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Le settimane successive a quella notte furono molto dure per Jungkook. Già quella sera addormentarsi fu una cosa impossibile, trascorse praticamente tutta la notte a piangere nella camera oscura, fiumi di lacrime che non lo aiutarono a liberare tutta la frustrazione che sentiva dentro per aver perso per sempre Taehyung. Benché sapesse perfettamente che il moro per primo si era sacrificato per il suo bene e per quello del suo matrimonio e della sua carriera, non riusciva a perdonargli di aver fatto tutto alle sue spalle. Se ne avessero parlato insieme, se fossero riusciti a dichiararsi i propri sentimenti prima della decisione della sua partenza, magari sarebbero riusciti a trovare una soluzione a tutto. Ma si sa, i se servono a noi per tenerci ancora legati a qualcosa o a qualcuno che non siamo pronti a lasciare andare e a cancellare dalla nostra mente quando questi sono già irrimediabilmente lontani da noi.

Andare in ufficio rappresentava forse l'unico momento in cui riusciva a mettere in stand-by i pensieri, doveva per forza di cose concentrarsi su altro e quindi lasciava in un angolino il pensiero di Taehyung e della loro storia mai iniziata e si buttava a capofitto tra le carte che quotidianamente si accumulavano sulla sua scrivania. Trovava così tanto giovamento che aveva cominciato a trascorrere qualche ora in più in ufficio rispetto al solito, rientrando sempre più tardi a casa, non senza le proteste di Sunhee che ormai lo vedeva per pochi minuti al giorno, solo per cena quindi, quelle poche volte in cui Jungkook riusciva a mangiare qualcosa.

"Jungkook si può sapere cos'hai? Guardati, sei l'ombra di te stesso, hai perso peso ed hai perennemente le occhiaie. Dovremmo andare dal medico, sto cominciando a preoccuparmi."

"Non è nulla Sunhee, stai tranquilla. È soltanto un periodo impegnativo in ufficio, passerà."


Intanto i giorni passavano e le cose non miglioravano. Se anche fuori cercava di sforzarsi a mantenere una facciata di normalità portando Sunhee al ristorante o in giro per negozi, partecipando alle riunioni di famiglia o progettando le prossime vacanze, dentro di lui si sentiva spento, incompleto, sul punto di crollare da un momento all'altro.


Maggio era arrivato portando con sé un clima mite, inusuale per San Francisco. Le giornate erano sempre piacevoli, invogliavano a stare fuori, e in particolare la sera era sempre gradevole trascorrere qualche ora all'aperto. Infatti Jungkook, puntualmente, dopo cena, passava del tempo da solo seduto sul dondolo posto sotto il porticato all'ingresso di casa, cercando di sgombrare la mente dai soliti pensieri che non l'abbandonavano mai. Da quando Taehyung era partito non aveva provato a cercarlo o a sentirlo, neanche per messaggio. Aveva deciso, anzi si era imposto, di rispettare la sua scelta e, a malincuore, aveva preferito dare un taglio netto a tutto invece che trascinare le cose e continuare a sperare inutilmente. Però la sera, quando si concedeva di essere più debole, guardando le stelle, non poteva evitare di cercare il suo viso tra di esse.

Una sera di metà maggio, in particolare, nell'ormai solito dondolo nel giardino di casa, sentì la porta della veranda aprirsi e dietro ad essa apparire Sunhee che gli si sedette accanto, sospirando.

"Me ne vuoi parlare?"

"Di cosa? Di cosa dovrei parlarti?" 

La domanda della donna gli parve da subito strana, anche per l'espressione del suo viso che lui non fu in grado di interpretare.

"Jungkook, io non sono cieca e ti conosco bene, lo sai. Forse parlando con me le cose potrebbero andare meglio.." 

Una certa inquietudine prese possesso del suo corpo, si irrigidì nella sua posa e prese a fissarla, non capiva a cosa si stesse riferendo la donna e perché dal nulla se ne stesse uscendo con quei discorsi.

You make me begin.. ⟨kookv/taekook⟩Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora