Capitolo Otto - Desideri Segreti

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✈️ Roma, Italia

Un grande ammasso di nuvole scure coprivano il cielo di San Francisco, impedendo alle stelle di entrare in scena per il loro spettacolo quotidiano. Il loro colore blu di Prussia filtrò gli ultimi resti del sole, facendo crollare la città nel crepuscolo. Le mie gambe si muovevano per inerzia, battendo i tacchi sul marmo lucido che dava accesso all'aeroporto. Mi divincolai nervosamente dal contatto con alcune figure che camminavano a passo svelto in contromano.

«È ufficialmente arrivato il periodo dell'anno in cui scongelano Michael Bublé», fu la voce intonata di Easton a farmi atterrare sul pianeta Terra. Arrestai il passo, concentrandomi sulle nuvolette di fumo che uscivano dalle sue labbra a causa del freddo che aveva investito la città da un paio di settimane.

«Già, che merda», asserii. Mi ero già stufata del nuovo singolo, onnipresente almeno una dozzina di volte al giorno in radio.

«Cosa cosa cosa», il mio braccio fu letteralmente circondato con un movimento fulmineo dalla sua grossa mano di carnagione scura, «fermati subito, signorina Lang».

Puntai lo sguardo sulla sua presa, ancora fissa a stringermi con facilità l'intero, sottile bicipite, coperto da vari strati di tessuto.
«Easton, ho la luna storta oggi, e sottolineo la parola molto, e anche luna, e anche storta».

«Da quando non ti piace il Natale, Haylee?»

Non potevo dargli torto. Comprendevo appieno il suo stupore nel vedermi così riluttante nei confronti della mia storica festa preferita. Tutti sapevano amassi il Natale, anche i massi dello Stonehenge. Ogni anno, bastava che il calendario segnasse il primo di dicembre per assistere alla mia trasformazione in mamma natale: abbellivo l'arredamento di casa con gingilli e luminarie di ogni tipo e, come se non bastasse, preparavo biscotti per la gang, gli assistenti di volo e i militari di guardia. In pratica, sfornavo dolcetti per mezzo aeroporto. Tuttavia, non ero la sola ad avere questa strana mania.

«Da quando ho scoperto che mio marito, aka la persona con cui condividevo la passione per questa festa, si scopava un'altra donna. Rapido e indolore, no?» Mimai delle virgolette con le dita mentre ripresi a camminare senza badare troppo alle parole. Sentii di aver alzato i toni più del normale, ma il nervosismo che saltellava da una sinapsi all'altra mascherò del tutto il senso di colpa.

Il verde dei suoi occhi si incupì in una sfumatura color bottiglia. Easton abbassò la testa, mimando delle scuse con le labbra.

«Lascialo stare, avvocato difensore», stroncai sul nascere l'intervento di Ryan, sull'attenti a prendere le mie parti neanche fossimo a processo. Apprezzavo le sue attenzioni e il suo modo di starmi a fianco in ogni occasione, ma sapevo difendermi da sola.

Lasciato Easton al suo imbarco, io e Ryan continuammo il nostro percorso verso l'ala nord dell'edificio. La meta del giorno era abbastanza lontana da impegnarmi la notte, e la quota aveva sempre messo a ferro e fuoco il mio apparato digerente. Che fosse colpa dei jet lag o del ritmo circadiano sballato, le mie fauci non potevano fare a meno di ingurgitare cibo al ritmo di un paio d'ore. E, così, Lexie aveva provveduto a prepararmi un sandwich al tonno come snack di volo, che io afferrai al passaggio dal suo bistrot.

Durante il percorso, un brusio di voci maschili aumentò sempre più d'intensità. Non posi particolare interesse alla questione, almeno fin quando Ryan non mi scosse l'avambraccio, richiamandomi all'attenzione.
«Che diavolo vuoi, Ryan?»

«Quello lì», eresse il braccio a ore dodici, che io seguii in tutta la sua lunghezza con le pupille, «non è il tizio del pesce rosso?»

E, infatti, avvolto in un cappotto blu notte lungo fino al ginocchio, vi era proprio lo stesso uomo alpha che un mese prima prese le mie difese scazzottandosi con mio marito.

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