Capitolo Nove.

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Copyright © 2014 by Emma Chase

"Cosa?"
"È brava, Niall. Devo ammetterlo, è davvero brava."
"È qui da due settimane!"
I cani hanno il senso del territorio, lo sapete, no? Ecco perché al parco sembra che abbiano una scorta infinita di pipì, che insistono per spargere ovunque, fermandosi ogni quattro secondi. È perché credono che sia il loro parco. E vogliono che gli altri cani lo sappiano, che siano consapevoli di chi è arrivato per primo. È il modo non verbale di dire, più o meno: "Andate a farvi fottete, trovatevi un parco vostro."
Gli uomini sono uguali.
Non che io voglia pisciare in cerchio attorno alla mia scrivania, ma l'azienda è mia. Ho coltivato questi clienti da quando eravamo una società minuscola. Li ho osservati, come un paparino orgoglioso, mentre crescevano i soldi conglomerati. Gli ho offerto vino, cene. Mi sono dato da fare ora dopo ora, notte insonne dopo notte insonne. Il mio lavoro non è solo ciò che faccio, è chi sono. E che io sia dannato se Lilith Margaret Pryms entra qui dentro sculettando e mi porta via tutto.
Non importa quanto bello sia il suo culo.
"Sì," dice mio padre, "e hai visto le idee che si è fatta venire in queste due settimane? È la prima ad arrivare e l'ultima ad andarsene, ogni giorno. È una mente fresca, una che pensa fuori dagli schemi, se n'è uscita con degli investimenti fra i più innovativi che abbia mai visto. L'istinto mi suggerisce di passarle la palla e vedere cosa fa."
Quali sono esattamente i primi segnali della demenza senile?
"Brancolerà nel buio, ecco cosa farà!" Urlo. Ma so per esperienza che con le scenate non si va lontano, con mio padre, perciò provo a calmarmi. "Papà, capisco cosa vuoi dire. Ma Saul Anderson non è un cliente a cui puoi permetterti di affibbiare qualcuno per poi vedere se funziona. È qualcuno a cui assegnare il più brillante, il migliore. E quel qualcuno sono io."
Non è vero? Me lo chiedo, mentre i suoi lineamenti si rannuvolano, incerti.
Il suo silenzio si dilata, e intanto mi si rivolta lo stomaco. Non è che io abbia qualche problema con mio padre, ma mentirei se non dicesi che godo nel renderlo orgoglioso delle mie performance in ufficio. Io sono il suo braccio destro, quello a cui rivolgersi in caso di bisogno. Quando siamo sotto di due punti e mancando solo cinque minuti di partita, potete scommettere le chiappe che sono il solo a cui Bob Horan passerebbe la palla.
O almeno lo ero.
Sono abituato ad avere la sua fiducia incondizionata. Il fatto che la sua sicurezza inizi a vacillare è... bè... dannatamente doloroso.
"Ecco cosa ti dico." Sospira. "Abbiamo un mese. Prepara una presentazione. Chiedi a Lilith di fare lo stesso. Quello che mi farà girare la testa si cuccherà Anderson."
Dovrei sentirmi insultato, davvero. In pratica sta propronendo ad un attore da Oscar di fare un provino per una particina miserabile. Tuttavia non discuto. Sono troppo impegnato a programmare la mia prossima mossa.
Quindi, ora capite il mio discorso sulla vita?
In un batter d'occhio, Lilith Pryms si è trasformata da donna con cui non vedevo l'ora di fare i giochini più osceni a quella che non vedo l'ora di schiacciare sotto le scarpe.
Avversaria. Concorrente. Nemica.
Non è colpa sua, lo so. Ora chiedetemeni se me ne importa qualcosa.
No, neanche un po'.
In modalità combattente spietato, ritorno al quartier generale, altrimenti riconosciuto come il mio ufficio. Assegno a Erin alcuni compiti e lavoro per il resto del pomeriggio. Intorno alle sei, chiedo a Erin di chiamare Lilith nel mio ufficio.
