suoi amici tentavano di contattarlo (contattare Alex) e lui che si divertiva in un bar ignaro di tutto, ignorando tutto. Alex sentiva un profondo senso di colpa, una forte rabbia verso se stesso, provava quasi schifo per se stesso. E mentre pensava le lacrime scendevano dai suoi occhi lucidi illuminati dalla poca luce della luna coperta dalle nuvole di questa serata fresca.
I singhiozzi iniziarono, le lacrime cadevano sempre più frequentemente, il vuoto nel petto che andava sempre più a fondo divorando ogni singolo organo che incontrava. Il senso di colpa che divorava la testa di Alex. I ricordi di loro da bambini che giocavano a pallone e rincorrevano Baul. Le gambe cedettero, si sentì crollare, mentalmente e fisicamente, cadde a terra con la schiena appoggiata al muro, il viso in mezzo alle ginocchia, le mani intrecciate sopra la sua testa.
Dei singhiozzi sempre più rumorosi iniziarono ad uscire dalla sua bocca arrivando a piccoli urletti trattenuti.
Alex sentì il rumore di una macchina e le voci dei suoi vicini rientrare in casa. Se ne fregó, non aveva abbastanza forze per alzarsi.

Erano ormai le 4 di notte, Alex era ancora lì, nella stessa posizione con l'unica differenza che era riuscito ad alzare la testa. Tra 2 ore sarebbe dovuto andare a scuola, non voleva andarci, non poteva andarci ma subito ricordò le parole di suo nonno, l'unico che l'ha sempre capito nella sua famiglia.
"La vita avrà sempre dei momenti in cui ti sentirai crollare ed è proprio in quel momento che capisci chi sei e quanta forza hai, Alex, figlio mio (i nonni lo chiamavano così perché lo consideravano come loro figlio) non permettere a nessuno avvenimento di distruggere la tua carriera, non permettere a niente e a nessuno di spegnere la luce di speranza, il barlume di fierezza e il fuoco di potenza che porti dentro di te, neanche se qualcuno dovesse passare a buon vita.." "va bene nonno, te lo prometto!" Aveva risposto, e ora, dopo 12 anni, aveva finalmente capito il significato di questa frase e non aveva alcuna intenzione di rompere la promessa, sarà difficile ma Alex aveva finalmente capito e sentito tutta la forza che possedeva dentro di sé.
Si alzò, con le mani strofinò gli occhi asciugandosi le lacrime, prese il telefono, lo sbloccó, vide che mancavano meno di due ore alle sei ma era troppo stanco, non prenderà il bus domani, andrà in macchina così attivò la sveglia alle 7:30, andò in camera, pigiama, telefono in carica e cadde in un sonno profondo.

~ANGOLO ME~
Ecco un altro capitolo, ci ho impiegato molto dato l'inizio della scuola che mi ha portato via molte ore per stare sui social rispetto alle vacanze, ci ho lavorato molto e sinceramente mi piace abbastanza, spero valga lo stesso per voi. Grazie per aver letto <3
( Ho cambiato font dei testi nel caso qualcuno avesse un telefono meno avanzato e che non gli permettesse di vedere i font diversi da quello classico)

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