21 Marzo 2015

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Fin da quando ero piccolo sono cresciuto con la convinzione che la speranza fosse l’unica forza in grado di sopravvivere ad ogni condizione. Oggi so che non è così. Se avessi perso soltanto un grammo del mio peso per ogni volta che ho riposto fiducia in qualcosa, o peggio in qualcuno, e poi ho visto tutto sfumare, probabilmente adesso sarei il più magro tra i bambini del terzo mondo, e ammettiamolo è una conformazione che alla società di oggi non dispiace. Ho sempre creduto che qualcosa di bello potesse succedermi, dovesse succederti, perché dove la speranza finisce arriva la ragione che mi ricorda che statisticamente per la regola della probabilità, prima o poi, qualcosa di bello sarebbe accaduto anche a me e indirettamente mi convincevo a non mollare. Eppure non è così. Ho creduto che l’università fosse l’inizio che la mia vita stesse aspettando per fiorire. Ho creduto che il ju jitsu fosse lo sport che mi avrebbe portato ad avere qualcosa che ho sempre desiderato: degli amici. Ho creduto che Paola fosse la ragazza che mi avrebbe finalmente fatto capire cosa significasse la parola amore, e devo ammettere che ho capito il suo significato solo in parte, e parliamo di quella parte che porta soltanto sofferenza. Tra tutti i cavalli della mia vita su cui ho scommesso, credo che quest’ultimo rappresenti forse la mia più grande delusione. Come ho ribadito già più volte, ho combattuto per non trovarmi in questa situazione di stallo, per non trovarmi a camminare sul filo del rasoio e sentirmi così pesante allo stesso tempo. E’ bastata soltanto una folata di vento per buttarmi giù, per farmi precipitare. Vedere che a lei non importasse di me, tanto quanto a me importasse di lei è stato come sentirmi invisibile. Prestate attenzione, non sto parlando della tipica invisibilità che occupa i nostri giorni, non mi sentivo invisibile come se gli altri non riuscissero a vedermi, quella è ormai la routine. Io parlo d’altro. Ho sentito crescere un vuoto dentro di me, un vuoto proprio dentro al petto che si riempiva sempre di più, si nutriva di tristezza e rabbia. Già, rabbia. Non fraintendetemi, non sarei mai capace di prendermela con lei, io ero arrabbiato con me stesso. Ero furioso con lo stupido e debole ragazzino che ha potuto credere che tutto potesse cambiare. Ovviamente mi sbagliavo. Per quanto potremmo sforzarci e convincerci che un giorno tutta questa merda in cui viviamo svanirà, non ne saremo mai puramente convinti, e questo è il risultato. Quando ho capito la gravità della cosa, il modo in cui io, e soltanto io, avessi costruito tutto quello, il modo in cui ero stato in grado di edificare questo castello sabbioso di emozioni, sentendomi così vivo per la prima volta dopo tanto tempo, vedendo la facilità con cui una minima onda fosse in grado di abbatterlo, ho ufficialmente deciso di esporre bandiera bianca. Io mi arrendo. A che serve lottare per qualcosa e non ottenerla? Ricevo forse un rimborso per ogni volta che le mie speranze vengono così miserabilmente distrutte? Sono sempre stato una persona che va oltre il limite, ma quando il limite non rappresenta altro che un nuovo ostacolo, combattere non serve più. Sono stanco di perdere. Sono stanco di essere me.

Dario's MindDove le storie prendono vita. Scoprilo ora