VI

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"Il segreto dell'esistenza umana non sta soltanto nel vivere, ma anche nel sapere per che cosa si vive."
-Fëdor Dostoevskij

Cyn'ra - 21/01/193 d

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Cyn'ra - 21/01/193 d.C.

Una luce ovattata trafigge le mie palpebre pesanti.

Apro gli occhi di scatto e quasi contemporaneamente mi alzo, le mie mani sono appoggiate a un tessuto profumato e soffice. Il suo candore mi acceca.

Un lieve ansito rimbomba nell'ambiente deserto: sono i miei respiri.

Giro freneticamente la testa a destra e a sinistra, ruoto il busto per controllare dietro le mie spalle: non mi trovo più accanto a quell'uomo disgustoso.

La mia iperventilazione accenna a diminuire, rilasso gli arti intorpiditi e smetto di stringere le coperte che mi avvolgono. Momentaneamente calma e con gli occhi abbacinati dalla luce del sole, inizio a studiare l'ambiente in cui mi trovo anche se per il momento mi basta che Commodo non sia nel mio campo visivo.

Nonostante ciò, so che d'ora in avanti dovrò far fronte al problema della sua presenza.

Alla sua costante, subdola, fastidiosa esistenza.

Sono adagiata sopra un triclinio al centro di una grande stanza in cui sedie e divanetti sono disposti ordinatamente attorno a me. Tra di essi spicca un tavolinetto in legno intarsiato con al di sopra del cibo e dell'acqua.

I tenui raggi solari, riflessi dai pavimenti in marmo immacolato, sono filtrati dalle inquiete tende poco lontane da me.

Immense ed eleganti colonne fiancheggiano la stanza separandomi da altri ambienti.

Le torce che a intervalli regolari sono poste rasenti ad esse emanano fumo acre; una folata di vento lo sospinge fino alle mie narici accompagnandolo da un colpo di tosse.

Il tempo scorre, il silenzio è sempre più assordante.

Se non da lui, dove?

Un tremito di preoccupazione percorre tutto il mio corpo mentre la mia mente galoppa verso qualsiasi possibile risposta. Un accenno di mal di testa comincia a graffiarmi fronte e tempie: con un gesto brusco mi scopro e sedendomi sul morbido tessuto cerco di pensare al posto in cui sono capitata e perché.

Se l'Imperatore avesse ordinato di portarmi in un luogo più appartato e distante dalle folle per farmi di nuovo quelle cose? Se avesse allontanato Claudio da Roma, o peggio, lo avesse ucciso per avermi tutta per lui?

In preda all'ansia, tento di analizzare accuratamente tutti i più piccoli dettagli attorno a me.

Sei una soldatessa, hai nervi d'acciaio, mantieni la calma. Lascia scorrere la paura attraverso di te.

Appoggio i gomiti alle mie ginocchia e lascio che il capo mi scivoli nei palmi: non ci riesco, è più forte di me.

Sei la figlia di un dannato capo tribù: il fuoco scorre nelle tue vene e la tempesta alimenta la tua furia. Ti lascerai veramente spaventare da un subdolo uomo?

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