Giocate sempre in casa. Sul vostro territorio. Ricordatevelo.
Arriva e si siede, e la sua espressione è imperscrutabile. "Che c'è, Niall?"
Ha i capelli sciolti che le incorniciano il viso come una tenda scintillante. Per un secondo, immagino come mi sentirei se mi facesserlo il solletico al petto, scorrendomi lungo le cosce.
Scuoto la testa. Concentrati, Horan, concentrati.
Indossa un abito bordeaux con scarpe coordinate. Usa spesso i tacchi alti. Forse perché è minuta, e il vantaggio che le danno la fa sentire più sicura di sé in ufficio.
Noi maschi amiamo i tacchi. Li associamo a ogni tipo di fantastica posizione sessuale. Se volete che un uomo vi noti, con un paio di tacchi a spillo da dieci centimentri non potete sbagliare.
Mentre con gli occhi la divoro da capo a piedi, un problema, per così dire, si solleva. Nonostante la mia mente riconosca che Lilith è una rivale, pare che il mio arnese non abbia ricevuto la notifica.
A giudicare dalla sua reazione, vuole ancora farsela amica. Allora mi immagino Miss Gurgle, la mia insegnante di Scienze di quinta elementare. Era una bestia di donna. Ex pugile in pensione, e non il tipo da combattimento in bikini. Aveva un neo talmente enorme sulla guancia destra che eravamo certi fosse la testa di una gemella che nell'utero non si era mai separata.
Era disgustoso, ma allo stesso tempo stranamente ipnotico: non potevi fare a meno di fissarlo. Mentre parlava, quello oscillava come gelatina.
Rabbrividisco appena, ma almeno funziona. Nessun movimento, là sotto.
"Saul Anderson verrà in città la prossima settimana." Dico alla fine.
Alza un sopracciglio. "Saul Anderson? "Davvero?"
"Davvero," ribatto, freddo. Basta smancerie. "Mio padre vorrebbe che tu mettessi insieme una presentazione. Una prova, come se dovessi davvero conquistare un cliente. Pensa che sarebbe un ottimo esercizio."
Lo so, lo so, ora pensate che sia uno stronzo. Non le concedo nemmeno un'occasione alla pari. Bè, superatelo. Gli affari sono affari. E negli affari, come in guerra, tutto è lecito. Mi aspetto che sia eccitata, grata. Però non è nessuna delle due cose.
Stringe le labbra in una linea sottile, e la sua espressione si fa seria. "Esercizio, eh?"
"Esatto. Non è niente di che, non serva che tu faccia il massimo. Limitati a mettere insieme qualcosa per lui, un'ipotesi."
Incrocia le braccia al petto e china la testa di lato. "Interessante, Niall. Specie considerando che tuo padre mi ha appena detto che non ha ancora deciso a chi affidare l'affare Anderson. Che si tratta di me e te, e di chi tra noi due metterà insieme la strategia più interessante. Dal modo in cui me l'ha spiegata lui, sembrava parecchio importante."
Oh, no.
Quando avevo dodici anni, io e Zayn rubammo un numero della rivista 'Hustler' da un minimarket. Mio padre mi beccò prima che potessi nasconderla sotto il materasso. Lo sguardo che ho in faccia adesso è molto simile a quello di allora.
Colto in flagrante.
"Giochiamo sporco, eh?" Mi chiede, gli occhi ridotti a una fessura.
Faccio spallucce. "Non montarti la testa, tesoro. Anderson sarà mio. Papà sta solo lanciandoti un osso."
"Un osso?"
"Già. È da quando sei arrivata qui che gli lecchi il culo. Sono sorpreso che tu riesca ancora a stare in piedi dritta. Lui pensa che questo ti toglierà dalle scatole per un pò."
Colpite sempre per primi, ricordatevi anche questo. La squadra che piazza il primo punto è quasi sempre quella vincente. Informatevi, se non mi credete.
Sì, sto cercando di minare la sua fiducia in se stessa. Di toglierla di mezzo.
Denunciatemi.
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Slow. [Niall Horan]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora