VIII

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"Probabilmente non sai più chi sei stata. Ed è giusto che così sia."
-Eugenio Montale

Cyn'ra - 22/01/193 d

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Cyn'ra - 22/01/193 d.C.

La città di Roma si sta preparando a un'interminabile notte di feste e peccati.

Appoggiata alla balconata, la lunga apertura protetta da coltri di tende situata davanti al mio letto, contemplo il profilo imperscrutabile dell'Urbe. Gli avambracci a contatto con il marmo niveo della costruzione mentre una soave brezza gioca a nascondino tra le mie ciocche fiammeggianti mi provocano tremiti lungo la schiena.

Stormi di corvi attraversano la mia visuale, macchie danzanti che si stagliano contro le nubi rossastre del vespro: cattivo presagio.

Un lampo, un pensiero al confine della razionalità. Forse, i miei dèi stanno cercando di avvisarmi?

"Ti rendi conto in che pasticcio ti stai mettendo? Commodo ti ha chiesto una cosa del genere e tu non pensi ci sia qualcosa di più losco sotto?"

"So benissimo a cosa sto andando incontro, Claudio. Non ho bisogno di nessuno. Men che meno di te, data l'inutilità della tua protezione."

Il trasferimento, poco rapido e tutt'altro che indolore, è stato adornato da un'altra discussione: il legionario, riacquistato lo spirito che tanto ho conosciuto durante le ultime settimane, ha sfruttato la sua seconda occasione per trattenermi a lui, fallendo miseramente.

Quando prendo una decisione, è impossibile cercare di farmi cambiare idea. Soprattutto quando c'è la vendetta di mezzo.

Socchiudo gli occhi, reclino il capo all'indietro e ancora una volta sento le sue mani addosso.
Scuoto le spalle rabbrividendo, questa volta non a causa del freddo invernale, ma di disgusto.
La nuca madida serrata in una morsa disumana mentre con una mano mi sfioro il bassoventre.

Non una vendetta qualsiasi.

Sospirando, comincio a mordicchiarmi un dito.
Roma palpita e respira come se dotata di vita propria, i suoi abitanti corrono per le strade come piccoli insetti che ne avvertono la tensione.

Uno stridere di cardini e un tonfo annunciano che qualcuno è entrato nell'appartamento. Mi volto, Lucilla corre fino a raggiungermi: faccia a faccia, gli occhi che luccicano, mi appoggia le mani sulle gote con sguardo materno.

La nostalgia mi colpisce in pieno petto.

"Cos'hai fatto..."

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