✈️ Berlino, Germania
«Boeing 737, mi ricevi?» La voce metallica gracchiò dalle grosse cuffie che portavo alla testa. Avvicinai il microfono alla bocca, acconsentendo.
«Autorizzazione per il decollo concessa dalla torre di controllo Nord».
«Autorizzazione per il decollo ricevuta dall'ufficiale Lang a comando del Boeing 737». Ogni qualvolta mi trovavo a dover comunicare con i tecnici di controllo, ringraziavo il cielo per aver studiato almeno un'idioma per ceppo linguistico.
In quel caso, mi trovavo in un freddissimo e nuvoloso mezzogiorno di Berlino. Dopo aver ricevuto il consenso al decollo, non tardai a spingere la leva alla mia destra, inducendo all'istante i motori a salire ai giri massimi. Ero già stanca di quel viaggio. Il gelo tedesco mi aveva totalmente presa alla sprovvista. Era tutt'altro che facile fare - ogni giorno - mente locale sul clima che avrei trovato all'altra parte della Terra.
Come se non fosse abbastanza, il jet lag mi tramortì per benino. Decollare alle otto del mattino, trascorrere quattordici ore in volo, e atterrare in un altro continente a mezzogiorno inoltrato non era il massimo del comfort. Nonostante gli anni di esperienza in cabina, non avevo ancora fatto l'abitudine all'odiosa nausea che, fedelmente, mi seguiva come fosse la mia ombra.
Avrei potuto prenotare una camera d'albergo nella capitale tedesca e rilassare i neuroni giusto un paio d'ore, ma preferì azionare i motori e ripartire verso casa.
L'orologio batteva le tredici inoltrate. Calcolai a mente la differenza di fuso orario, constatando con noia che il podcast di quel giorno fosse ormai concluso.
Dannazione!
Adoravo quel programma. Ascoltare le dettagliate descrizioni settimanali di quell'anonimo globe-trotter mi faceva sentire lì con lui. Letteralmente. Per ogni viaggio, rigorosamente in città diverse, prestava la sua profonda voce per narrare ogni cosa che quel luogo prescelto avesse da offrire: dall'alba al tramonto, dalle caotiche città ai pacifici campi, dai monti innevati alle spiagge bianche, dai sorrisi alle lingue dei cittadini. Raccontava il mondo, mettendoci una passione disarmante. E io ne ero ossessionata, tanto da tener sempre la mia radiolina in tasca.
Avevo ormai oltrepassato la grande isola britannica quando le mie cuffie emisero un suono. O meglio, trasmisero una voce.
«Ufficiale Lang», fu una hostess a parlare all'altro capo della ricetrasmittente, «si è verificato un problema a bordo».
Sebbene il tono della donna tendesse all'agitazione, non percepii di essere in tensione. Avevo sott'occhio i parametri di volo, perfettamente in range ideali.
Cosa può essere andato storto?
«Gravità?»
Un fastidioso brusio di sottofondo non mi permetteva di beccare chiaramente tutte le parole.«Temo di doverle dire sia alta. Un passeggero non ha lasciato l'aereo».
Iniziai a balbettare, alla ricerca di una spiegazione sul perché sul mio aereo vuoto fosse rimasto un passeggero. Mi maledissi per non aver controllato di persona tutti i posti a sedere.
Tuttavia, le mie domande non avrebbero ricevuto risposta. I suoni divennero sempre più indistinti, fino a far piombare la linea in un religioso silenzio. Mi concentrai di mantenere il sangue freddo. Almeno fin quando una voce maschile - decisamente più alterata - mi oltrepassò i timpani.
«Che razza di pilota non ispeziona il proprio aereo prima di ripartire? Ah già, questo genio ha un nome: il tuo».
«Dal modo in cui interpelli una donna, non possiamo di certo dire che tu sia un Einstein, comunque». Ero scioccata dall'insolenza di quell'individuo.
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On Top of the World
RomanceDecolli, atterraggi e jet lag madornali. È questa la quotidianità di Haylee Lang, estroversa e audace pilota ventinovenne del San Francisco International Airport. La sua esuberanza è conosciuta in tutto il settore aeronautico, tanto da avere al suo...