Chi lo sa?
Non so voi, ma io quando sono triste non respiro. Non è una cosa effettivamente meccanica, non è: "oggi mi sento triste, decidiamo di non respirare." E' una cosa che accade all'improvviso, senza che io me ne accorga, inizio a respirare con fiato pesante e gira la testa. Non so se ha un nome medico e scientifico o se è una malattia, ma so solo che mi capita e non so cosa fare.
La prima cosa che mi viene in mente è prendere il giubbino, mettermi le scarpe e aprire la porta. Così, senza avvertire a chi sta a casa che sto scendendo. Non so se è normale, ma mi viene da farlo. "Non è una cosa carina" mi ripeto in testa. "Farei preoccupare i miei e mio fratello e non sarebbe giusto. Non si meritano uno spavento del genere!"
La seconda cosa che mi viene in mente è non mangiare: è l'ora di pranzo e sento l'odore della salsa sulla pasta? Inizio a sentire un forte peso sullo stomaco ed inizio a pensare che forse se mangio, vomito e mi sento male. "Meglio di no! Non vorresti mica rovinare il pranzo a tua madre, scappando in bagno?" mi ripeto. "Okay, non mangio" rispondo velocemente. "Ma aspetta! Ti ricordi quando non avevi fame e dicesti che la lasagna non ti era piaciuta? La faccia delusa di tua madre ti balena nella testa; forse è meglio andare a mangiare, almeno per lei!" E così mi sforzo di mangiare quel maledetto piatto senza fondo e mi sento veramente una schifezza, anche se so di aver fatto la cosa giusta. O forse no?
La terza cosa che mi viene in mente è isolarmi: dopo aver pranzato e fatto finta di partecipare cordialmente alla conversazione con i miei compagni di stanza (nonché la mia famiglia), l'unica cosa che voglio fare è chiudermi in camera, sotto una pila di cuscini e plaid e guardare il vuoto che si espande sempre di più. O forse il disordine. Come diceva il prof: "L'entropia si espande sempre di più" e quindi non sono io che non metto a posto la camera, ma è una legge fondamentale della fisica. Scusa, mamma! Fatto sta che, ogni volta che decido di mettermi in esilio, la mia famiglia sembra capire il contrario: ed ecco il fratello rompicoglione che non mi ha mai cagato, il padre che decide di lavorare nella mia stanza e la madre che vuole farmi ingozzare di cibo perché pensa che sia una soluzione più che plausibile alla solitudine. E quindi mi domando: siamo sicuri che non sia io quella strana? Bah, fatto sta che non so cosa farne di tutta questa attenzione familiare sprecata e decido di buttarmi su qualcosa di produttivo.
La quarta cosa che mi viene in mente è studiare: prendo il primo libro che mi trovo davanti e, indipendentemente se è una materia per il giorno dopo o no, lo studio: inizio con il primo capitolo da recuperare, poi il secondo e infine, quando arrivo al terzo, incomincio a capire quanto sia inutile studiare ciò e quindi lo butto via.
La quinta cosa che mi viene in mente è leggere: non contenta perché continuo a sentirmi come se stessi buttando la mia vita nel cesso, decido di prendere quel maledetto libro da lettura che è rimasto inerme sul comodino per mesi. Inutile dirvelo che finisce come lo studio: a metà terzo capitolo letto mi rompo e lo ributto sul comodino, dove starà per qualche altro mese.
Dopo tutti questi step, voi direste: "Sì okay, non volevi fare nulla, ma alla fine hai fatto qualcosa e anche assai." Be' questo dà un senso nell'essere me: sono una contraddizione continua, sono quella che conferma la regola delle eccezioni e non smetto mai di esserlo, sin dal primo dente messo al primo bacio, passando per le prime uscite con gli amici.
Ho sempre preferito non avere fissazioni, di essere flessibile a quello che accade attorno a me, ma alla fine cosa succede? Succede che tutto questo è grossa e grassa fissazione. Fa bene a volte avere dei paletti nella propria vita, perché altrimenti mi trovo a riflettere sola con me stessa e non so dove e cosa andare ad accomodare per primo; mi perdo nell'esorbitante oceano di errori e sogni che mi sono costruita attorno, come se dall'inizio della mia vita avessi iniziato a riempire sempre di più la mia vasca con me dentro, sempre di più, fino a colmarla del tutto. Il problema è che la vasca ha un bordo e un giorno lo supererò e rischierò di affogarvici dentro.
Pessimista? Non tanto. Ottimista? Manco. Come ho detto, non so mettermi paletti, figuriamoci le etichette. Sono solo un essere umano che tenta di rimanere saldo ai suoi princìpi, ma allo stesso tempo di aiutare il prossimo. Tutto bene fin quando coincidono i punti, ma quando non lo fanno che si fa? Questo non ve lo so dire, se lo sapete voi, fatemelo sapere in privato. Potrei ringraziarvi un giorno e nominarvi come miei salvatori. Ma chi lo sa?
Chi lo sa?